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Accesso agli atti: illegittimo il silenzio dell’amministrazione.

 Quello dell’accesso agli atti edilizi è un tema molto delicato sul quale occorre sempre separare il caso del proprietario dell’immobile da un eventuale vicino che vuole “vederci chiaro”.

Sul legame tra vicinitas e il diritto di accesso agli atti amministrativi è intervenuto il TAR Lazio con la sentenza n. 5916/2022 che ha confermato alcuni principi di diritto:

  1. nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi; non si può affermare che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato;
  2. l’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;
  3. l’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a.;
  4. nelle cause in cui si lamenti l’illegittimità del titolo autorizzatorio edilizio per contrasto con le norme sulle distanze tra le costruzioni imposte da leggi, regolamenti o strumenti urbanistici, non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente, ma anche quella tra detto immobile e una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso, tutte le volte in cui da tale violazione possa discendere con l’annullamento del titolo edilizio un effetto di ripristino concretamente utile, per il ricorrente, e non meramente emulativo.

Nel caso in cui a richiedere gli atti sia il proprietario dell’immobile la situazione si fa molto più semplice, anche se spesso servono i tribunali per avere conferma di un diritto di natura strumentale.

Ne ha parlato il TAR Campania con la sentenza 14 marzo 2022, n. 879 resa in riferimento al silenzio serbato da una amministrazione relativo alla richiesta di copia conforme della Licenza edilizia necessaria al fine di ristrutturare l’abitazione di sua proprietà usufruendo dei benefici fiscali del 110% (superbonus) previsti dall’art. 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio).

Argomento sul quale è intervenuto anche il TAR Lazio con la sentenza n. 8968/2021 che ha nel caso di accesso agli atti per la ricostruzione dello stato legittimo ha ravvisato la sussistenza di un interesse:

  • diretto, cioè a dire correlato alla sfera individuale e personale del soggetto richiedente;
  • concreto, e quindi, specificamente finalizzato, in prospettiva conoscitiva, alla acquisizione di dati ed informazioni rilevanti per l’ammissione ad un beneficio;
  • attuale, cioè non meramente prospettico od eventuale;
  • strumentale, sia sul piano soggettivo, che sul piano oggettivo, per la specifica connessione con i documenti materialmente idonei a veicolare le informazioni;

Inoltre, considerata la natura temporanea dei benefici fiscali, la richiesta di accesso è anche caratterizzata da urgenza.

Nel caso oggetto della sentenza del TAR Campania, il ricorrente aveva fatto richiesta di una copia conforme della licenza edilizia. A questa istanza il Comune riscontrava asserendo che “non è stato possibile rinvenire il faldone della citata Licenza edilizia”, nel contempo attestandosi “che dal Registro delle Licenze Edilizie dall’anno 1959 all’anno 1968 nella disponibilità di questo Settore, risulta trascritto, al di fuori dei margini del registro, senza continuità cronologia e temporale ed a parere di chi scrive di dubbia validità, che in data 17/06/1968 venne rilasciata Licenza Edilizia“.

Di qui la istanza di accesso, volta alla acquisizione degli atti necessari a disvelare i titoli legittimanti la costruzione dell’immobile di proprietà. Stante il silente contegno serbato dalla civica Amministrazione, insorgeva il ricorrente avanti questo TAR, rimarcando la propria legittimazione alla ostensione degli atti richiesti.

Il TAR ha confermato la sussistenza del diritto di accesso del ricorrente alla documentazione richiesta, perché funzionale all’esercizio delle proprie indefettibili prerogative di proprietario dell’immobile che ne occupa. Non è dubbia la sussistenza di un interesse personale, attuale e concreto della ricorrente all’ottenimento di atti afferenti alla legittimità edilizia ed urbanistica dell’immobile di cui è proprietario.

La posizione “conoscitiva” azionata dalla ricorrente è chiaramente funzionale alla tutela di altra, diversa, situazione giuridica, afferente al diritto di proprietà (42 Cost.). Del resto si è autorevolmente affermata la natura strumentale del “diritto di accesso”, in quanto situazione giuridica che:

  • ex se non garantisce la acquisizione o la conservazione di beni della vita e, dunque, non assicura al suo titolare il conseguimento di utilità finali;
  • è strumentale, piuttosto, al soddisfacimento (o al miglior soddisfacimento) di altri interessi giuridicamente rilevanti (diritti o interessi), rispetto ai quali si pone in posizione ancillare.

La conoscenza dei documenti amministrativi deve essere correlata – in modo diretto, concreto e attuale – ad altra “situazione giuridicamente tutelata” (art. 22, comma, 1, l. 241/90 e la definizione di “interessati” ivi contenuta): non si tratta, dunque, di una posizione sostanziale autonoma, ma di un potere di natura procedimentale, funzionale alla tutela di situazioni stricto sensu sostanziali, abbiano esse consistenza di diritto soggettivo o interesse legittimo.

La stessa nozione di legittimazione all’accesso – siccome prefigurata dall’art. 22, comma 1, lett. b), l. 241/90, che richiede la titolarità di un interesse “diretto, concreto e attuale” – vale:

  • a rivelare la ontologica natura strumentale del “diritto di accesso” rispetto ad altra, effettiva, posizione sostanziale (che non può ridursi ad un mero “diritto all’informazione”);
  • a precludere che un tale potere si risolva in un controllo generalizzato, anche di natura meramente esplorativa o emulativa, sull’agere amministrativo.

Il TAR ha ribadito che la regola generale è quella dell’accesso agli atti, “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza” (art. 22, comma 2, l. 241/90; cfr., art. 5, comma 2, d.lgs. 33/13), afferente a livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali “di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione” (art. 29, comma 2-bis, l. 241/90).

Nella fattispecie per cui è causa non possono residuare dubbi sulla sussistenza di una specifica posizione legittimante del ricorrente, afferendo gli atti richiesti giustappunto alla res di sua proprietà. Per questo il TAR ha accolto il ricorso e:

  • ordina alla civica Amministrazione di esibire la documentazione richiesta, consentendo altresì la estrazione di copia, entro sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, della presente sentenza;
  • condanna il Comune al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente, che si liquidano complessivamente in € 1.500,00, oltre accessori come per legge e al rimborso del contributo unificato nella misura effettivamente versata da esso ricorrente.
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