06/12/2022 – Lo strano caso dell’assessore che si candida ad un concorso indetto dal suo stesso comune

Può un assessore partecipare come candidato ad un concorso indetto dallo stesso comune per il quale esercita la carica di assessore?

E’ agli onori delle cronache il caso di Ardea, ove l’esempio astratto si è tramutato in fatto concreto che divide sulla risposta alla domanda.

Come troppo spesso accade, le risposte sono date per logica o sentimento, tra chi intende rifarsi all’etica e chi, invece, si nasconde dietro la vieta formula del “nulla lo vieta”.

Entrambe argomentazioni che, sul piano strettamente giuridico, non hanno alcun valore. In quanto all’etica, dovrebbe risultare ben chiaro, dopo secoli di pensiero filosofico, che il suo piano astratto è diviso da quello dell’operare concreto. In particolare, nel caso dell’etica giuridica, trasfondere l’etica nelle norme è compito del Legislatore. E’ chi rappresenta democraticamente il popolo ad avere l’arduo compito di tenere conto anche dell’etica nel compiere le scelte alla base delle leggi che emana. L’etica, dunque, viene valutata a monte dal Legislatore e non è sistema, a valle, di interpretazione ed attuazione. Sui giornali o nell’ambito di valutazioni proprie, poi ciascuno può esprime giudizi di valore in merito alle norme, fermo restando che esse si applicano per quello che stabiliscono e non a condizione che coincidano più o meno con la nostra personale visione.

In quanto alla considerazione “nulla lo vieta”, si tratta di un errore interpretativo tanto clamoroso, quanto diffuso. Errore dovuto alla circostanza che chi si avvale di questa suggestione per dare una risposta a quesiti giuridici non sa, o dimentica, che il nostro è un ordinamento giuridico “positivo”, perché pone le norme. In particolare, l’ordinamento amministrativo pone norme dai contenuti tipici e tassativi: si tratta di un reticolo normativo ove emerge e conta solo ed esclusivamente quel che la legge pone (ammettendolo, regolandolo, vietandolo, condizionandolo), non quel che non disciplina. Non è l’assenza di un divieto il canone interpretativo. Per altro, il sistema giuridico è chiuso e non ammette vuoti: anche laddove si reperisse l’assenza di un divieto, sarebbe obbligatorio reperire la norma posta a regolare un caso simile o una materia analoga, per applicarla in via di interpretazione.

Il compito di chi intende rispondere, dunque, alla domanda iniziale è valutare non solo la sussistenza o meno di uno specifico precetto, ma estendere lo sguardo al complesso delle norme.

Ebbene, il d.lgs 267/2000 consente di rispondere:

  1. articolo 47, commi 3 e 4: “3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere. 4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere”. Se l’assessore è consigliere, deve ovviamente avere i requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità propri del consigliere. Se è incaricato al di fuori dei componenti del consiglio, comunque, deve avere i medesimi requisiti richiesti al consigliere;
  2. articolo 60, comma 1, n. 7): “Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale e circoscrizionale:    i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli”. L’essere dipendente di un comune impedisce, dunque, di essere eletto come consigliere o sindaco o di essere nominato come assessore;
  3. articolo 63, comma 1, n. 7): “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale: … colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli”.

Andiamo, così, alla risposta. Poteva candidarsi al concorso l’assessore? Sì, poteva. Poteva, però, restare assessore e anche dipendente del comune? No, perché se assunta in corso di mandato, sarebbe divenuta incompatibile ed avrebbe dovuto dimettersi da assessore, oppure eliminare la causa di incompatibilità, dimettendosi.

Si pone, però, un’altra domanda: per un caso simile esiste un rischio di conflitto di interessi? Leggiamo cosa dispone, in merito, l’allegato 3 al Piano Nazionale Anticorruzione 2013, in merito ai rischi specifici dell’ambito reclutamento di personale: è un rischio specifico l’inserimento nel bando e nell’impianto concorsuale “previsioni di requisiti di accesso “personalizzati” ed insufficienza di meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire allo scopo di reclutare candidati particolari”.

Un assessore partecipante ad un concorso del medesimo comune del quale è assessore è certamente un “candidato particolare”. Il rischio di conflitto di interessi è oggettivo ed è duplice. Il conflitto di interessi personale dell’assessore: è evidente che l’esercizio della carica potrebbe indurlo a relazionarsi con gli uffici proprio allo scopo di incidere sul concorso per favorire la propria posizione. C’è, poi, il conflitto simmetrico dei componenti degli uffici, in una situazione di evidente imbarazzo, che per alcuni può anche tramutarsi in soggezione di fronte ad azioni miranti ad influenzare il concorso da parte dei componenti dell’organo di governo nel loro complesso.

Nel caso di specie, l’assessore coinvolto era per altro incaricato di seguire il personale, fatto che di per sé accentua i rischi.

Il conflitto di interessi, ai sensi della normativa vigente, è solo potenziale: dunque, basta proprio la semplice situazione di fatto concretizzatasi ad Ardea per renderlo attuale.

Il conflitto di interessi, però, impedisce che l’assessore si candidi come concorrente in un concorso del suo comune? Rende la cosa oggettivamente improvvida ed inopportuna. Ma, il comune di Ardea ha agito come la norma richiede: ha valutato il rischio e ritenuto di ridurlo avvalendosi di una commissione totalmente esterna.

Non basta. In effetti, il comune avrebbe fatto bene ad affidare a soggetti esterni l’intera produzione della documentazione del concorso, a partire dal bando, magari convenzionandosi con altri enti.

In ogni caso, la riduzione – comunque opportuna e sul piano giuridico corretta – del rischio di per sé non è sufficiente. Il caso del comune di Allumiere, di fatto assuntosi il ruolo di “concorsificio” per conto di altre amministrazioni locali ove “piazzare” una serie di politici locali evidenzia che i rischi connessi all’ingerenza della politica nei concorsi sono elevatissimi.

Abolire o modificare, allora, il reato d’abuso d’ufficio, tipico delitto di questa fattispecie dell’amministrazione, non serve a nulla, se non a ridurre ulteriormente la già non efficacissima deterrenza.

Occorrerebbe con maggiore chiarezza definire regole di totale esternalizzazione del concorso verso enti di territori lontani e non influenzabili dalla politica locale: le modalità telematiche lo consentirebbero

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