30/10/2018 – Lo scorrimento di graduatorie di altri Enti quale strumento per la copertura di posti vacanti negli Enti Locali. Problemi di legittimità. Il regolamento e le sue problematiche.

Lo scorrimento di graduatorie di altri Enti quale strumento per la copertura di posti vacanti negli Enti Locali. Problemi di legittimità. Il regolamento e le sue problematiche.

di Claudio Demartis
 
Premessa
Questo scritto nasce “sul campo”, da approfondimenti effettuati su un caso concreto. Intende esporre, in sintesi, il panorama normativo e giurisprudenziale che l’operatore giuridico ha a disposizione per affrontare il caso concreto. L’approfondimento delle fonti e della giurisprudenza mi ha portato a consolidare forti dubbi sulla legittimità di utilizzo di tale strumento, al di fuori del ristretto ambito della PA centrale per il quale è stato concepito.
 
La mia opinione è contro corrente. Ho ritenuto opportuno esporla ugualmente, benché consapevole del consenso diffusissimo che l’istituto ha fra gli addetti ai lavori, perché ritengo che la materia debba essere affrontata con la necessaria consapevolezza e serietà professionale.
 
Le procedure ordinarie per la copertura di posti vacanti a tempo indeterminato.
Le modalità di copertura di un posto vacante di personale a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione non comprendono, in linea generale, l’istituto dell’utilizzo mediante scorrimento di graduatorie di Enti terzi.
 
Tali modalità sono stabilite dal D.Lgs. 165/2001, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, che:
– all’art. 34-bis detta la prima priorità per la comunicazione (al dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e all’Agenzia Regionale per il lavoro) ai fini della segnalazione di eventuali nominativi di dipendenti (di pari categoria e profilo) collocati in posizione di disponibilità (perché in soprannumero o in eccedenza);
– all’art. 30 detta la seconda priorità per le domande di mobilità esterna volontaria (con precedenza per i dipendenti in soprannumero o in eccedenza), per cui è necessario effettuare un’apposita procedura ad evidenza pubblica per verificare se ve ne siano.
Superate con esito negativo entrambe le procedure, è possibile procedere ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. 165/2001, che prevede:
  • l’effettuazione di una procedura selettiva, per i profili per il cui accesso dall’esterno sia richiesto un titolo di studio superiore a quello del superamento della scuola dell’obbligo (licenza media superiore o laurea);
  • la richiesta (numerica) di avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento (in misura pari al doppio dei posti da coprire), per i profili per il cui accesso dall’esterno sia richiesto il titolo di studio del superamento della scuola dell’obbligo (licenza media inferiore).
 
Queste le procedure ordinarie di assunzione di personale a tempo indeterminato nella PA.
 
 
L’introduzione nel sistema dello scorrimento di graduatorie di Enti terzi quale modalità ordinaria per la copertura di posti vacanti a tempo indeterminato nella PA centrale.
Vediamo quali sono state le problematiche che hanno portato all’introduzione di norme per lo scorrimento di graduatorie di Enti terzi quale quarta modalità ordinaria di assunzione di personale a tempo indeterminato, non codificata dal D.Lgs. 165/2001.
 
Due le cause principali:
– il primo la lunghezza della procedura assunzionale, dipendente dalla predetta tripartizione in altrettanti distinti procedimenti;
– il secondo la legislazione vincolistica in materia di assunzioni, che ha prodotto limitazioni crescenti nel ricambio del personale della PA, sostenuta dalla urgente (e costituzionalmente supportata) motivazione del contenimento della spesa pubblica, di cui quella per il personale rappresenta una delle voci principali, se non la principale.
 
Le leggi finanziarie negli anni scorsi hanno dettato regole differenziate per i vari settori della PA, finalizzate al contenimento della spesa di personale, attraverso la previsione di vincoli rigidi, consistenti nella previsione della facoltà di assumere personale solo in conseguenza di cessazioni di dipendenti dal servizio, in misura percentuale inferiore al numero (o alla corrispondente spesa) dei cessati. Il sistema tornerà a regime sotto questo aspetto a partire dal 2019.
 
Dalle due cause fondamentali sono derivati, per conseguenza diretta, due fenomeni patologici:
– il primo quello delle graduatorie di concorsi bloccate, cui l’Ente destinatario del personale non ha per anni dato corso;
– il secondo quello dei sempre più frequenti ricorsi giurisdizionali (al TAR e al Consiglio di Stato) sulla legittimità delle procedure concorsuali, soprattutto contro i bandi o le procedure dei (sia pur rari) “concorsoni” della PA centrale.
 
Da questi fenomeni è derivato, a cascata, il problema della validità delle graduatorie, risolto “brillantemente” dal legislatore con una serie di proroghe, disposte con norme di legge a cadenza annuale, in base alle quali le graduatorie di concorsi pubblici in Italia continuano ad essere valide, se approvate a partire dal 30 settembre 2003.
 
I predetti fenomeni hanno contribuito a mettere in crisi il sistema di selezione dei pubblici dipendenti nella PA centrale. La problematica delle graduatorie di concorso bloccate per anni nel tempo ha assunto dimensioni rilevanti ed è stato oggetto, a più riprese, di interrogazioni parlamentari, proposte di legge, segnalazioni all’opinione pubblica, aventi ad oggetto la richiesta di immissione in ruolo dei vincitori di concorso e di ricorsi giurisdizionali sul silenzio mantenuto dall’Ente che aveva effettuato il ricorso.
Dando l’impressione generalizzata di un’ingiustizia palese dello Stato nei confronti delle persone che, partecipando ad un pubblico concorso (o procedura selettiva, come dicono le norme più recenti) ed avendolo superato, secondo i parametri di giudizio della commissione esaminatrice, vedevano per anni o a tempo indefinito frustrate le proprie aspettative di un posto di lavoro nella PA, con la negazione delle certezze (di ruolo sociale e di reddito) che da esso derivano, in termini di possibilità di organizzare la vita propria e quella del nucleo familiare.
 
Dalle cause predette ha avuto origine l’art. 9, comma 1, della Legge 3/2003 che dispone:
“1. A decorrere dal 2003, fermo restando quanto previsto dall’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, in materia di programmazione delle assunzioni, con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti le modalità e i criteri con i quali le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici possono ricoprire i posti disponibili, nei limiti della propria dotazione organica, utilizzando gli idonei delle graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni del medesimo comparto di contrattazione.”
 
Tre i punti qualificanti della norma:
– il primo l’elemento soggettivo, cioè la previsione di applicazione della stessa unicamente alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e agli enti pubblici non economici;
– il secondo la previsione di un regolamento (interministeriale) per stabilire modalità e criteri di applicazione dell’istituto;
– il terzo l’ambito di applicazione, entro il quale era possibile la richiesta di graduatoria ai fini del suo scorrimento: il medesimo comparto di contrattazione.
 
Il primo punto non è stato mai oggetto di modifica da parte del legislatore.
 
Il secondo comportava evidentemente un grado di complessità maggiore rispetto alle previsioni; tanto che si rinunciò al concerto interministeriale con l’emanazione dell’art. 3, comma 61, della L. 350/2003, che superò il problema del regolamento, disponendo:
… In attesa dell’emanazione del regolamento di cui all’articolo 9 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, le amministrazioni pubbliche ivi contemplate, nel rispetto delle limitazioni e delle procedure di cui ai commi da 53 a 71, possono effettuare assunzioni anche utilizzando le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le amministrazioni interessate.
 
Una tipica “norma ponte” che da provvisoria è diventata definitiva, senza che alcuno abbia eccepito nulla in proposito.
Nonostante l’assenza del regolamento attuativo abbia fatto sorgere perplessità rispetto alle modalità di utilizzo della nuova modalità di selezione, si ritenne dirimente la considerazione che gli Enti coinvolti nella sua applicazione erano tutti appartenenti ai comparti della PA centrale, accomunati da un quadro normativo e da una prassi concorsuale che si riteneva dessero sufficienti garanzie, sia rispetto al procedimento di formazione della graduatoria, sia rispetto al suo utilizzo per la copertura di posti che si fossero resi vacanti in altro Ente dello stesso comparto.
 
Il terzo aspetto, cioè l’ambito territoriale di utilizzo di graduatorie di altri Enti, era regolato, all’epoca dell’entrata in vigore della L. 3/2003, dal contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti di contrattazione per il quadriennio 2002–2005, stipulato il 18.12.2002, che stabiliva in 11 i comparti, fra i quali quello del personale delle Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, quello del personale degli Enti pubblici non economici e quello del personale dei Ministeri.
Per cui era chiaro (oltre il dato letterale) che, all’epoca della sua emanazione, la L. 3/2003 aveva lo scopo di consentire solo agli Enti della PA centrale, compresi nei tre predetti comparti di contrattazione, di utilizzare gli idonei delle graduatorie di procedure selettive approvate da altri Enti dello stesso comparto, per coprire posti resi vacanti la cui copertura fosse stata autorizzata dal Consiglio dei Ministri.
La collocazione dell’art. 3 all’interno della L. 3/2003 è ulteriore riprova del suo limitato ambito di applicazione; infatti al Capo III “disposizioni in materia di enti locali” alcun richiamo è fatto circa l’applicabilità della norma a tale tipologia di Enti.
 
Con l’approvazione del CCNQ del 11.06.2007 il numero dei comparti è sceso da 11 a 10 (scompare, perché inglobato in altro comparto, quello del personale delle Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo) e con l’approvazione del CCNQ del 13.07.2016 da 10 a 4: Funzioni centrali, Funzioni locali, Istruzione e ricerca, Sanità.
 
Resta il fatto che, nonostante la riduzione dei comparti, la norma introduttiva dell’istituto ha mantenuto invariato il suo ambito di applicabilità originario: la PA centrale.
 
Norme a sostegno della possibilità della PA di utilizzare le proprie graduatorie.
Il sistema normativo vigente nel 2003 (anno di emanazione delle norme sullo scorrimento) comprendeva alcune norme a sostegno della possibilità della PA di utilizzare le proprie graduatorie di procedure selettive per l’assunzione di personale, che incidono sulla utilizzabilità delle graduatorie e sulla loro validità; ed altre se ne aggiunsero in seguito. Tali norme sono le seguenti:
  1. per la PA in generale:
  • art. 8 del D.P.R. 3/1957: “L’amministrazione ha facoltà di conferire, oltre i posti messi a concorso, anche quelli che risultino disponibili alla data di approvazione della graduatoria.
Detti posti, da conferire secondo l’ordine della graduatoria, non possono superare il decimo di quelli messi a concorso per le carriere direttive ed il quinto per le altre carriere.
Nel caso che alcuni dei posti messi a concorso restino scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, l’amministrazione ha facoltà di procedere, nel termine di due anni dalla data di approvazione della graduatoria, ad altrettante nomine secondo l’ordine della graduatoria stessa”;
  • art. 15, comma 7, del D.P.R. 487/1994: “le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un termine di diciotto mesi dalla data della sopracitata pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili”;
  • art. 3, comma 87, della L. 244/2007 che ha aggiunto all’art. 35 del D.Lgs. 165/2001 il comma 5 ter, secondo cui “Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali“;
  1. per gli Enti locali:
  • art. 91, comma 4, del D.Lgs. 267/2000: “per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione, per l’eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all’indizione del concorso medesimo”.
 
Come già accennato, scaduto il termine ordinario di validità delle graduatorie, la stessa è stata di anno in anno prorogata per legge, a partire dal 30.09.2003, ininterrottamente fino ad oggi.
 
L’obbligo della PA di utilizzare le proprie graduatorie.
E’ stata la giurisprudenza a stabilire che la PA deve motivare dettagliatamente le ragioni per cui decide di non utilizzare, mediante scorrimento degli idonei, le proprie graduatorie di concorsi per la copertura di posti a tempo indeterminato per la copertura dei posti vacanti, preferendo l’indizione di nuovi concorsi (Consiglio di Stato Adun. Plen. sentenza n. 14 del 28.07.2011; V Sezione, sentenza n. 1395 del 4.03.2011 ).
Stabilendo il principio secondo cui, se sussiste una graduatoria valida la PA, salvo che si tratti di posti istituiti dopo la sua approvazione, non può trascurare, indicendo una nuova procedura concorsuale, le posizioni dei soggetti classificati idonei nella graduatoria, in mancanza di valide motivazioni.
In presenza di una graduatoria valida, i soggetti in essa collocati hanno un diritto soggettivo allo scorrimento della stessa da parte dell’Ente autore della selezione. Sull’eventuale mancato scorrimento deve pronunciarsi il giudice amministrativo, per violazione di legge.
 
L’obbligo della PA di utilizzo delle graduatorie proprie e quelle di altri Enti per le assunzioni di personale a tempo determinato.
Se rilevanti erano le problematiche relative alle assunzioni a tempo indeterminato, altrettanto rilevanti erano quelle per il tempo determinato.
 
Gli operatori si chiedevano per quali ragioni non fosse possibile utilizzare, in alternativa allo svolgimento di una selezione pubblica, anch’essa caratterizzata dagli stessi problemi di quella per il tempo indeterminato (lunghezza dei tempi e contenzioso), le graduatorie delle procedure selettive effettuate, per posti di pari categoria e profilo professionale, per le assunzioni a tempo indeterminato.
 
Una norma a regime in tal senso è stata introdotta, per l’intera PA, dall’art. 36, comma 2, ultimo periodo, del D.Lgs. 165/2001, modificato dall’art. 4, comma 1, lettera a-bis, del D.L. 101/2013, convertito con modificazioni dalla L. 125/2013, che dispone:
Per prevenire fenomeni di precariato, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto delle disposizioni del presente articolo, sottoscrivono contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi pubblici a tempo indeterminato. È consentita l’applicazione dell’articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ferma restando la salvaguardia della posizione occupata nella graduatoria dai vincitori e dagli idonei per le assunzioni a tempo indeterminato.”.
 
La norma prescrive un obbligo ed una facoltà:
– da una parte pone l’obbligo di utilizzare (se esistenti) le proprie graduatorie di concorsi a tempo indeterminato per le assunzioni a tempo determinato (come si stava acclarando, per via giurisprudenziale, per quelle a tempo indeterminato); dall’altra dà facoltà di utilizzo di graduatorie di Enti diversi per la stipula di contratti a tempo determinato, preoccupandosi di tutelare la posizione occupata in graduatoria dagli idonei assunti a tempo determinato, nell’ipotesi di assunzione a tempo indeterminato.
 
Il Dipartimento Funzione Pubblica ha chiarito nella circolare 5/2013 che, per ragioni di tutela delle posizioni dei vincitori dei concorsi per il tempo determinato, le graduatorie vigenti possono essere utilizzate solo per assumere i vincitori, rimanendo precluso lo scorrimento per gli idonei.
 
L’obbligo della PA centrale di preventivo utilizzo delle graduatorie proprie per le assunzioni di personale a tempo indeterminato.
Il D.L. 101/2013, convertito con modificazioni dalla L. 125/2013, all’art. 4, commi 3, 3bis e 3 ter, ha disposto quanto segue:
Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, l’autorizzazione all’avvio di nuove procedure concorsuali, ai sensi dell’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e’ subordinata alla verifica:
a) dell’avvenuta immissione in servizio, nella stessa amministrazione, di tutti i vincitori collocati nelle proprie graduatorie vigenti di concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato per qualsiasi qualifica, salve comprovate non temporanee necessità organizzative adeguatamente motivate;
b) dell’assenza, nella stessa amministrazione, di idonei collocati nelle proprie graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1º gennaio 2007, relative alle professionalità necessarie anche secondo un criterio di equivalenza.
Per la copertura dei posti in organico, e’ comunque necessaria la previa attivazione della procedura prevista dall’articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di trasferimento unilaterale del personale eccedentario.
Resta ferma per i vincitori e gli idonei delle graduatorie di cui al comma 3 del presente articolo l’applicabilità dell’articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
 
Circa il comma 3, non si capisce per quali ragioni l’ambito soggettivo scelto dal legislatore sia stato quello della sola PA centrale e non quello dell’intera PA.
E per quali ragioni la norma non sia stata inserita nel D.Lgs. 165/2001 quale norma a regime. Allo stato attuale, il “vuoto” costituito dalla norma mancante (cioè quella che estende la regola all’intera PA) dev’essere colmato a mezzo di ricorso giurisdizionale al Tribunale Amministrativo Regionale, da parte del candidato inserito in una graduatoria valida approvata dall’Ente che, ignorandola, bandisca una selezione pubblica per posti di identica categoria e profilo professionale.
 
Circa il comma 3-bis, lo stesso ribadisce la priorità, rispetto alle altre procedure assunzionali, del ricollocamento di personale collocato in disponibilità, prevista dal D.Lgs. 165/2001.
 
Circa il comma 3-ter, lo stesso è il complemento al divieto di assunzione posto dal comma 3 per il caso di assenza di determinati presupposti (la mancata assunzione dei vincitori e la presenza di idonei in graduatorie approvate per posti di pari categoria e profilo professionale), stabilito per la sola PA centrale, incentivandone gli Enti allo scorrimento di graduatorie di altro Ente del comparto.
 
Alcun elemento di novità é stato introdotto dal testuale richiamo del comma 3-ter alla norma che stabilisce la facoltà (che non viene trasformata in obbligo, a differenza di quanto fa il comma 3) di scorrimento di graduatorie di altro Ente per la PA centrale ai fini della copertura di posti vacanti. Norma opportunamente individuata non in quella originaria (art. 9, comma 1, L. 3/2003), ma in quella successiva, che ha superato la necessità del regolamento di attuazione (art. 3, comma 61, 3° periodo, L. 350/2003).
 
Il ricorso allo scorrimento di graduatorie di Enti terzi é stato riproposto per la soluzione di casi particolari, con l’art. 14, comma 4 bis, del D.L. 95/2012, convertito con modificazioni nella L. 135/2012, che dispone:
In relazione all’esigenza di ottimizzare l’allocazione del personale presso le amministrazioni soggette agli interventi di riduzione organizzativa previsti dall’articolo 2 del presente decreto ed al fine di consentire ai vincitori di concorso una piu’ rapida immissione in servizio, per il triennio 2012-2014, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 del predetto articolo 2, fermo restando quanto previsto dal comma 13 del medesimo articolo, che non dispongano di graduatorie in corso di validità,  possono  effettuare assunzioni con le modalita’ previste dall’articolo 3, comma 61, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, anche con riferimento ai vincitori di concorso presso altre  amministrazioni. Le assunzioni di cui al presente comma sono effettuate nei limiti delle facoltà e delle procedure assunzionali vigenti e nell’ambito dei posti vacanti all’esito del processo di riorganizzazione di cui al comma 5 dell’articolo 2 del presente decreto. L’assunzione di cui al primo periodo avviene previo consenso del vincitore e l’eventuale rinuncia dell’interessato non determina decadenza del diritto all’assunzione. In relazione a quanto previsto dal presente comma, all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, le parole: «31 luglio 2012» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2012».
Il legislatore cercava misure di compensazione ad una norma (l’art. 2 del D.L. n. 95/2012) che, stanti le note problematiche macro-economiche, disponeva un’imponente riorganizzazione del personale della PA centrale, consistente in drastici “tagli lineari”, nella misura del 20% dei dirigenti e del 10% del personale di ruolo. Per “ottimizzare” l’utilizzo del personale, il legislatore ricorda la possibilità a regime di utilizzare graduatorie di Enti diversi, Quale fosse lo scopo effettivo della norma, visto che gli Enti destinatari della stessa avevano l’obbligo di ridurre pesantemente gli organici e, conseguentemente, non potevano disporre nuove assunzioni, non è facile capire.
 
Ma anche in questo caso la norma mantiene un ambito di applicazione limitato alla PA centrale.
 
Il dibattito sul tempo di conclusione dell’accordo per lo scorrimento di graduatoria di Enti terzi.
Nulla dicono le norme sulle modalità di utilizzo delle graduatorie di enti terzi, tranne che vi deve essere un “previo accordo”.
La mancata regolamentazione dell’istituto (nonostante la previsione iniziale) ha comportato nel tempo, e comporta ancora, diversi problemi.
 
Il primo in ordine logico riguarda il momento in cui può essere concluso il “previo accordo”.
Sull’argomento si sono registrate tesi contrastanti.
Per il Ministero dell’Interno resta preferibile che esso intervenga prima della formale approvazione della graduatoria (parere 15700 5A3 0004435).
Per l’ANCI può avvenire anche successivamente all’espletamento della procedura concorsuale (parere del 8.09.2004).
Per il Dipartimento della Funzione Pubblica  (nota U.P.P.A. 6351 del 13.03.2004) gli Enti locali, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, possono attingere a graduatorie concorsuali ancora valide approvate da altre amministrazioni mediante appositi accordi stipulati nel rispetto dei principi di cui all’art. 97 della Costituzione, purché:
– nel rispetto dei principi generali e della normativa vigente in materia di reclutamento di personale nelle pubbliche amministrazioni;
– la graduatoria riguardi concorsi banditi per la copertura di posti allo stesso profilo e categoria professionale per la copertura dei quali si attinge dalla citata graduatoria;
– nei limiti della propria dotazione organica e nel rispetto della programmazione triennale dei fabbisogni di personale.
Lo stesso Dipartimento, nella circolare 5/2013 n. 0053485 del 21.11.2013 dice al riguardo: “E’ auspicabile, al riguardo, che si dotino di una specifica regolamentazione dello strumento improntata ai principi di trasparenza, imparziali e buona amministrazione.”
 
Una rassegna di buoni principi e di inviti alle buone prassi che è rimasta, in buona parte, inascoltata. Se non da parte dei pochi Enti il cui staff direzionale crede ancora (e mette in pratica le proprie convinzioni in atti concreti) che l’azione amministrativa debba essere attuata nel rispetto delle leggi.
 
La facoltà di dotarsi di un regolamento di attuazione dell’istituto dello scorrimento di graduatorie di Enti terzi, eliminato quello interministeriale dalla legge nella sua seconda formulazione, è stata ben poco utilizzata.
Dando corso ad un diffuso utilizzo della procedura di accordo, quasi sempre successivo alla data di approvazione e pubblicazione delle graduatorie, spesso limitato ad un mero scambio di lettere fra Sindaci.
Questi ultimi, da una parte attanagliati dalle limitazioni assunzionali imposte dai vincoli normativi statali, dall’altra impegnati “a fare rete” nella ricerca di contatti per l’individuazione di persone collocate in graduatorie approvate di cui chiedere l’utilizzo.
Sia per evitare i tempi lunghi dei concorsi (desiderio anche della maggior parte dei Segretari Comunali, già affaticati dalla necessità di assistere una pluralità di Enti in convenzione e quindi privi del tempo necessario da dedicare allo svolgimento di una procedura selettiva).
Sia per “portare in squadra” persone di interesse dell’Amministrazione, per i motivi più diversi: a volte perché ritenuti preparati (magari perché assunti a tempo determinato per coprire l’assenza temporanea del titolare); altre volte perché “vicini” alla formazione politica di alcuno degli amministratori o del gruppo di maggioranza; altre ancora perché nati o residenti nel Comune o in un Comune vicino e, per tale aspetto, ritenuti più affidabili nel lungo periodo, rispetto a candidati vincitori di concorso, magari più preparati, ma provenienti da Comuni molto distanti e quindi pronti, dopo un breve periodo di crescita professionale, a chiedere il nulla-osta per la mobilità al fine di avvicinarsi al nucleo familiare, innescando tensioni e contrapposizioni interne al gruppo di lavoro, che non di rado si spostano all’interno del gruppo di maggioranza, spesso diviso rispetto alla prospettiva delle grandi difficoltà di coprire il posto per mobilità in entrata, dopo aver autorizzato quella in uscita.
 
Le problematiche del regolamento di applicazione dello scorrimento delle graduatorie di Enti terzi.
Le perplessità sulle modalità di utilizzo dello scorrimento di graduatorie di Enti terzi non possono impedire all’operatore giuridico di occuparsi dei meccanismi concreti per la sua applicazione e fra questi della costruzione di un regolamento comunale che fissi i criteri per l’utilizzo di tali graduatorie.
Durante la redazione del regolamento, o in sede applicativa, sorgono diversi problemi logico – giuridici.
 
Vediamo quali sono i principali e le possibili soluzioni. 
I destinatari della richiesta.
In genere l’avviso per la manifestazione di interesse all’utilizzo di graduatorie è inviato dal Comune ad altri Comuni; una valida alternativa è quella che l’avviso pubblico si rivolga direttamente ai candidati collocati in graduatorie e inviti gli stessi a presentare manifestazione di interesse al Comune, che in base alle stesse può prendere contatti con il Comune che ha formato la graduatoria, per verificare la disponibilità all’accordo.
 
La tipologia di enti le cui graduatorie si intendono utilizzare.
Data la specificità dei procedimenti da gestire e delle leggi di settore che regolano l’attività gestionale del Comune, pare opportuno che le richieste che partono da Comuni siano rivolte ai soli Comuni, essendo problematica l’estensione ad altre tipologie di Enti locali (Province, Unioni di Comuni, Comunità Montane).
 
Il bacino territoriale degli Enti le cui graduatorie si intendono utilizzare.
Le scelte in materia sono molto differenziate: ci sono Comuni che interpellano alcuni Comuni della Provincia a loro scelta, altri tutti i Comuni della Provincia, altri ancora tutti quelli della Regione. Considerati la scarsità dei posti da ricoprire nei Comuni della Regione dove lavoro e la sua modesta estensione territoriale, ritengo che quest’ultima sia la soluzione più rispettosa degli interessi legittimi degli idonei collocati in graduatoria.
Non appare opportuna né, da un lato, l’estensione dell’avviso pubblico alle graduatorie formate al di fuori dei confini regionali, data la forte incidenza e specificità della normativa regionale in molti ambiti di competenza dei Comuni (ad esempio: la legislazione in materia di edilizia ed urbanistica e quella in materia di enti locali territoriali); né, dall’altro, il restringimento dell’avviso pubblico alle graduatorie formate in ambito provinciale, data la necessità di rispettare il principio generale della concorsualità (art. 97, comma 3, della Costituzione) secondo cui deve essere garantita la massima partecipazione alla procedura di scorrimento (che é di evidenza pubblica), dato che i candidati si spostano in tutti i Comuni della Regione per partecipare alle prove selettive.
 
La data di approvazione della graduatoria.
Tenuto conto dei profondi cambiamenti degli scenari normativi verificatisi in tutti i settori dell’attività comunale (ad esempio: il nuovo sistema di contabilità per il settore finanziario, il nuovo codice degli appalti per il settore tecnico, la legislazione in tema di trasparenza, anticorruzione e privacy per il settore amministrativo), della necessità di rispettare il principio di selettività e, quindi, di richiedere la più elevata competenza possibile dei candidati idonei da valutare, appare opportuno l’utilizzo di graduatorie di concorsi pubblici approvate da non oltre 12 mesi, più idonee a garantire che il candidato possieda un bagaglio tecnico-professionale adeguato alle esigenze operative dell’Ente, con particolare riguardo al Comune di piccole dimensioni in cui vi è la necessità di assegnare allo stesso dipendente la responsabilità di procedimenti appartenenti a materie diverse tra loro e di differente grado di complessità.
 
I criteri di scelta fra più graduatorie.
Pare meno corretto il criterio di preferenza della graduatoria con maggiore anzianità di approvazione, valido invece per lo scorrimento delle graduatorie proprie dell’Ente (il cui scorrimento è obbligatorio fino ad esaurimento in presenza di posti vacanti di pari categoria e profilo), in quanto il tempo trascorso dalla pubblicazione è inversamente proporzionale alla possibilità del candidato di mantenere un livello di preparazione accettabile.
A tale criterio deve essere preferito quello della minore anzianità di approvazione della graduatoria, che appare maggiormente rispettoso del principio di selettività e più in grado di assicurare effettivi livelli di preparazione dei candidati e l’esigenza degli Enti di assumere persone dotate di elevata competenza.
Appare inadatto il criterio della ubicazione geografica, secondo cui é preferita la graduatoria del Comune che ha sede più vicina al Comune richiedente, perché non tiene conto del fatto che i candidati, data la scarsità dei bandi di selezione, partecipano ai concorsi in tutti i Comuni della Regione e viola il principio generale secondo cui deve essere garantita la massima partecipazione alla procedura di scorrimento.
Al criterio della vicinanza geografica al Comune utilizzatore é preferibile quello della minore anzianità di formazione della graduatoria.
E’ necessario valutare la posizione in graduatoria del candidato, che dipende dai voti ottenuti nelle prove selettive ed è indice del suo grado di preparazione.
Criterio altrettanto valido è la comparazione del numero di scorrimenti della graduatoria, preferendo quella che ne ha avuti di meno.
Criterio ulteriore può essere l’assenza di ricorsi contro la graduatoria.
Criterio residuale può essere il sorteggio.
In sintesi, stabilito che la pubblicazione dell’avviso di manifestazione di interesse sia estesa a candidati collocati in graduatorie in corso di validità in tutti i Comuni della Regione, per i criteri di scelta fra più graduatorie proporrei i seguenti:
– la graduatoria di più recente formazione,
– la graduatoria che ha avuto minor numero di scorrimenti,
– la graduatoria contro la quale non sono stati presentati ricorsi,
– il sorteggio.
Potrebbe essere utile prevedere che i primi tre criteri possano essere oggetto di valutazione anche combinata, ma tale previsione pone il problema dei criteri di combinazione ed accresce l’area di discrezionalità e la sensazione che la procedura possa essere “aggiustata”.
 
L’effettuazione di un colloquio.
Alcuni Comuni stabiliscono nell’avviso la necessità che il responsabile del procedimento effettui un colloquio con il candidato collocato nella graduatoria prescelta e che, all’esito del colloquio, possa (motivatamente) decidere di non dar luogo allo scorrimento.
La previsione del colloquio é contraddittoria rispetto al fatto che, avendo il candidato superato (con la votazione finale di almeno 21/30) una selezione pubblica, la sua preparazione deve essere considerata (per legge) adeguata a ricoprire il posto vacante.
Alla stessa convinzione è pervenuta la giurisprudenza, per il caso del colloquio previsto nella procedura di mobilità esterna volontaria.
La previsione del colloquio é utile al fine di verificare, non la preparazione, ma la motivazione del candidato in relazione al posto da ricoprire, previa illustrazione e condivisione degli aspetti organizzativi peculiari dell’Ente, anche in relazione all’eventuale precedente esperienza lavorativa.
 
La corrispondenza fra il posto oggetto della graduatoria e quello da coprire.
La giurisprudenza ha ribadito a più riprese la necessità della “piena corrispondenza” dei seguenti elementi: categoria, profilo professionale, tempo di lavoro (pieno o parziale).
E’ utile che il regolamento lasci spazio alla possibilità di valutazioni non formali circa la corrispondenza del profilo che il Comune intende ricoprire, stabilendo che il responsabile del procedimento faccia una valutazione sostanziale, in termini di equivalenza, tenendo conto del titolo di studio richiesto per la partecipazione alla selezione, delle materie d’esame e delle prove selettive effettuate, al fine di evitare l’esclusione di graduatorie basata sulla non perfetta corrispondenza dei profili professionali, dal momento che alcuna norma di legge o di CCNL definisce come debba essere scritto un profilo professionale, avendo in quest’ambito ogni Comune la massima autonomia, che ha prodotto definizioni diverse di profili per la stessa categoria di inquadramento.
Identico criterio di valutazione in termini di equivalenza é utile per la comparazione dei tempi di lavoro del posto previsto nella graduatoria approvata con quello del posto da coprire, tenendo conto che, in molti casi e negli ultimi anni molto di frequente, la modifica dal tempo pieno al tempo parziale di posti in dotazione organica è stata originata non da una scelta organizzativa, ma dall’attuazione delle norme sulla riduzione della spesa di personale di anno in anno stabilite per legge; in funzione di tale aspetto, il responsabile del procedimento deve avere la possibilità di valutare l’utilizzo di graduatorie di selezioni effettuate per la copertura di posti a tempo indeterminato pieno per la copertura di posti anche a tempo parziale e viceversa.
 
L’esame, anche se sommario, delle problematiche di redazione ed applicazione del regolamento sullo scorrimento di graduatorie di Enti terzi lascia intravedere che vi sono ampi spazi per scelte discrezionali.
Aspetto che può essere molto pericoloso; considerato il fatto che, per legge, l’approvazione del regolamento spetta all’organo politico, che può essere portatore di interessi divergenti rispetto a quello di imparzialità e tutela del merito.
 
 
Le ragioni di chi ritiene che l’utilizzo della graduatoria di Enti terzi costituisca una modalità ordinaria per la copertura di posti vacanti a tempo indeterminato anche al di fuori della PA centrale.
L’applicabilità anche al di fuori della PA centrale della norma relativa alla facoltà di utilizzo di graduatorie di Enti diversi per la copertura di posti di lavoro a tempo indeterminato è sostenuta da autorevoli studiosi della normativa sul pubblico impiego, i quali portano a sostegno delle loro tesi alcune pronunce giurisprudenziali, rispettivamente:
– della magistratura contabile (deliberazione n. 124/2013 della Corte dei Conti Sezione Regionale di controllo per l’Umbria)
– della magistratura amministrativa (Tar Veneto sentenza n. 864/2011; Tar Basilicata sentenza n. 574/2011).
 
Esaminiamo i passaggi fondamentali di queste pronunce, per cercare di capire in quali termini i collegi abbiano affrontato il tema dell’applicabilità dell’art. 3, comma 61, della L. 350/2003 agli Enti diversi da quelli del settore centrale della PA.
 
Nella deliberazione n. 124/2013 la Corte dei Conti Sezione di Controllo per la Regione Umbria cerca di dare risposta al quesito posto dal Sindaco di un piccolo Comune circa l’applicabilità ai Comuni della norma sullo scorrimento di graduatorie di Enti terzi, prevista per lo Stato e gli enti pubblici economici.
 
Il collegio glissa sulla risposta al quesito, soffermandosi su due aspetti:
– quello della legittimità dell’accordo successivo per l’utilizzo delle graduatorie;
– quello delle possibili differenze fra i regimi giuridici dei posti messi a concorso quale causa impeditiva rispetto alla possibilità di utilizzo della graduatoria di Ente terzo.
 
Relativamente al primo aspetto (la legittimità dell’accordo successivo per l’utilizzo delle graduatorie), la Corte segnala che:
Il Collegio, a sua volta, ritiene che, effettivamente, la lettera e lo scopo della norma non consentono interpretazioni tanto restrittive da ancorare il “previo accordo”, di cui all’art. 3, comma 61, della l. n° 350/2003, ad una data anteriore alla “approvazione della graduatoria” o, addirittura, alla “indizione della procedura concorsuale”;
In realtà, l’art. 3, comma 61, appena citato dispone anzitutto la “proroga” di graduatorie approvate già prima dell’entrata in vigore della l. n° 350/2003, all’evidente fine di consentirne l’utilizzazione da parte di altre Amministrazioni. Da questo punto di vista, perciò, sarebbe del tutto irrazionale – per impossibilità di concreta applicazione – la norma stessa, se davvero essa dovesse richiedere, per l’utilizzazione delle predette graduatorie, il “previo accordo tra le Amministrazione interessate”, da realizzare prima della “formale approvazione” delle graduatorie medesime, o – peggio – prima della “indizione della procedura concorsuale”;
Vero è, invece, che la scelta dell’Amministrazione di avvalersi della graduatoria di un concorso espletato da altra Amministrazione ha natura discrezionale (v. TAR Lazio Sez. III^ sent. n°9708/2004) e soggiace alle stesse regole e limitazioni generali che valgono per ogni altra scelta discrezionale, ad iniziare dal rispetto dei principi fissati dall’art. 97 della Carta Costituzionale.”;
Principi che, con riferimento all’accesso ai pubblici impieghi, trovano una loro ancor più puntuale specificazione nella regola della “concorsualità” (ex art. 97, comma 3, Cost.), teleologicamente e funzionalmente rivolta alla selezione del maggior numero possibile di candidati – posti in condizione di parità – per la scelta dei migliori, ovvero dei candidati più meritevoli e professionalmente dotati.”.
Il ragionamento del collegio può essere sintetizzato come segue: in assenza di indicazioni nella norma, l’accordo (per l’utilizzo di graduatoria di Ente terzo) può essere raggiunto anche in momento successivo all’indizione della selezione e all’approvazione della graduatoria stressa, purché siano rispettati i principi costituzionali, fra i quali quello della “concorsualità” stabilito dall’art. 97, comma 3, della Costituzione.
Chi provasse a replicare a tale sillogismo, facendo notare che l’accordo successivo all’approvazione della graduatoria consente all’Ente utilizzatore di conoscere in anticipo le generalità degli idonei utilmente collocati, così violando il principio della par condicio tra concorrenti idonei e quindi di decidere in merito all’utilizzo di graduatoria di Ente terzo sulla base della conoscenza dei candidati, verrebbe ricacciato indietro dal richiamo perentorio al solenne principio costituzionale, a fronte del quale non resterebbe che ammutolire.
E riflettere sul fatto che la previsione della necessità di un regolamento che governi il funzionamento dello scorrimento (cui aveva giustamente pensato il legislatore scrivendo la norma originaria) s’impone nei fatti, non appena si cerca di applicare la norma al caso pratico.
Per evitare che, in procedure caratterizzate dal rispetto formale delle norme, si faccia strazio dei principi costituzionali (e di buon senso), con buona pace di tutti quei soggetti le cui posizioni giuridiche risultassero travolte e che non avessero tempo e denaro per chiederne la tutela davanti ai Tribunali Amministrativi Regionali.
 
Relativamente al secondo aspetto (le possibili differenze fra i regimi giuridici dei posti messi a concorso quale causa impeditiva rispetto alla possibilità di utilizzo della graduatoria di Ente terzo) il collegio ritorna sul principio di concorsualità tutelato dalla Costituzione, segnalando che:
“Il riferimento alla salvaguardia del principio di “concorsualità” ed alle correlate regole di dettaglio (parità dei concorrenti, predeterminazione dei posti e delle regole di attribuzione, ecc.), hanno portato al consolidarsi di un (ovvio) orientamento generale, condiviso da tutti, secondo cui la graduatoria dalla quale attingere deve riguardare posizioni lavorative omogenee a quelle per le quali viene utilizzata.”
“Tanto è pacificamente ammesso con riferimento al “profilo ed alla categoria professionale del posto che si intende coprire”, che devono essere del tutto corrispondenti a quelli dei posti per i quali è stato bandito il concorso la cui graduatoria si intende utilizzare (v. i richiamati pareri del Ministero dell’Interno, dell’U.P.P.A e della Regione Piemonte n°25/2009, nonché la pure citata sent. n. 864/2011 del TAR Veneto).”
“Da questo punto di vista, è innegabile che il regime a tempo pieno dei posti messi a concorso, e per i quali è stata approvata la graduatoria che si intende utilizzare, è alquanto diverso dal regime part-time del posto che si intende coprire, come attesta (in disparte l’intrinseca durata della prestazione lavorativa), ad esempio, la diversità dei limiti di modifica del rapporto di lavoro, ex art. 6, comma 4, del d.l. n. 79/1997 (e s.m.i.), applicabile solo a chi è stato assunto a tempo pieno, rispetto all’art. 39, comma 18, della l. n. 449/1997 (nel testo modificato dall’art. 20, comma 1, della l. n. 488/1999), applicabile solo a chi è stato assunto a tempo parziale (v., in proposito, paragrafo 3 della deliberazione n°122-Prev/2013 di questa Sezione).”
Chi obiettasse che la crescente diffusione dei bandi di selezione per posti di lavoro part-time (direttamente dipendente dagli stringenti limiti alle facoltà assunzionali della PA disposti dal legislatore) rende molto difficile l’applicazione dello scorrimento, non potrebbe che soccombere a fronte dell’affermazione della derivazione da principio costituzionale di tale corollario, posto dalla Corte nonostante il totale silenzio della legge in proposito.
 
Ciò che maggiormente sorprende nell’esame del parere è la completa assenza di una qualsiasi analisi circa l’applicabilità al Comune della norma stabilita per la PA centrale.
Sul tema il collegio ha, inspiegabilmente, glissato, dando per scontata un’applicabilità ai Comuni di una norma per la quale non cerca alcun sostegno.
 
L’estensore della deliberazione ha preferito risolvere le questioni secondarie (senza affrontare la principale) con il ricorso all’interpretazione sistematica, definendo regole da applicare al caso concreto derivandole da un principio costituzionale della concorsualità, secondo cui occorre favorire la partecipazione alla selezione del maggior numero possibile di candidati, che é in contrasto con la tesi dell’ammissibilità dello scorrimento anche per gli Enti diversi dalla PA centrale ed anche con accordo successivo, perché nella maggior parte dei casi l’utilizzo mediante scorrimento della graduatoria di Ente terzo porta (con altissimo grado di precisione) ad un unico candidato idoneo posizionato utilmente, che automaticamente matura (dopo l’accordo fra gli Enti) il diritto soggettivo ad essere assunto a tempo indeterminato.
Ci si sarebbe aspettati sul tema una solerzia ed una verifica scrupolosa delle norme a sostegno dell’estensibilità dello strumento agli Enti Locali; ma tutto ciò è mancato.
Proprio il principio del “favor partecipationis”, sancito dalla Costituzione e quindi prevalente su norme di rango primario (che pure mancano nel caso di specie), è argomento contrario alla tesi dell’applicabilità agli Enti diversi dalla PA centrale di una norma il cui ambito soggettivo è riservato alle “amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici”.
 
Appare chiaro infatti che consentire lo scorrimento di graduatorie di Enti terzi, specialmente quando di tratta di Enti Locali e in modo particolare quando l’utilizzo della graduatoria è frutto di accordo successivo alla data della sua approvazione, non significa per ciò stesso applicare il principio costituzionale del “favor partecipationis”.
Sia perché l’Ente utilizzatore conosce in anticipo le generalità del candidato o dei candidati, sia perché le graduatorie degli Enti Locali sono il frutto di procedure per l’assunzione di poche unità di personale (generalmente una, nei Comuni di piccola dimensione fino a 5.000 abitanti, che costituiscono i 5/8 del totale) e conseguentemente sono particolarmente ridotte: non è infrequente che siano costituite da meno di 5 idonei compreso il vincitore.
Da ciò deriva che la volontà di procedere allo scorrimento di graduatorie di Enti terzi, opzione ritenuta (unanimemente) come appartenente alla sfera degli atti di alta amministrazione e quindi oggetto di decisione dell’organo politico (Giunta Comunale), in pratica attua spesso decisioni finalizzate ad un’illegittima riserva del posto ad una persona fisica precisa, previamente individuata e implicitamente valutata.
 
Nella sentenza n. 864/2011 il TAR Veneto è chiamato a pronunciarsi sul ricorso di una persona (interessata alla copertura del posto mediante concorso) che contesta la decisione di un Comune di coprire un posto vacante di dirigente a tempo indeterminato mediante scorrimento di una delle quattro graduatorie di altrettanti concorsi per dirigente amministrativo effettuati dalla Azienda Ospedaliera del capoluogo.
Il ricorso si basa su 7 tipologie di presunte violazioni di legge, eccesso di potere e incompetenza, fra le quali (al punto 2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 61 della legge 350/2003 e 9 l. 3/2003; eccesso di potere.” Con tale motivo la ricorrente deduce l‘inapplicabilità ai Comuni delle norme predette, in quanto stabilite solo per la PA centrale.
Le eccezioni della ricorrente sono state respinte dal collegio sulla base delle seguenti considerazioni:
“2.1. Nella specie, infatti, l’amministrazione ha espressamente richiamato, unitamente alle norme statali (art. 3 comma 61 della legge 350/2003 e 9 della legge 3/2003) che prevedono e consentono “l’utilizzo di graduatorie in corso di validità di altre amministrazioni pubbliche previo accordo o nulla osta da ottenersi prima dell’utilizzo della graduatoria e purché la graduatoria riguardi concorsi banditi per la copertura di posti inerenti l’analoga categoria” anche la norma del regolamento comunale che sostanzialmente ne recepisce il principio ed il contenuto, rendendo implicitamente ultronei i motivi di ricorso che contestano l’applicabilità alle amministrazioni locali delle norme statali sopramenzionate.”
“2.2. è possibile, anche in relazione a tale eccezione, invocare la disapplicazione della norma regolamentare “in quanto atto normativo illegittimo e perché nella specie sussiste la giurisdizione esclusiva del G.A., ambito nel quale il potere di disapplicazione non incontra limiti” perché per disapplicare una norma regolamentare non impugnata occorre che si verta in un giudizio di accertamento e che si chieda l’applicazione di una norma di rango superiore (di una norma primaria quindi) che per forza e valore sulla prima prevalga. La disapplicazione della norma regolamentare non impugnata, infatti, in altro non consiste che nella richiesta di applicare alla controversia una norma di rango superiore che prevalendo sulla fonte regolamentare disciplini diversamente e in senso corrispondente al motivo di censura il punto controverso del provvedimento.”
“2.3. Senonchè, come già rilevato in precedenza, ancorché si verta in materia di giurisdizione esclusiva, la situazione fatta valere in giudizio dalla ricorrente non è di diritto e non inerisce ad un giudizio di accertamento ma di interesse legittimo alla corretta individuazione della procedura di assunzione per cui è causa, e quindi alla corretta applicazione delle norme che tale procedimento disciplinano.”
E più avanti aggiunge sul punto la segue considerazione: “Se è vero, infatti, come evidenzia la difesa dell’amministrazione resistente, che l‘art. 9 L. 3/03 fissa per talune Amministrazioni l‘obbligo dellutilizzo di graduatorie nell’ambito del “medesimo comparto di contrattazione”, è, nondimeno, altrettanto vero che con la successiva disposizione di pari rango di cui all‘art. 3 comma 61 L. 350/03, il legislatore ha esteso agli Enti Locali la validità delle graduatorie di altre Amministrazioni, senza però richiamare l‘identità del comparto di contratto.”
 
In sintesi, il collegio:
  • da una parte ha ritenuto che, a fronte di una norma (l’art. 3, comma 61, 3° periodo, L. 350/2003) la cui applicazione è riservata allo Stato e agli Enti Pubblici economici, sia sufficiente che un Comune la richiami nel proprio regolamento per renderla applicabile allo stesso;
  • dall’altra ha sostenuto che la stessa norma abbia esteso agli Enti locali la sua sfera di applicazione.
 
Ritengo che entrambe le deduzioni del TAR siano prive di valido presupposto e che l’applicazione dei principi di gerarchia delle fonti del diritto e dei normali criteri di interpretazione della legge porti a conclusioni opposte, considerando che:
– é principio consolidato nei rapporti tra le fonti del diritto che una norma di rango secondario (il regolamento per l’ordinamento degli uffici e dei servizi previsto dal D.Lgs. 267/2000), non può introdurre nell’ordinamento interno del Comune una regola giuridica in contrasto con una norma di rango primario (l’art. 3, comma 61, 3° periodo, L. 350/2003), disponendone l’applicazione ad una tipologia di Ente cui il legislatore non l’ha destinata;
– dall’esame letterale del testo della norma richiamata (art. 3, comma 61, 3° periodo, L. 350/2003) discende che l’inciso “le amministrazioni pubbliche ivi contemplate” in essa contenuto faccia riferimento preciso agli Enti della PA descritti nella norma originaria e quindi le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici”; per cui è inammissibile ed infondata la conclusione secondo cui tale norma ha esteso agli Enti Locali l’applicabilità della norma originaria.
 
Altro è il problema di natura processuale evidenziato dal collegio, secondo cui spettava al controinteressato impugnare preventivamente la norma regolamentare (approvata dal Comune in violazione di legge) con ricorso al TAR,
E la considerazione che, non avendo il ricorrente impugnato preventivamente il regolamento, poiché il giudizio instaurato davanti al TAR aveva ad oggetto la richiesta di annullamento della determinazione dirigenziale che aveva disposto l’assunzione del candidato idoneo utilmente collocato nella graduatoria dell’Azienda Ospedaliera (e non un ricorso di accertamento della norma da applicare), non era possibile che il giudice disapplicasse il regolamento non preventivamente impugnato.
 
Per ragioni di economia processuale, il collegio ha avuto buon gioco a respingere la seconda eccezione, avendo già respinto la prima (e decisiva) secondo cui la ricorrente aveva omesso di impugnare il primo atto della procedura (la determina con cui il dirigente del Comune aveva stabilito, in linea generale e preliminare, di ricorrere alla metodologia dello scorrimento di graduatoria di Ente terzo per la copertura del posto vacante) e quindi avendo notevolmente indebolito la sua posizione; omissione che è stata il fatto giuridico centrale che ha deciso il ricorso.
 
Nella sentenza n. 574/2011 del TAR Basilicata il collegio è chiamato a pronunciarsi sul ricorso (presentato dal candidato secondo classificato nella graduatoria della selezione effettuata da un Comune) avente ad oggetto la richiesta di annullamento di una deliberazione della Giunta dello stesso Comune che (su istanza delle organizzazioni sindacali, che contestavano il fatto che l’accordo non era stato preventivo rispetto all’approvazione della graduatoria) aveva stabilito di annullare in autotutela la precedente deliberazione con cui aveva approvato la convenzione con un Comune vicino, per dargli la possibilità di utilizzo della graduatoria della procedura selettiva effettuata per la copertura del posto posto vacante di comandante della polizia municipale.
 
Il collegio si sofferma sull’oggetto della contestazione, precisando che:
7. L’interrogativo da porsi è se ai sensi dell’art. 9, della L. 3/2003, e ai sensi dell’art. 3, comma 61, della L. 350/2003, con “previo accordo tra le amministrazioni interessate” si intende un accordo anche a posteriori, a graduatoria approvata ed in corso del triennio di validità, o accordo (tramite convenzione) antecedentemente la pubblicazione del bando concorsuale?
 
ed accoglie il ricorso con le seguenti motivazioni:
“La diversa determinazione assunta dal Comune di Tito non sembra perseguibile per più ragioni:
a) le norme in commento non sarebbero immediatamente attuabili e segnatamente il co. 61 dell’art. 3 L. 350/2003 perderebbe la sua funzione acceleratoria rispetto all’art. 9 della L. n. 3/2003 che rinviava, quanto alle modalità di attuazione ad un Regolamento ex art. 17, L. n. 400/1988;
b) l’accordo precedente all’indizione del concorso comporterebbe la coeva vacanza in più Enti di posti di uguale profilo e categoria professionale, ma allora si tratterebbe di cogestione del concorso e non di utilizzo della graduatoria nel corso del triennio di validità;
c) verrebbero meno – come giustamente prospettato in ricorso – buona parte delle finalità (di economia di atti amministrativi, riduzione dei tempi per la copertura dei posti, riduzione dei costi ed eliminazione del rischio contenzioso, etc.) che sono state riconosciute dal Comune di Tito nel provvedimento deliberativo poi ritirato e sono state poste a base della richiesta del Comune di Rionero in Vulture.”
 
Il collegio, anche in questo caso, non svolge alcun esame circa l’applicabilità agli Enti Locali delle norme sullo scorrimento delle graduatorie di Enti terzi.
 
Suscita interesse l’osservazione del collegio, circa la differenza concettuale tra “cogestione del concorso” per effetto di accordo precedente (che presuppone la contemporanea vacanza di posti di pari categoria e profilo in due Enti diversi e quindi comprime molto il margine di applicabilità dell’istituto) e “utilizzo della graduatoria nel corso del triennio di validità”.
 
Ma la “cogestione del concorso” in fondo cos’è, se non l’accordo preliminare fra due Enti per l’utilizzo dell’unica graduatoria derivabile da una procedura selettiva?
 
Non credo che l’accordo di cogestione possa essere inquadrato nella fattispecie delle convenzioni ex art. 30 del D.Lgs. 267/2000, creato per la gestione di “servizi”; in quanto si tratta al più di mettersi d’accordo per la gestione di un procedimento, che poi sarebbe il capofila ad attuare, restando al secondo Ente il mero ruolo di utilizzatore.
E poi la “cogestione del concorso” non è fattispecie prevista dall’ordinamento, se non nella forma del “previo accordo” tra Amministrazioni interessate.
La distinzione dell’estensore, che sembra ad una prima lettura acuta, si riduce ad un più approfondito esame ad una questione nominalistica, ad una differenziazione solo apparente, che nulla ha a che vedere con le norme vigenti e con la prassi e che pare costruita solo “ad adiuvandum” rispetto ad un sillogismo, peraltro indimostrato, secondo cui lo scorrimento della graduatoria non può, per definizione, che essere successivo alla sua approvazione.
 
Il principio della concorsualità previsto dall’art. 97, comma 3, della Costituzione, viene tranquillamente sacrificato, nei fatti, dopo essere stato sbandierato a tutti i livelli istituzionali come pietra miliare invalicabile, limite assoluto dell’azione amministrativa.
Se si volesse esaminare la norma sotto il profilo lessicale, indagine preliminare rispetto all’interpretazione letterale, come si potrebbe ignorare che nella lingua italiana la parola “previo” significa preventivo, anteriore rispetto ad un fatto specifico?
 
L’inconsistenza e fragilità delle predette pronunce giurisprudenziali, su cui i principali commentatori fondano l’applicabilità agli Enti Locali delle norme sullo scorrimento di graduatorie di Enti terzi ai fini della copertura a tempo indeterminato di posti vacanti, stabilite apposta per lo Stato e gli Enti Pubblici Economici, alimenta forti motivi di perplessità.
 
E le ragioni contrarie.
Argomento a sostegno della tesi della non applicabilità agli Enti Locali delle norme sull’utilizzo di graduatorie di altri Enti è l’art. 3, comma 5 ter, del D.L. 90/2014, convertito in L. 114/2014, che stabilisce:
5-ter. Alle amministrazioni di cui al comma 5 del presente articolo si applicano i principi di cui all’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, attraverso la comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per quanto di competenza dello stesso.”
 
Il comma 5-ter estende agli Enti Locali l’applicazione dei principi contenuti nell’art. 4, comma 3, del D.L. 101/2013, che prevede per lo Stato l’obbligo di esaurire le proprie graduatorie prima di fare nuove assunzioni, ma non anche quelli del successivo comma 3-ter, che prevede la facoltà di attingere da graduatorie di altri enti, previo accordo con i medesimi.
 
E’ necessario qui riportare il noto brocardo latino in materia di interpretazione delle leggi, che stabilisce: “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”.
Poiché la norma omette di fare riferimento al comma 3-ter, che a sua volta richiama la facoltà di applicazione dell’art. 3, comma 61, della legge 350/2003, mentre fa espresso riferimento al comma precedente, ciò è espressione della volontà del legislatore di non modificare l’ambito soggettivo della stessa.
 
Conclusioni.
Le argomentazioni che precedono fanno riferimento a problematiche corpose, stratificate negli anni ed alimentate da cause macroeconomiche esogene rispetto al sistema dello Stato–apparato; quindi di non facile e rapida soluzione.
Sarebbe facile e sbrigativo, invocare “de iure condendo” l’intervento rapido e risolutore del legislatore, che sarebbe necessario almeno per ufficializzare gli approdi dell’attività giurisprudenziale, che é mossa dal confronto quotidiano, lento ma incessante, degli interessi in gioco fra le parti.
Resta, al fondo, la convinzione che l’istituto dello scorrimento delle graduatorie di Enti terzi, nei 15 anni di applicazione non si sia affatto amalgamato alle tipologie ordinarie di selezione dei pubblici dipendenti; e che la sua grande notorietà di oggi sia direttamente proporzionale alla possibilità del suo utilizzo strumentale alla cura di interessi particolari, se non personali, che nulla hanno a che vedere con la corretta gestione dell’interesse comune.
Interesse per la cui tutela il nostro referente, che è l’insieme dei cittadini – utenti, ci chiede una sola cosa: mettere a ciascuno dei posti di lavoro della PA i migliori, perché sono gli unici in grado di soddisfare le molteplici esigenze della comunità.
E non quelli simpatici al governante o al dirigente di turno.
Nel momento attuale, in cui appare ancora indefinito il momento di approdo verso la chiarezza di una norma che elimini (o riduca fortemente) gli ampi margini di discrezionalità che l’uso corrente e scorretto della norma statale ha aperto nella PA locale, spero che ciascuno (per il profilo di responsabilità che gli consente l’incarico pubblico che ricopre: politico o tecnico) si adoperi a spingere verso una maggiore chiarezza e trasparenza delle procedure.
Per dare della PA nel suo complesso un’immagine più altezza di un sistema–Paese che vuole uscire dalle ipocrisie e dalle omissioni, per prendere la strada del confronto e della costruzione del bene comune.
 
Claudio Demartis

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