03/05/2022- Per l’Adunanza Plenaria, la garanzia provvisoria a corredo dell’offerta (di cui all’art. 93 c.6 d.lgs 50/2016) copre la mancata sottoscrizione del contratto nel solo periodo compreso fra aggiudicazione e contratto.

NOTA A CONSIGLIO DI STATO – ADUNANZA PLENARIA,

SENTENZA 26 APRILE 2022, N. 7

  Sommario: 1. I fatti di causa 2. Le argomentazioni dell’Adunanza Plenaria 3. Il principio di diritto

 

  1. I fatti di causa

I fatti di causa prendono origine dalla pubblicazione, da parte del Comune di Monza, di un bando di gara per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e spazzamento dei rifiuti urbani.

All’esito della gara, redatta la graduatoria finale e formulata la “proposta di aggiudicazione” a favore della società aggiudicataria, il Comune ha avviato i controlli finalizzati a verificare il rispetto, da parte di quest’ultima, dei requisiti di cui all’art. 80 del decreto legislativo 1° aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), poi escludendola dalla procedura di gara. In particolare, il Comune ha indicato a sostegno della determinazione assunta il rinvio a giudizio disposto nei confronti di taluni organi della società, per fatti connessi all’affidamento di appalti pubblici e ritenuti integranti le fattispecie di reato di cui agli artt. 110, 353, 353-bis, 356 e 314 cod. pen., la statuizione di una sentenza del Consiglio di Stato da cui risulta l’esistenza di un’ulteriore vicenda penale in capo ad un rappresentante della società nell’ambito della quale è stata emessa una sentenza di condanna e, infine, una sentenza del TAR Piemonte, che ha dichiarato la nullità dell’aggiudicazione disposta a favore della società, per condotte penalmente rilevanti di esponenti sociali.

Il Comune, dunque, ha dichiarato di non approvare la “proposta di aggiudicazione” formulata dalla commissione e ha disposto l’escussione della “garanzia provvisoria”, costituita da una fideiussione.

Quindi, la società aggiudicataria esclusa dalla gara ha impugnato il provvedimento di esclusione innanzi al TAR Lombardia e con ricorso per motivi aggiunti, ha impugnato l’intervenuta aggiudicazione in favore della seconda in graduatoria.

Il TAR Lombardia ha rigettato il ricorso principale e per motivi aggiunti e ha dichiarato improcedibile per difetto di interesse il ricorso incidentale proposto dalla seconda in graduatoria divenuta aggiudicataria.

In seguito, la società esclusa ha proposto appello e la nuova aggiudicataria ha proposto appello incidentale.

Il Consiglio di Stato ha dichiarato l’appello non fondato, quanto alle censure proposte avverso il provvedimento di esclusione. Si è rilevato che nel capitolato speciale era stata inserita una clausola risolutiva espressa operante in presenza, tra l’altro, di un rinvio a giudizio per taluni reati, ivi compresi quelli nella specie contestati alla società.

Con riferimento alla contestazione dell’aggiudicazione in favore della seconda in graduatoria, si è sottolineato come l’intervenuta esclusione dalla procedura di gara comporti la carenza di legittimazione ad impugnare il provvedimento conclusivo della procedura amministrativa.

Con riferimento alla contestazione della determinazione del Comune di Monza di escussione della “garanzia provvisoria”, è stato disposto il rinvio all’Adunanza Plenaria.

In particolare, la questione posta all’esame dell’Adunanza Plenaria attiene all’ambito di operatività della “garanzia provvisoria”, che correda l’offerta dei partecipanti alla procedura di gara, al fine di stabilire se essa copra soltanto i “fatti” che si verificano nel periodo compreso tra l’aggiudicazione e il contratto ovvero se si estenda anche a quelli che si verificano nel periodo compreso tra la “proposta di aggiudicazione” e l’aggiudicazione.

 

  1. Le argomentazioni dell’Adunanza Plenaria

L’Adunanza Plenaria, con la sentenza in commento, preliminarmente ricostruisce il quadro normativo rilevante: la disciplina contenuta nel decreto legislativo 1° aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) è basata sulla distinzione tra: i) la fase procedimentale, finalizzata alla selezione del migliore offerente mediante l’adozione, all’esito del procedimento, del provvedimento di aggiudicazione; ii) la fase provvedimentale, che va dall’aggiudicazione alla stipulazione del contratto; iii) la fase costitutiva di stipulazione del contratto tra pubblica amministrazione e aggiudicatario; iv) la fase esecutiva di adempimento delle obbligazioni contrattuali.

La Plenaria ricorda che la “proposta di aggiudicazione” si inserisce nella fase procedimentale (art. 32, comma 5) e che il legislatore ha attribuito autonomia all’istituto in esame.

Si ricorda, inoltre, che il Codice ha previsto che la fase procedimentale e la fase esecutiva siano corredate da un sistema di “garanzie provvisorie” (che rilevano in questa sede) e “garanzie definitive”.

Il Collegio osserva che nella vigenza del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/Ce e 2004/18/Ce), l’art. 75, comma 1, disponeva che l’offerta fosse corredata da una garanzia, pari al due per cento, del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di “cauzione” o di “fideiussione” a scelta dell’offerente. L’escussione di tale garanzia poteva avvenire secondo due differenti forme: la prima forma era disciplinata dall’art. 48 di tale decreto che, a sua volta, contemplava due diverse fattispecie.

La prima fattispecie prevedeva che le stazioni appaltanti, prima di procedere all’apertura delle buste, dovessero richiedere ad un numero di offerenti non inferiore al dieci per cento delle offerte presentate, scelti con sorteggio pubblico, di provare, entro dieci giorni dalla richiesta, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa (cd. requisiti speciali), eventualmente richiesti (cd. controllo a campione). Nel caso in cui tale prova non fosse stata fornita ovvero non fosse risultata conforme alle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti dovevano procedere – oltre all’esclusione dalla gara e alla segnalazione all’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (le cui funzioni sono oggi assegnate all’Autorità nazionale anticorruzione), che avrebbe disposto la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento – alla «escussione della relativa cauzione provvisoria» (art. 48, comma 1).

L’altra fattispecie riguardava la richiesta indirizzata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che seguiva in graduatoria, qualora gli stessi non fossero stati ricompresi fra i concorrenti sorteggiati (art. 48, comma 2).

La seconda forma era quella prevista dallo stesso art. 75, il quale, al comma 6, disponeva che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo».

Con il decreto legislativo n. 50 del 2016 è stata mantenuta, con modifiche, soltanto quest’ultima forma di garanzia: l’art. 93, comma 1, prevede, infatti, che «l’offerta è corredata da una garanzia fideiussoria, denominata “garanzia provvisoria” pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell’offerente». In particolare: i) la “cauzione” «può essere costituita, a scelta dell’offerente, in contanti, con bonifico, in assegni circolari o in titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato al corso del giorno del deposito, presso una sezione di tesoreria provinciale o presso le aziende autorizzate, a titolo di pegno a favore dell’amministrazione aggiudicatrice»; ii) la “fideiussione” «a scelta dell’appaltatore può essere rilasciata da imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano le rispettive attività o rilasciata dagli intermediari finanziari», che abbiano anch’essi determinati requisiti specificamente indicati.

Il sesto comma dell’art. 93 stabiliva che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, per fatto dell’affidatario riconducibile ad una condotta connotata da dolo o colpa grave, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo».

L’art. 59, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, ha modificato tale ultimo comma, disponendo che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto».

Dunque, la Plenaria sottolinea che la possibilità di escussione della “garanzia provvisoria” per il concorrente è prevista soltanto nel caso di dichiarazioni false rese dall’operatore economico nell’ambito della procedura di avvalimento (art. 89, comma 1) e che la “garanzia definitiva” deve essere rilasciata dall’appaltatore al momento della sottoscrizione del contratto, nella forma della “cauzione” o della “fideiussione”, a garanzia, in particolare, «dell’adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse» (art. 103, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016).

L’Adunanza Plenaria, dunque, prosegue analizzando la natura e la funzione della “garanzia provvisoria”.

Si ricorda come, nel Codice del 2006, l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa distingueva la “garanzia provvisoria” escussa nei confronti dei concorrenti di cui all’art. 48, comma 1, e la “garanzia provvisoria” escussa nei confronti dell’aggiudicatario di cui all’art. 75, comma 1: alla prima tipologia di garanzia si assegnava natura sanzionatoria, con funzione punitiva, in quanto l’amministrazione poteva escutere la garanzia, incamerando la somma predeterminata, nei confronti di tutti gli offerenti sorteggiati che non fossero in possesso dei requisiti di partecipazione, con conseguenze economiche sovra-compensative. Ne conseguiva la necessità – in conformità con le regole convenzionali (art. 7 Cedu) – di assicurare il rispetto del principio di legalità e dei suoi corollari della prevedibilità, accessibilità e limiti di applicabilità delle norme nel tempo.

Alla seconda tipologia di garanzia si assegnava natura non sanzionatoria, qualificando la “cauzione” quale garanzia avente una valenza analoga a quella della caparra confirmatoria e la “fideiussione” quale contratto di garanzia personale, con funzione di evidenziare «la serietà ed affidabilità dell’offerta», nonché con funzione compensativa dei danni subiti dalla stazione appaltante.

Poi, la Plenaria ricorda che con il Codice del 2016, l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa, essendo stata eliminata la prima forma di garanzia, ha attribuito alla “garanzia provvisoria” natura esclusivamente non sanzionatoria.

Dunque, l’Adunanza Plenaria ritiene che entrambi gli istituti in esame abbiano natura non sanzionatoria, con differente qualificazione giuridica a seconda che venga in rilievo la “cauzione” o la “fideiussione”: si spiega che la “cauzione” è una obbligazione di garanzia di fonte legale imposta ai fini della partecipazione alla gara, che deve essere eseguita dallo stesso debitore. Nella fase fisiologica, la “cauzione” assolve alla funzione di evidenziare la serietà e l’affidabilità dell’offerta, con obbligo dell’amministrazione di restituire la prestazione al momento della sottoscrizione del contratto. Nella fase patologica, la “cauzione” ha natura di rimedio di autotutela, con funzione compensativa, potendo l’amministrazione incamerare il bene consegnato a titolo di liquidazione forfettaria dei danni relativi alla fase procedimentale.

Per il Collegio, in questa prospettiva, non è conferente il richiamo alla caparra confirmatoria di cui all’art. 1385 cod. civ., in quanto la stessa, nella configurazione del Codice civile, presuppone la stipulazione di un contratto – che, nella specie, manca – con l’inserimento della clausola che consente, in caso di inadempimento, di recedere dal contratto stesso trattenendo la caparra.

Successivamente, la Plenaria osserva che la “fideiussione”, che rileva in questa sede, è una obbligazione di garanzia di fonte legale imposta ai fini della partecipazione alla gara, che sorge a seguito della stipulazione di un contratto tra un terzo garante e il creditore che si può perfezionare anche mediante la sola proposta del primo non rifiutata secondo il meccanismo dell’art. 1333 cod. civ.

Si sottolinea, inoltre, che tale forma di garanzia si caratterizza in modo peculiare rispetto al contratto di fideiussione disciplinato dal Codice civile (artt. 1936-1957 cod. civ.). L’art. 93, comma 4, del Codice dei contratti pubblici deroga alle disposizioni civilistiche: la sua disciplina e la deroga al rapporto di accessorietà comporta che il tipo contrattuale deve essere identificato nel contratto autonomo di garanzia, come espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza 18 febbraio 2010, n. 3947.

Ancora, il Collegio evidenzia che nella fase fisiologica, la “fideiussione” assolve alla sola funzione di consentire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, con obbligo dell’amministrazione di svincolare tale garanzia al momento della sottoscrizione del contratto e, nella fase patologica, consente all’amministrazione di azionare il rimedio di adempimento dell’obbligo di pagamento della somma predeterminata dalla legge con funzione compensativa dei danni relativi alla fase procedimentale.

Dunque, la Plenaria conclude che l’operatività di entrambe le forme di garanzia presuppone un “fatto” del debitore principale che viola le regole di gara che comporta – a seguito dell’eliminazione del riferimento al dolo e alla colpa grave da parte del citato decreto legislativo n. 56 del 2017 – la configurazione di un modello di responsabilità oggettiva, con conseguente esclusione di responsabilità nei soli casi di dimostrata assenza di un rapporto di causalità.

Alla luce delle premesse generali svolte, l’Adunanza Plenaria procede individuando i soggetti nei cui confronti può essere escussa la garanzia provvisoria.

Il Collegio riporta l’orientamento espresso nell’ordinanza di rimessione, ovvero che i “soggetti” siano non solo l’“aggiudicatario”, ma anche il destinatario di una “proposta di aggiudicazione”, in quanto occorre valorizzare una interpretazione di «carattere logico-sistematico e teleologico», che fa emergere l’identità tra la situazione dell’aggiudicatario e quella in cui versa il soggetto “proposto per l’aggiudicazione” che, tuttavia, si sia visto rifiutare la formale aggiudicazione,

Ancora, nell’ordinanza di rimessione si afferma come risulterebbe «contraddittorio e diseconomico obbligare la stazione appaltante a procedere all’aggiudicazione nei confronti del “proposto” e, subito dopo, ad esercitare l’annullamento in autotutela di tale provvedimento per carenza, in capo all’affidatario, di un imprescindibile requisito soggettivo».

L’Adunanza Plenaria, invece, ritiene che deve essere seguito un orientamento diverso da quello proposto dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con l’ordinanza di rimessione, per ragioni che si fondano sui criteri di interpretazione della legge: infatti, si riporta l’art. 12 delle preleggi, che dispone che «nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore», tratteggiando i criteri letterale e teleologico (cd. ratio legis), a cui deve aggiungersi, tra gli altri, il criterio sistematico, il quale impone di avere riguardo anche alle altre norme rilevanti inserite nel contesto di regolazione complessiva della materia.

L’ art. 12 prevede, inoltre, che «se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato». Si tratta dell’interpretazione analogica, che opera in presenza di una lacuna normativa.

Allora, per l’Adunanza Plenaria, sul piano dell’interpretazione letterale, il comma 6 dell’art. 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016 è chiaro nello stabilire che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario (…)». Il Collegio afferma che il riferimento sia all’aggiudicazione, quale provvedimento finale della procedura amministrativa, sia al «fatto riconducibile all’affidatario» e non anche al concorrente destinatario della “proposta di aggiudicazione” rende palese il significato delle parole utilizzate dal legislatore nel senso di delimitare l’operatività della garanzia al momento successivo all’aggiudicazione.

Ancora, viene notato che il comma 9 dello stesso art. 93 prevede che «la stazione appaltante, nell’atto con cui comunica l’aggiudicazione ai non aggiudicatari, provvede contestualmente, nei loro confronti, allo svincolo della garanzia» prestata a corredo dell’offerta.

Il Collegio prosegue nel sottolineare che sul piano dell’interpretazione teleologica, il legislatore ha inteso ridurre l’ambito di operatività del sistema delle garanzie nella fase procedimentale, come risulta dall’analisi della successione delle leggi nel tempo: in particolare, il Codice del 2016 non ha confermato il sistema previgente disciplinato dall’art. 48 del Codice del 2006, che prevedeva la possibilità, ricorrendo i presupposti indicati, di escutere la garanzia, con funzione sanzionatoria, anche nei confronti dei partecipanti alla procedura. Secondo la Plenaria, ne consegue che l’estensione del perimetro della “garanzia provvisoria” si porrebbe in contrasto con la ratio legis.

Sul piano dell’interpretazione sistematica, l’Adunanza Plenaria sostiene che dall’analisi del contesto in cui la norma è inserita e, in particolare, dalla lettura coordinata di alcune disposizioni del Codice, risulta chiara la distinzione tra la fase procedimentale relativa alla “proposta di aggiudicazione” e la fase provvedimentale relativa all’“aggiudicazione”. Nella prospettiva della tutela, la “proposta di aggiudicazione”, essendo atto endoprocedimentale, non è suscettibile di autonoma impugnazione.

Con riguardo all’aggiudicazione, il Codice disciplina il rapporto tra essa e il contratto. L’art. 32, comma 6, stabilisce che «l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta», in quanto occorre la stipula del contratto e l’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile per sessanta giorni. Nella prospettiva della tutela, l’aggiudicazione è il provvedimento finale di conclusione del procedimento di scelta del contraente che, in quanto tale, ha rilevanza esterna e può essere oggetto sia di impugnazione in sede giurisdizionale sia di autotutela amministrativa.

Infine, l’Adunanza Plenaria osserva che la valutazione sistematica anche delle regole civilistiche impone di evitare che il terzo – che ha stipulato un contratto autonomo di garanzia collegato al rapporto principale tra amministrazione e partecipante alla procedura di gara – debba eseguire prestazioni per violazioni non chiaramente definite dalle regole di diritto pubblico.

Sul piano dell’interpretazione analogica, poi, il Collegio nota che la diversità della disciplina e delle situazioni regolate relativa alle due fasi, risultante dall’applicazione degli esposti criteri interpretativi, impedisce di estendere alla fase procedimentale le “garanzie provvisorie” della fase provvedimentale perché, nel caso di mancata stipulazione del contratto a seguito di una “aggiudicazione”, le ragioni possono dipendere sia dalla successiva verifica della mancanza dei requisiti di partecipazione sia, soprattutto, dalla condotta dell’aggiudicatario che, per una sua scelta, decide di non stipulare il contratto. In queste ipotesi, la stazione appaltante deve annullare d’ufficio il provvedimento di aggiudicazione e rinnovare il procedimento con regressione alla fase della “proposta di aggiudicazione”. In tale contesto, i possibili pregiudizi economici determinati dalla condotta dell’aggiudicatario sono coperti dalla “garanzia provvisoria” che consente all’amministrazione di azionare il rimedio di adempimento della prestazione dovuta con la finalità di compensare in via forfettaria i danni subiti dall’amministrazione per violazione delle regole procedimentali nonché dell’obbligo di concludere il contratto.

Prosegue il Collegio, affermando che nel caso di “mancata aggiudicazione” a seguito di una “proposta di aggiudicazione”, i motivi di tale determinazione possono dipendere, oltre che da ragioni relative all’offerta, dalla verifica negativa preventiva del possesso dei requisiti di partecipazione del concorrente individuato e si aggiunge che in queste ipotesi, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza di rimessione, l’amministrazione non è costretta a procedere all’aggiudicazione e poi ad esercitare il potere di annullamento in autotutela, potendosi limitare a non adottare l’atto di aggiudicazione e ad individuare il secondo classificato nei cui confronti indirizzare la nuova “proposta di aggiudicazione”. Per la Plenaria, in tale contesto, i pregiudizi economici, se esistenti, hanno portata differente rispetto a quelli che si possono verificare nella fase provvedimentale, con possibilità per l’amministrazione, ricorrendone i presupposti, di fare valere l’eventuale responsabilità precontrattuale del concorrente ai sensi degli artt. 1337-1338 cod. civ. e rimane fermo, altresì, il potere dell’Autorità nazionale anticorruzione di applicare sanzioni amministrative pecuniarie qualora si accertino specifiche condotte contrarie alle regole della gara da parte degli operatori economici (art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50 del 2016).

 

  1. Il principio di diritto

In conclusione, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 7/2022, afferma il seguente principio di diritto: “il comma 6 dell’art. 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016 – nel prevedere che la “garanzia provvisoria” a corredo dell’offerta «copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario (…)» – delinea un sistema di garanzie che si riferisce al solo periodo compreso tra l’aggiudicazione ed il contratto e non anche al periodo compreso tra la “proposta di aggiudicazione” e l’aggiudicazione”.

 

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