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Arriva il super prefetto che commissaria i Comuni anche quando non ci sono infiltrazioni mafiose

di Amedeo Di Filippo – Dirigente comunale

Provvedimento complesso il D.L. n. 113 del 2018, che tocca molti punti e introduce diverse misure destinate a: individuare i casi in cui sono rilasciati speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario e garantire l’effettività dell’esecuzione dei provvedimenti di espulsione; adottare norme in materia di revoca dello status di protezione internazionale in conseguenza dell’accertamento della commissione di gravi reati e di norme idonee a scongiurare il ricorso strumentale alla domanda di protezione internazionale; razionalizzare il ricorso al Sistema di protezione per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati (SPRAR); assicurare l’adeguato svolgimento dei procedimenti di concessione e riconoscimento della cittadinanza; rafforzare i dispositivi a garanzia della sicurezza pubblica, al miglioramento del circuito informativo tra le Forze di polizia e l’Autorità giudiziaria e alla prevenzione e al contrasto delle infiltrazioni criminali negli enti locali; introdurre strumenti finalizzati a migliorare l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Nel complesso di queste misure, il Capo II del Titolo II contiene disposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla criminalità mafiosa e immette novità che impattano direttamente sugli enti locali, con particolare riguardo ai Comuni.

Lo scioglimento

L’art. 28 introduce il comma 7-bis all’art. 143 del Tuel, che come noto regola lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare.

In breve, l’art. 143 prevede lo scioglimento qualora “emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’art. 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica” (comma 1).

Al prefetto è assegnato l’onere di disporre gli opportuni accertamenti attraverso una commissione d’indagine, che entro tre mesi, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, termina gli accertamenti e rassegna le proprie conclusioni (comma 2).

Entro quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni il prefetto invia al Ministro dell’interno una relazione nella quale dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 e indica gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica (comma 3).

Lo scioglimento è disposto con DPR, su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione, immediatamente trasmesso alle Camere. Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno causato lo scioglimento. Lo scioglimento comporta la cessazione dalla carica degli amministratori (comma 4) – i quali non possono essere ricandidati se responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento (comma 11) – e la risoluzione di diritto degli incarichi di cui all’art. 110, di revisore dei conti e i rapporti di consulenza (comma 6).

Il decreto di scioglimento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale con allegate la proposta del Ministro dell’interno e la relazione del prefetto (comma 9); conserva i suoi effetti per un periodo da dodici a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro in casi eccezionali (comma 10).

Le misure cautelari

Nell’art. 143 sono inoltre presenti due insiemi di disposizioni: il primo a supporto dello scioglimento, il secondo applicabili nel caso in cui non si ravvisino le condizioni per adottare il provvedimento demolitorio.

Del primo fanno parte:

– il comma 8, in base al quale, se dalla relazione prefettizia emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti tra singoli amministratori e la criminalità organizzata, il Ministro dell’interno trasmette la relazione all’autorità giudiziaria ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione;

– il secondo è al comma 12, qualora ricorrano motivi di urgente necessità, in cui il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente mediante invio di commissari; la sospensione non può eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di scioglimento decorre dalla data del provvedimento di sospensione.

Del secondo si hanno:

– il comma 5, applicabile nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento ma la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale; in tali casi il Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, adotta con proprio decreto ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare;

– il comma 7, applicabile nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento né l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 5; il Ministro dell’interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione, emana comunque un decreto di conclusione del procedimento in cui dà conto degli esiti dell’attività di accertamento.

L’art. 143 dunque contempla tre casi: 1) esistono “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare”, per cui viene disposto lo scioglimento, con la possibilità per l’Amministrazione dell’interno di trasmettere la relazione all’autorità giudiziaria e di sospendere gli organi in carica; 2) quegli elementi esistono solo in relazione al personale dell’ente locale, non dunque per gli amministratori, per cui il prefetto interviene per far cessare il pregiudizio in atto; 3) quegli elementi non sussistono, talché il Ministro conclude il procedimento dando comunque conto delle risultanze riscontrate.

La novella del D.L. “sicurezza”

Il D.L. n. 113 del 2018 aggiunge un ulteriore istituto cautelare a quello di cui al comma 5, inserendo nell’art. 143 il comma 7-bis. Questo, rinviando al comma 7, prende in esame il caso in cui “non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5”, attivabili questi ultimi qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento ai soli dipendenti dell’ente locale.

L’ulteriore ipotesi inserita dal comma 7-bis è che “dalla relazione del prefetto emergano, riguardo ad uno o più settori amministrativi, situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità delle amministrazioni comunali o provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati”.

Non siamo più, dunque, nell’ambito di collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare, bensì in un uno molto più largo e magmatico, di difficile decrittazione e delimitazione, all’interno del quale il prefetto ha la discrezione di giudicare condotte di ogni tipo e per qualsiasi “settore amministrativo” che, a suo insindacabile giudizio, possano alterare le procedure e/o compromettere il buon andamento, l’imparzialità e il funzionamento dei servizi.

Un campo di azione di latitudine sconfinata rispetto al quale il prefetto “individua, fatti salvi i profili di rilevanza penale, i prioritari interventi di risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un termine per l’adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici”. La finalità è quella di far cessare le situazioni riscontrate e di ricondurre alla normalità l’attività amministrativa dell’ente.

Decorso inutilmente il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore termine, non superiore a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il quale si sostituisce, mediante commissario ad acta, all’amministrazione inadempiente.

Viene così consegnato al prefetto un potere pervasivo, che può spingersi ad indicare all’ente locale i prioritari interventi di risanamento e gli atti da assumere. Una sorta di super-commissario che da un lato assicura un predominio dell’amministrazione dell’interno su quella locale che non sembra in linea con l’art. 114 Cost., dall’altro introduce il commissariamento nei confronti degli amministratori locali finora legittimato solo nei casi di scioglimento proclamato o in corso.

Il nuovo assetto presenta inoltre criticità di sistema se letto in combinato con quello introdotto dall’art. 1 del Ddl c.d. “concretezza”, approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 13 settembre, che riconosce al prefetto il potere di segnalare al “nucleo della concretezza” eventuali irregolarità dell’azione amministrativa degli enti locali e chiederne l’intervento, partecipando ai sopralluoghi e alle visite tramite proprio personale. In caso di commissariamento o di esercizio dei poteri sostitutivi, egli può richiedere l’intervento del nucleo “al fine di assicurare la continuità o l’eventuale ripristino dell’attività amministrativa”, previsione che non si pone certo in linea con l’art. 28D.L. n. 113 del 2018.

L’altro profilo problematico è l’assoluta arbitrarietà del prefetto nel fissare il termine per l’adozione degli interventi di risanamento. Un potere, questo, di significativa estensione che contrasta con l’impianto dello stesso art. 143 nelle parti in cui appronta procedure e scadenze molto precise a garanzia degli amministratori locali, posto che lo scioglimento è misura radicale che travolge il principio della rappresentanza e deve per questo essere utilizzato con molta accortezza, come ha raccomandato più volte il giudice amministrativo.

Le risorse

Nel sistema degli scioglimenti si inserisce anche l’art. 29D.L. n. 113 del 2018, che rinvia al comma 706 della L. n. 296 del 2006, che a sua volta ha autorizzato la spesa di 5 milioni di euro a decorrere dal 2007 per la copertura degli oneri di cui all’art. 145 del Tuel, ossia per la gestione straordinaria degli enti per cui è stato disposto lo scioglimento.

Viene qui prevista in particolare l’assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovraordinazione. Le competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura.

Con una singolare tecnica legislativa, l’art. 29 dispone che le suddette risorse “possono essere incrementate” fino ad un massimo di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, a due condizioni: che si rispetti l’invarianza dei saldi di finanza pubblica e che le risorse che si rendono disponibili nel corso dell’anno siano relative alle assegnazioni a qualunque titolo spettanti agli enti locali, corrisposte annualmente dal Ministero dell’interno.

In altri termini, le risorse sono formalmente elargite dal Viminale ma a valere su quelle di competenza degli enti locali, cosicché per il primo l’operazione è a saldo zero, per i secondi è, come al solito, in rimessa.

Artt. 28 e 29D.L. 4 ottobre 2018, n. 113 (G.U. 4 ottobre 2018, n. 231)

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