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Con deliberazione 80/2022/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Puglia ha evidenziato che la disposizione di cui all’art. 1, comma 557, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, prevedendo un rapporto di lavoro che costituisce un unicum nel panorama del pubblico impiego, non può che operare nel rispetto dei requisiti e limiti previsti dall’ordinamento.

Nessun dubbio può sussistere, dunque, sul fatto che l’attività presso il comune ricevente possa svolgersi solo al di fuori dell’orario di lavoro ordinario e per un numero massimo di 12 ore settimanali, non potendosi superare il limite di durata massima dell’orario di lavoro, comprese le ore di lavoro straordinario di 48 ore a settimana (vedi SRC della Lombardia, deliberazione n.118/2012/PAR). Così come è pacifico che il personale di cui l’Ente può avvalersi deve essere già assunto con contratto di lavoro individuale a tempo pieno presso altro ente e che l’amministrazione di appartenenza deve aver rilasciato un’espressa autorizzazione (cfr. SRC della Corte dei conti dell’Umbria deliberazione n. 129/2020/PAR). Pertanto, non può essere ritenuto conforme a legge, per i comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti, servirsi dell’attività lavorativa svolta da dipendenti di altre amministrazioni locali, ai sensi e nei termini indicati dal cit. art. 1, comma 557, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (SRC UMB/129/2020/PAR).

In ottemperanza al principio costituzionale di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, precisano poi i Giudici, è lasciata alla volontà e discrezionalità degli enti la decisione di utilizzare l’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni, a condizione che siano presenti tutti i requisiti voluti dal legislatore. Così come è discrezionale la valutazione di concedere la autorizzazione laddove non arrechi pregiudizio al corretto e tempestivo svolgimento dell’attività presso l’ente di appartenenza e non interferisca con i compiti istituzionali, ferma restando la volontà del dipendente di prestare la propria attività presso enti diversi.

Per il Collegio, infine, la retribuzione da corrispondere al dipendente a fronte di una attività lavorativa ulteriore (anche di tipo differente) svolta nel comune con popolazione fino a 5.000 abitanti (o negli altri enti previsti dalla normativa in oggetto), deve necessariamente rispettare i vincoli e i parametri stabiliti dai contratti collettivi di riferimento.

Invero, come recentemente affermato dalla Sezione del controllo della Basilicata, nella deliberazione n. 1 del 2019: “per determinare la retribuzione da corrispondere al dipendente utilizzato ai sensi del comma 557 dell’art. 1 della legge 311/2004, dovrà aversi riguardo al tipo di rapporto instaurato (subordinato o autonomo) tra l’Ente utilizzatore ed il dipendente; la scelta del tipo di rapporto e la sua gestione nel tempo andranno effettuate alla luce delle prescrizioni contenute nella normativa vigente e delle condizioni contenute nell’atto di autorizzazione dell’Ente di appartenenza. Nel caso di rapporto di tipo subordinato, il trattamento economico non potrà che essere stabilito in conformità alla normativa vigente e, in particolare, ai criteri ed ai parametri fissati dal CCNL di comparto, volta per volta, vigente in materia. Per l’effetto non potrà essere convenuta una retribuzione a forfait che – per come in concreto conformata- si ponga in deroga – seppure migliorativa- ai suddetti criteri e parametri. Nel caso in cui, fosse “in astratto ed in concreto” possibile (nel senso di legittimo) perfezionare un rapporto di lavoro di tipo autonomo, perché al di fuori del perimetro dei divieti fissati dal legislatore, il compenso convenuto, oltre ad essere oggetto di previa autorizzazione da parte dell’Ente di appartenenza, dovrà comunque essere conforme alle prescrizioni ed ai vincoli finanziari fissati dalla normativa vigente”.

 

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