28/09/2018 – Illegittimo l’annullamento in autotutela nel 2017 di una DIA presentata nel 2002 in assenza di “motivazione rafforzata”

Illegittimo l’annullamento in autotutela nel 2017 di una DIA presentata nel 2002 in assenza di “motivazione rafforzata”

 

QUI la sentenza TAR CAMPANIA – NAPOLI, SEZ. II – 24 settembre 2018 n. 5575 

“In sintesi, le ragioni dell’autoannullamento possono essere così riassunte:

a) la DIA è stata assentita sulla scorta della seguente falsa rappresentazione dei fatti: a1) vi è incongruenza tra parte analitica e parte grafica della documentazione progettuale. Infatti, mentre nella prima si fa riferimento ad un immobile ad uso residenziale e alla circostanza che le opere non avrebbero comportato alcuna modifica di destinazione d’uso, nella seconda si descrive invece un fabbricato avente una chiara destinazione alberghiera; a2) analoga incongruenza si coglie con riguardo ai dati volumetrici. Difatti, mentre nella parte analitica si rappresenta che gli interventi non avrebbero determinato alterazioni della volumetria già assentita con la precedente concessione edilizia in sanatoria n. 1/2002, nella parte grafica “viene aumentata la volumetria interna dell’edificio cambiando conseguentemente il prospetto esterno poiché l’altezza interna del piano terra varia (da) 3.30 a mt 4,50”;

b) la DIA non costituisce il titolo edilizio adatto per autorizzare cambi di destinazioni d’uso tra categorie funzionalmente autonome o aumenti volumetrici dell’edificato esistente;

c) non risultano calcolati né corrisposti gli oneri concessori indispensabili per consentire il mutamento funzionale in struttura alberghiera;

d) sussiste l’interesse pubblico all’annullamento in quanto la DIA implica “un aggravio del carico urbanistico ed una totale mancata previsione degli standard a tutela della vivibilità dei cittadini”.

4. Ebbene, con una pregnante censura, la ricorrente stigmatizza la tardività del provvedimento di autotutela, intervenuto a distanza di 15 anni dal perfezionamento della DIA e, quindi, oltre il termine di 18 mesi dall’entrata in vigore della legge n. 124/2015, e comunque ben dopo il termine ragionevole dall’adozione dell’atto, in violazione della tempistica fissata dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990.

La censura, così come formulata, non convince.

L’art. 21-nonies, comma 1, della legge n. 241/1990 così recita (per la parte di odierno interesse): “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici (periodo introdotto dalla legge n. 124/2015, ndr.), inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.”.

Orbene, è sicuramente vero, in virtù di ormai consolidati orientamenti, che il termine ridotto di 18 mesi si applica a tutti gli atti aventi funzione ampliativo/abilitativa della sfera giuridica privata, inclusa la DIA, e che rispetto agli atti adottati anteriormente all’attuale versione dell’art. 21-nonies della legge n. 241/1990 (come quello di specie), il termine di 18 mesi va computato con decorrenza dalla data di entrata in vigore della novella introdotta dalla legge n. 124/2015 (28 agosto 2015) e salva, comunque, l’operatività del “termine ragionevole” già previsto dall’originaria versione dell’art. 21-nonies cit. (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 luglio 2017 n. 3462; Consiglio di Stato, Sez. V, 19 gennaio 2017 n. 250; Consiglio di Stato, Sez. VI, 31 agosto 2016 n. 3762).

E’ parimenti vero ed incontrovertibile che il provvedimento di autotutela in questione è intervenuto abbondantemente oltre sia il termine di 18 mesi dall’entrata in vigore della legge n. 124/2015 sia il termine ragionevole dall’adozione dell’atto, individuabile in 10 anni con riferimento al termine ordinario di prescrizione.

Tuttavia, lo sforamento di entrambi i suddetti termini di legge, con conseguente irragionevolezza delle modalità temporali di intervento, non implica di per sé l’illegittimità del provvedimento di autotutela, ma impone all’amministrazione procedente di munire tale provvedimento di una motivazione rafforzata circa la persistente concretezza e attualità dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto di primo grado.”

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