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Le richieste formulate alla PA di rinegoziazione e di prosecuzione del rapporto (in applicazione del contratto in scadenza) sono espressive di una pretesa la cui giurisdizione appartiene al giudice ordinario e non al giudice amministrativo.

Ai fini dell’individuazione corretta del giudice fornito di giurisdizione, la circostanza della avvenuta congiunta impugnazione, da parte della ricorrente, di una presunta inerzia del Comune, non assume rilievo dirimente.

Il punto essenziale è l’ interpretazione del contenuto della domanda, in riferimento alla correlata qualificazione della situazione giuridica soggettiva sottostante, fatta valere con l’attivazione della richiesta di assunzione di decisioni amministrative nuove, ma sempre rapportate alle domande di modifica/prolungamento del contratto, in applicazione di disposizioni in esso contenute nonché in attuazione-recepimento della normativa sopravvenuta esterna (pandemica Covid 19) e che parte ricorrente ritiene illegittimamente non riscontrata (in particolare sotto il profilo motivazionale).

La posizione della società si caratterizza, indubbiamente, in termini di volontà alla rinegoziazione del contratto e prosecuzione del medesimo.

La materia è sottratta alla giurisdizione amministrativa come ribadito, anche recentemente, dalla sentenza della Corte di Cassazione , a SSUU, n. 2144 del 29.1.2021 (giudizio in cui era parte la stessa odierna ricorrente), specificamente, in materia di “servizio di riscossione” che riserva le controversie relative ai rapporti successivi all’atto autoritativo a seguito del quale è stata conclusa la concessione, alla giurisdizione del giudice ordinario. Ritenendo che “l’incidenza di atti amministrativi sull’accordo negoziale non è dunque correlata alla loro legittimità, quanto alla circostanza che essi finiscono, secondo la prospettazione della società C & C Concessioni e Consulenze s.r.I., coll’influenzare l’originario equilibrio negoziale mettendo in discussione il comportamento tenuto dall’amministrazione comunale nella fase attuativa del rapporto negoziale.”

Dovendo utilizzarsi, ai fini del riparto, le ordinarie categorie del diritto soggettivo/giudice ordinario e interesse legittimo/giudice amministrativo.

Nell’ipotesi in cui si configuri una posizione di diritto soggettivo, correlata alla gestione di un contratto, non vi è spazio per ritenere sussistente la pretesa concernente il silenzio inadempimento.

Essenziale è la valutazione della “pretesa sottostante” all’istanza di declaratoria del silenzio.

Anche in relazione al ricorso sul silenzio e alla situazione giuridica soggettiva fatta valere, sottesa all’istanza presentata all’amministrazione, il giudice fornito di giurisdizione è quello che può valutare la sussistenza o meno degli estremi invocati per la ri-trattazione.

In ogni caso non è nemmeno rinvenibile, nel caso di specie, una inerzia a provvedere, tenuto conto che la decisione di imporre la consegna segnala, chiaramente, la volontà della PA di non proseguire nel rapporto contrattuale.

Con la decisione del 1.9.2021 (doc. 13 ) il Comune ha disposto la cessazione del contratto, con consegna dettagliata di Archivi e Banche dati.

La nota dell’1.9.2021, che è stata impugnata con l’azione ordinaria di annullamento, pur se non contiene un riferimento esplicito alle tre note che erano state presentate dalla ricorrente (il 16.12.2020 e il 05.8.2021 sotto forma di istanze di rinegoziazione nonché il 19.8.2021 per la richiesta di prosecuzione), è chiaramente espressiva della volontà del Comune di non rinegoziare o proseguire nel contratto in discussione (decisione, semmai, contestabile innanzi al GO).

TAR Cagliari, Sez. II, sent. del 27 aprile 2022 n. 284

 

 

 

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