05/10/2018 – Facciamo giustizia di un equivoco: la copertura delle nuove o maggiori spese è una scelta politica anche se vi provvedono dei tecnici

Facciamo giustizia di un equivoco: la copertura delle nuove o maggiori spese è una scelta politica anche se vi provvedono dei tecnici

di Salvatore Sfrecola

 

È inevitabile che il tema della copertura delle spese previste nella manovra finanziaria, delineata nel Documento di economia e finanza (DEF) ma che dovrà trovare compiuta e concreta attuazione nella legge di bilancio, impegnerà il dibattito politico fino alla fine dell’anno con inevitabili polemiche sul ruolo dei tecnici, coloro che devono, nei ministeri e alla Ragioneria generale dello Stato, reperire le risorse e in quale misura.

Va chiarito, perché dal dibattito di questi giorni non emerge questo profilo, anzi spesso sono stati messi alla gogna i funzionari responsabili del Ministero dell’economia, che il problema delle coperture è politico, anche se vi provvedono in concreto dei tecnici. Questo perché una nuova o maggiore spesa, come si legge nell’art. 81 della Costituzione “deve indicare i mezzi per farvi fronte”. I mezzi, cioè le coperture, si trovano in due modi: mediante nuove entrate oppure eliminando alcune spese. Nell’uno e nell’altro caso la scelta è politica. Gravare i cittadini di nuove imposte, anche se minime, è una scelta impopolare, ridurre le spese in alcuni settori ha conseguenze che la politica deve valutare. Ciò in quanto ogni spesa, più o meno utile, fornisce alle pubbliche amministrazioni beni e servizi erogati da imprese che creano occupazione e danno impulso all’economia nazionale. Con la conseguenza che la riduzione di una spesa può costituire limitazione di un servizio pubblico o, se si tratta di una spesa ritenuta inutile, la sua eliminazione può determinare conseguenze nel settore economico produttivo di riferimento che la politica sarà chiamata in altra sede ad affrontare. Ad esempio per effetto della contrazione dei posti di lavoro in un contesto nel quale già il ritardo nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni determina pesanti effetti negativi sui bilanci delle imprese.

Sfugge, infatti, a molti, nel dibattito sull’economia e lo sviluppo, che lo Stato e le pubbliche amministrazioni costituiscono il più grande operatore economico del nostro Paese in quanto gli acquisti di beni e servizi e gli appalti di opere pubbliche mantengono in vita una serie notevole di imprese, al Nord come al Sud. Lo Stato e gli enti pubblici comprano di tutto, dalle matite agli aerei, costruiscono immobili e strade. Certamente ci sono delle spese che possono essere ridotte. Si tratta di fare delle scelte, considerato che la pubblica amministrazione che acquista beni e servizi soffre da tempo di gravi disfunzioni, a cominciare dal blocco del turn-over, dovuto ai famosi “tagli lineari” che hanno impedito adeguate assunzioni di giovani in luogo dei dipendenti pensionati per cui l’amministrazione si è notevolmente invecchiata con tutte le conseguenze che ne derivano sull’efficienza dei servizi per inadeguato aggiornamento degli addetti i quali, avvicinandosi l’età della pensione, inevitabilmente perdono l’entusiasmo che aveva accompagnato l’inizio della carriera. È noto, altresì, che per i risparmi che sono stati fatti negli anni precedentiin alcuni settori manca la strumentazione tecnica necessaria. Altro settore sul quale si può intervenire è quello della disponibilità di locali che la pubblica amministrazione spesso utilizza in locazione, pur disponendo lo Stato e gli enti pubblici di un ricchissimo patrimonio immobiliare, spesso inutilizzato anche quando utilizzabile con interventi di ristrutturazione e di adeguamento degli impianti. Non ci possiamo nascondere in proposito che gli uffici pubblici locati da banche e assicurazioni costituiscono per quegli enti una entrata importante per i rispettivi bilanci.

Faccio un esempio banale per far capire il senso politico della copertura delle nuove spese. Supponiamo che il Comune di Roma abbia bisogno di nuove risorse per sostenere alcune spese e decida di ridurre o eliminare, per un certo periodo, l’attività di cura del ricco patrimonio arboreo della Città evitando la potatura degli alberi d’alto fusto dei parchi e di quelli che ornano le nostre strade. Si può fare certamente, ma i tecnici inevitabilmente faranno notare al Sindaco e all’Assessore competente che, in assenza della potatura degli alberi, qualcuno di questi cadrà su un’automobile o su un cittadino ignaro con conseguenze costose sul bilancio del Comune e negative per l’immagine della Città. Ed è probabile che il ritardo della potatura degli alberi potrebbe farne ammalare molti che dovranno essere sostituiti. Dunque nuove spese. Questo per far capire che tutto è concatenato, tutto si può fare ma occorre che la politica si addossi la responsabilità della scelta e non dica che è colpa dei tecnici del Tesoro o della Ragioneria generale dello Stato se tarda la definizione della copertura di un decreto urgente perché in realtà è la politica che non dà le necessarie indicazioni.

Da ultimo vorrei far notare che non ogni spesa ridotta può sopperire alle nuove esigenze. Regole consolidate, presidiate dalla Corte costituzionale dalla Corte dei conti dicono che le spese eliminate per assicurare le coperture devono avere la stessa natura delle nuove, che non si possono coprire spese correnti con riduzione di spese di investimento o spese permanenti o pluriennali cancellando spese occasionali o di durata limitata nel tempo.

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