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Quando il Sindaco può disporre l’abbattimento immediato di capi di bestiame

Illegittima la misura dello stamping out in assenza dei presupposti voluti dalla normativa europea e nazionale.

Il Sindaco di un Comune campano adottava un’ordinanza contingibile e urgente con la quale ingiungeva l’abbattimento senza indennizzo, entro 72 ore, di n. 2 suini presenti in un allevamento locale, risultati privi di certificazione identificativa di origine e di destinazione, affetti da malattia vescicolare.

Il titolare dell’allevamento insorgeva contro l’ordinanza lamentando la contestata misura dell’abbattimento dei capi di bestiame, in quando ingiunta immotivatamente, in assenza dei presupposti di emergenza sanitaria o di igiene pubblica, e peraltro affetta da incompetenza atteso che l’ordine sarebbe dovuto essere adottato non dal Sindaco ma dall’ASL.

Il TAR Campania (Salerno) accoglieva il ricorso con sentenza 8 novembre 2018 n. 1606.

La misura restrittiva massima, costituita dalla macellazione degli animali presenti in azienda (c.d. stamping out), è prevista nell’allegato II della direttiva 1992/119/CE (destinata dall’art. 270, comma 2, del regolamento UE n. 429/2016), attuata col D.P.R. n. 362/1996, solo all’esito della “conferma” della malattia vescicolare, a sua volta subordinata a specifiche condizioni oggetto di verifica, da svolgersi in concreto.

Secondo detta normativa, in particolare, la malattia è confermata, anche senza gli appositi esami di laboratorio, solo in tassative ipotesi (se all’interno delle aziende sia stato isolato il virus nell’organismo dei suini o nell’ambiente, ovvero siano presenti suini sieropositivi al test e/o con lesioni caratteristiche della malattia, ovvero siano presenti suini con sintomi clinici o sieropositivi, purché esista un legame epidemologico diretto con un focolaio confermato, oppure in altri allevamenti in cui siano stati individuati suini sieropositivi).

Nel caso in esame è risultato, nel corso dell’istruttoria, che i capi di bestiame erano solo sieroposivi ed il provvedimento era stato emanato sulla base di una mera ipotesi di inosservanza formale delle misure di biosicurezza.

In tale  contesto, l’ordine di macellazione di tutti i capi indistintamente, diramato dal Sindaco in relazione alla mera ipotesi di inosservanza delle predette misure di biosicurezza, non trovava alcun aggancio specifico nelle norme eurounitarie e nazionali.

Infatti, in un contesto regionale in cui la malattia in questione risulta debellata, la più grave misura della soppressione di tutti gli animali presenti nelle aziende in ipotesi non già di accertate infezioni, ma di violazioni formali in materia di identificazione e/o certificazione dei capi di bestiame, si presenta, dunque, incoerente rispetto alla cornice normativa di riferimento ed ai canoni di proporzionalità ad essa immanenti, volti ad assicurare il necessario equilibrio tra gli obiettivi generali di tutela della salute e del mercato e gli interessi patrimoniali degli allevatori, sacrificabili in nome dei primi.

Secondo il Collegio non vale a menomare il proprio convincimento la circostanza che la sanzione dell’abbattimento fosse contemplata da una disposizione regionale anche per l’ipotesi di suini privi di identificativi e/o certificazione che ne attesti la provenienza, in quanto una tale disposizione di rango subprimario o regolamentare va disapplicata dal giudice amministrativo, alla stregua di un consolidato orientamento giurisprudenziale, nonché in omaggio al principio di gerarchia delle fonti, in quanto confliggente con le norme euronitarie e statali di rango primario e subprimario; cosicché è con esclusivo riguardo al parametro di giudizio da queste ultime fornito che il provvedimento impugnato è stato sindacato e, quindi, reputato in concreto illegittimo, in quanto disponente una misura esulante dalla tipizzazione operata dalle norme anzidette e sproporzionata rispetto agli obiettivi dalle medesime perseguiti.

Rodolfo Murra

(14 novembre 2018)

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