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Convocazione tramite Pec del consiglio comunale solo con largo anticipo

 20/11/2018 

Stando a quanto dichiarato dal Consiglio di Stato (sentenza n 6042/2018) e il Tar della Campania (sentenza n 6129/2018) la convocazione del consiglio comunale può avvenire tramite Pec, ma l’invio non deve coinvolgere il solo consigliere, perché tra la ricezione dell’avviso e il giorno della seduta deve intercorrere un ragionevole lasso di tempo.
Il Tar della Campania si è trovato a respingere il ricorso per l’annullamento di una deliberazione tramite cui il consiglio di un comune locale aveva approvato il rendiconto di gestione: il servizio comunale è stato ritenuto legittimato dalle comunicazioni e le convocazioni avvenute tramite Pec, perché a ciascuno di essi era stata fornita un’apposita casella di posta certificata da parte dell’amministrazione. Stando ai giudici, l’assegnazione della casella di posta ha determinato da parte dei destinatari una presunzione di conoscenza, quando la regolare trasmissione risulti attestata dalla ricevuta di accettazione. Avendo caselle Pec assegnate dal comune, in grado di conservare la propria validità nelle successive consiliature a cui i destinatari sono rieletti (poiché non è prevista un obbligo di riassegnazione), la quinta sezione del Consiglio di Stata ha confermato e respinto l’appello.
La trasmissione del documento informatico per via telematica è di pari valore della notifica per mezzo posta, anzi, è proprio l’inoltro tramite Pec a garantirne l’assoluta affidabilità, tanto per l’indirizzo del mittente e del destinatario, quanto per l’avvenuto recapito del messaggio e il contenuto della comunicazione. Il tutto affermato dall’articolo 48 del Cad. Invalidata anche l’obiezione che le caselle a cui sono state partite le comunicazioni appartengono al dominio del Comune di cui il sindaco è amministratore, perché quest’ultimo non è a conoscenza delle varie password e non può quindi controllarle.
Un consigliere comunale ha fatto ricorso impugnato alcune delibere, denunciando di essere venuto a conoscenza della comunicazione solo in via formale, senza la possibilità di prendere visione degli atti costituenti i punti all’ordine del giorno. Il Tar Campania ha obiettato che l’avviso di convocazione doveva essere recapitato per mezzo di messo comunale, e rendendo gli atti disponibili presso la sede comunale non è sufficiente a riparare al danno alle proprie prerogative. L’avviso di comunicazione è uno strumento necessario al fine di regolare il corretto funzionamento dell’organo consiliare, perché permette ai consiglieri tanto di essere informati delle riunioni quanto di potervi partecipare attivamente, come da base della considerazione dei giudici (con la sentenza 6129). Per questo il solo invio dell’avviso al consigliere non può essere ritenuto sufficiente; ci deve essere la certezza che tra il ricevimento dell’avviso da parte di questo e il momento in cui è stata stabilita l’attività della seduta consiliare, sia disponibile un ragionevole lasso di tempo affinché il mandato consiliare si possa svolgere in modo completo e consapevole.
Nel caso in oggetto, la comunicazione era giunta al padre del consigliere e non al suo domicilio di residenza, e il dipendente pubblico non aveva delegato il genitore al ritiro dell’avviso, quindi si è stabilita la modalità di consegna non garante ed idonea a una corretta comunicazione. Di conseguenza, le delibere stabilite dal consiglio in quell’assemblea sono state annullate. La partecipazione all’ultimo del consigliere non basta a sanare l’irregolarità, come deciso dal Tar, perché quest’ultimo si è presentato solo per richiedere il rinvio e poter avere il tempo di studiare la documentazione e poter partecipare così in modo informato all’assemblea.
Articolo di Massimo Chiappa

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