02/05/2022 – Adunanza Plenaria individua i soggetti ai quali può essere escussa la garanzia ex art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016.

Il comma 6 dell’art. 93, d.lg. n. 50 del 2016 – nel prevedere che la “garanzia provvisoria” a corredo dell’offerta “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario (…)” – delinea un sistema di garanzie che si riferisce al solo periodo compreso tra l’aggiudicazione ed il contratto e non anche al periodo compreso tra la “proposta di aggiudicazione” e l’aggiudicazione

La questione è stata rimessa dalla sez. IV con sentenza parziale 4 gennaio 2022, n. 26.  

Ha chiarito l’Alto consesso, in relazione alla natura e alla funzione della “garanzia provvisoria”, che nella vigenza del Codice del 2006, l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa distingueva la “garanzia provvisoria” escussa nei confronti dei concorrenti di cui all’art. 48, comma 1, e la “garanzia provvisoria” escussa nei confronti dell’aggiudicatario di cui all’art. 75, comma 1. 

Alla prima tipologia di garanzia si assegnava natura sanzionatoria, con funzione punitiva, in quanto l’amministrazione poteva escutere la garanzia, incamerando la somma predeterminata, nei confronti di tutti gli offerenti sorteggiati che non fossero in possesso dei requisiti di partecipazione, con conseguenze economiche sovra-compensative. Ne conseguiva la necessità – in conformità con le regole convenzionali (art. 7 Cedu) – di assicurare il rispetto del principio di legalità e dei suoi corollari della prevedibilità, accessibilità e limiti di applicabilità delle norme nel tempo.  

Alla seconda tipologia di garanzia si assegnava natura non sanzionatoria, qualificando la “cauzione” quale garanzia avente una valenza analoga a quella della caparra confirmatoria e la “fideiussione” quale contratto di garanzia personale, con funzione di evidenziare «la serietà ed affidabilità dell’offerta», nonché con funzione compensativa dei danni subiti dalla stazione appaltante. 

Nella vigenza del Codice del 2016, l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa, essendo stata eliminata la prima forma di garanzia, ha attribuito alla “garanzia provvisoria” natura esclusivamente non sanzionatoria.  

 L’Adunanza Plenaria ritiene che entrambi gli istituti in esame hanno natura non sanzionatoria, con differente qualificazione giuridica a seconda che venga in rilievo la “cauzione” o la “fideiussione”.  

La “cauzione” è una obbligazione di garanzia di fonte legale imposta ai fini della partecipazione alla gara, che deve essere eseguita dallo stesso debitore. Nella fase fisiologica, la “cauzione” assolve alla funzione di evidenziare la serietà e l’affidabilità dell’offerta, con obbligo dell’amministrazione di restituire la prestazione al momento della sottoscrizione del contratto. Nella fase patologica, la “cauzione” ha natura di rimedio di autotutela, con funzione compensativa, potendo l’amministrazione incamerare il bene consegnato a titolo di liquidazione forfettaria dei danni relativi alla fase procedimentale. In questa prospettiva, non è conferente il richiamo alla caparra confirmatoria di cui all’art. 1385 cod. civ., in quanto la stessa, nella configurazione del codice civile, presuppone la stipulazione di un contratto – che, nella specie, manca – con l’inserimento della clausola che consente, in caso di inadempimento, di recedere dal contratto stesso trattenendo la caparra (cfr. Cass. civ., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 553).  

La “fideiussione”, che rileva in questa sede, è una obbligazione di garanzia di fonte legale imposta ai fini della partecipazione alla gara, che sorge a seguito della stipulazione di un contratto tra un terzo garante e il creditore che si può perfezionare anche mediante la sola proposta del primo non rifiutata secondo il meccanismo dell’art. 1333 cod. civ. 

Tale forma di garanzia si caratterizza in modo peculiare rispetto al contratto di fideiussione disciplinato dal codice civile (artt. 1936-1957 cod. civ.). 

L’art. 1936 cod. civ. prevede che «è fideiussore colui che, obbligandosi personalmente, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui». Le regole civilistiche rilevanti in questa sede sono le seguenti: i) il fideiussore è obbligato in solido con il debitore principale al pagamento del debito, con la possibilità che le parti convengano che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore (art. 1944, commi 1 e 2, cod. civ.); ii) il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità (art. 1945 cod. civ.); iii) il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate (art. 1956, comma 1, cod. civ.).  

L’art. 93, comma 4, del Codice dei contratti pubblici deroga alle disposizioni sopra riportate, disponendo che deve essere prevista la rinuncia: i) al beneficio della preventiva escussione del debitore principale; ii) al rapporto di accessorietà, dovendo operare questa forma di garanzia a semplice richiesta; iii) all’eccezione che consente di fare valere la garanzia anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale.  

Tale peculiare disciplina e, in particolare, la deroga al rapporto di accessorietà comporta che il tipo contrattuale deve essere identificato nel contratto autonomo di garanzia (Cass. civ., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947). 

Nella fase fisiologica, la “fideiussione” assolve alla sola funzione di consentire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, con obbligo dell’amministrazione di svincolare tale garanzia al momento della sottoscrizione del contratto. Nella fase patologica, la “fideiussione” consente all’amministrazione di azionare il rimedio di adempimento dell’obbligo di pagamento della somma predeterminata dalla legge con funzione compensativa dei danni relativi alla fase procedimentale. 

L’operatività di entrambe le forme di garanzia presuppone un “fatto” del debitore principale che viola le regole di gara che comporta – a seguito dell’eliminazione del riferimento al dolo e alla colpa grave da parte del citato decreto legislativo n. 56 del 2017 – la configurazione di un modello di responsabilità oggettiva, con conseguente esclusione di responsabilità nei soli casi di dimostrata assenza di un rapporto di causalità.  

La questione specifica rimessa all’esame dell’Adunanza Plenaria riguarda l’individuazione dei “soggetti” nei cui confronti può essere escussa la “garanzia provvisoria”.  

Diversamente da quanto suggerito dalla sezione remittente, il soggetto è solo l’aggiudicatario. 

Ed invero, sul piano dell’interpretazione letterale, il comma 6 dell’art. 93, d.lgs. n. 50 del 2016 è chiaro nello stabilire che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario (…)». Il riferimento sia all’aggiudicazione, quale provvedimento finale della procedura amministrativa, sia al «fatto riconducibile all’affidatario» e non anche al concorrente destinatario della “proposta di aggiudicazione” rende palese il significato delle parole utilizzate dal legislatore nel senso di delimitare l’operatività della garanzia al momento successivo all’aggiudicazione (in questo senso anche Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2021, n. 8367, che ha esaminato una questione analoga a quella in esame, con decisione, però, assunta successivamente alla camera di consiglio con cui è stata disposta la remissione all’Adunanza Plenaria). Il comma 9 dello stesso art. 93 prevede, inoltre, che «la stazione appaltante, nell’atto con cui comunica l’aggiudicazione ai non aggiudicatari, provvede contestualmente, nei loro confronti, allo svincolo della garanzia» prestata a corredo dell’offerta. 

Il significato letterale della norma è confermato anche dal contenuto degli atti della procedura di gara. Il disciplinare dispone, infatti, che «l’eventuale esclusione dalla gara prima dell’aggiudicazione, al di fuori dei casi di cui all’art. 89, comma 1, non comporterà l’escussione della garanzia provvisoria». 

Sul piano dell’interpretazione teleologica, il legislatore ha inteso ridurre l’ambito di operatività del sistema delle garanzie nella fase procedimentale, come risulta dall’analisi della successione delle leggi nel tempo.  

In particolare, il Codice del 2016 non ha confermato il sistema previgente disciplinato dall’art. 48 del Codice del 2006, che prevedeva la possibilità, ricorrendo i presupposti indicati, di escutere la garanzia, con funzione sanzionatoria, anche nei confronti dei partecipanti alla procedura. Ne consegue che l’estensione del perimetro della “garanzia provvisoria” si porrebbe in contrasto con la ratio legis.  

L’esposta diversità di regime ha indotto il Consiglio di Stato, con la citata ordinanza n. 3299 del 2021, a rimettere alla Corte Costituzionale la questione relativa all’applicazione retroattiva della nuova disciplina della “garanzia provvisoria” (applicata al solo aggiudicatario con funzione compensativa) perché più favorevole rispetto alla precedente disciplina (applicata anche al concorrente con funzione punitiva).  

Sul piano dell’interpretazione sistematica, in primo luogo, dall’analisi del contesto in cui la norma è inserita e, in particolare, dalla lettura coordinata di alcune disposizioni del Codice risulta chiara la distinzione tra la fase procedimentale relativa alla “proposta di aggiudicazione” e la fase provvedimentale relativa all’“aggiudicazione”.  

Con riguardo alla “proposta di aggiudicazione” formulata dalla commissione di gara, il Codice – che, come già esposto, ha inteso attribuirle natura autonoma – disciplina il rapporto tra essa e l’aggiudicazione. Il destinatario della proposta è ancora un concorrente, ancorché individualizzato. In questa fase si inseriscono i seguenti adempimenti: i) la stazione appaltante, prima dell’aggiudicazione dell’appalto, «richiede all’offerente cui ha deciso di aggiudicare l’appalto (…) di presentare documenti complementari aggiornati», nel rispetto di determinate modalità, per dimostrare la sussistenza dei requisiti generali e speciali di partecipazione alla gara (art. 85, comma 5); ii) la “proposta di aggiudicazione” «è soggetta ad approvazione dell’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti, decorrenti dal ricevimento della proposta di aggiudicazione da parte dell’organo competente» (art. 33, comma 1); iii) la stazione appaltante, dopo la suddetta approvazione, «provvede all’aggiudicazione» (art. 32, comma 5). Nella prospettiva della tutela, la “proposta di aggiudicazione”, essendo atto endoprocedimentale, non è suscettibile di autonoma impugnazione.  

Con riguardo all’aggiudicazione, il Codice disciplina il rapporto tra essa e il contratto. L’art. 32, comma 6, stabilisce che «l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta», in quanto occorre la stipula del contratto e l’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile per sessanta giorni. Nella prospettiva della tutela, l’aggiudicazione è il provvedimento finale di conclusione del procedimento di scelta del contraente che, in quanto tale, ha rilevanza esterna e può essere oggetto sia di impugnazione in sede giurisdizionale sia di autotutela amministrativa.  

In secondo luogo, la valutazione sistematica anche delle regole civilistiche impone di evitare che il terzo – che ha stipulato un contratto autonomo di garanzia collegato al rapporto principale tra amministrazione e partecipante alla procedura di gara – debba eseguire prestazioni per violazioni non chiaramente definite dalle regole di diritto pubblico.  

Sul piano dell’interpretazione analogica, la diversità della disciplina e delle situazioni regolate relativa alle due fasi, risultante dall’applicazione degli esposti criteri interpretativi, impedisce di estendere alla fase procedimentale le “garanzie provvisorie” della fase provvedimentale per i motivi di seguito indicati. 

Nel caso di mancata stipulazione del contratto a seguito di una “aggiudicazione”, le ragioni, come esposto, possono dipendere sia dalla successiva verifica della mancanza dei requisiti di partecipazione sia, soprattutto, dalla condotta dell’aggiudicatario che, per una sua scelta, decide di non stipulare il contratto. In queste ipotesi la stazione appaltante deve annullare d’ufficio il provvedimento di aggiudicazione e rinnovare il procedimento con regressione alla fase della “proposta di aggiudicazione”. In tale contesto i possibili pregiudizi economici determinati dalla condotta dell’aggiudicatario sono coperti dalla “garanzia provvisoria” che consente all’amministrazione di azionare il rimedio di adempimento della prestazione dovuta con la finalità di compensare in via fortettaria i danni subiti dall’amministrazione per violazione delle regole procedimentali nonché dell’obbligo di concludere il contratto.

Nel caso di “mancata aggiudicazione” a seguito di una “proposta di aggiudicazione”, i motivi di tale determinazione possono dipendere, oltre che da ragioni relative all’offerta, dalla verifica negativa preventiva del possesso dei requisiti di partecipazione del concorrente individuato. In queste ipotesi, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza di rimessione, l’amministrazione non è costretta a procedere all’aggiudicazione e poi ad esercitare il potere di annullamento in autotutela, potendosi limitare a non adottare l’atto di aggiudicazione e ad individuare il secondo classificato nei cui confronti indirizzare la nuova “proposta di aggiudicazione”. In tale contesto i pregiudizi economici, se esistenti, hanno portata differente rispetto a quelli che si possono verificare nella fase provvedimentale, con possibilità per l’amministrazione, ricorrendone i presupposti, di fare valere l’eventuale responsabilità precontrattuale del concorrente ai sensi degli artt. 1337-1338 cod. civ. Rimane fermo, altresì, il potere dell’Autorità nazionale anticorruzione di applicare sanzioni amministrative pecuniarie qualora si accertino specifiche condotte contrarie alle regole della gara da parte degli operatori economici (art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50 del 2016). 

Consiglio di Stato, Ad. Plen., sent. del 26 aprile 2022, n. 7

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