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Il malvezzo dell’approvazione di provvedimenti “salvo intese” nel Consiglio dei ministri genera mostri

Sui giornali si legge che il Consiglio dei Ministri ha “approvato” questo o quel provvedimento e, a giusta ragione, ci si immagina una sacrale ufficialità. Un testo redatto e sottoscritto da chi lo ha proposto; un attento esame dei componenti del Consiglio in una fase preliminare alla convocazione della seduta; un’esposizione accurata del Ministro competente durante la seduta; interventi per chiarire o proporre modifiche; la verbalizzazione pignola e capillare degli interventi, delle modifiche; la redazione del testo risultante e la sua definitiva sottoscrizione.

Da anni, ormai, invece, il Consiglio dei Ministri approva oggetti, titoli e bozze con la formula “salvo intese”.

In altre parole, non si approva alcun testo definito, ma solo intenzioni generali o in taluni casi semplici slide, che poi vengono magari proiettate in via spettacolare in conferenza stampa.

Per queste ragioni, poi, i testi dei provvedimenti circolano solo come “bozza” per le redazioni, magari sapientemente trasmessi da parte di chi vuol capire in anteprima “come andrebbe a finire” se davvero un certo contenuto sia trasfuso nel provvedimento, salvo magari ripensarci.

E, spesso, poi, questi provvedimenti senza testo, senza contenuti, con sole intenzioni, finiscono per “perdersi per strada” o arrivare al Quirinale e soprattutto in Gazzetta Ufficiale decine di giorni dopo la loro presunta approvazione.

Al di là della presenza di “manine” che da sempre compaiono all’improvviso e sfuggono al controllo di chi dovrebbe presidiare un processo produttivo, quello di disegni di legge o a maggior ragione di decreti legge, questo modo di procedere non appare oggettivamente consono all’altissimo mandato del Governo.

Qualsiasi deliberazione d’assemblea anche della più piccola associazione bocciofila necessita dell’intervento formale e solenne di un notaio, che redige un puntiglioso verbale con la descrizione più dettagliata della decisione. I comuni non si sognano nemmeno di approvare deliberazioni di giunta o consiglio che non siano scritte, formalizzate, passate al vaglio dei segretari comunali che verbalizzano con estrema precisione gli interventi nelle sedute degli organi. Come è giusto che sia.

Se il Consiglio dei Ministri, invece, ritiene possibile e corretto che decisioni fondamentali per la vita del Paese si adottino senza che i decisori conoscano nemmeno i contenuti di ciò che approvano, trincerandosi dietro la formula “salvo intese”, serve a poco scandalizzarsi per le sceneggiate contro le “manine” o irridere chi, quale Ministro, sbraita contro la “manipolazione” dei testi (specie se chi irride, quando era al Governo, della formula “salvo intese” ha usato e abusato).

Sarebbe troppo pretendere che il Consiglio dei Ministri deliberi solo ed esclusivamente su testi già formati e completi e sopprimere per sempre l’abitudine pessima di deliberare il nulla “salvo intese”?

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