09/11/2018 – Danno erariale per provvedimento disciplinare illegittimo perché privo di motivazioni

Danno erariale per provvedimento disciplinare illegittimo perché privo di motivazioni

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

Una dipendente di un ente locale aveva postato sul proprio profilo Facebook un’informazione riguardante l’Amministrazione ed il Servizio affari generali, senza astersi dall’esprimere un commento personale ritenuto lesivo per l’immagine dell’ente. La commissione di disciplina procedeva all’emissione di un provvedimento disciplinare sanzionatorio consistente in un “richiamo scritto”. A fronte del citato provvedimento ricorreva la dipendente innanzi al giudice del lavoro che con propria sentenza dichiarava illegittima la sanzione disciplinare ed annullava il provvedimento emesso dalla commissione di disciplina, con condanna dell’ente alla refusione delle spese di giustizia. Il Procuratore contabile rinviava a giudizio per colpa grava la commissione di disciplina per la refusione del danno causato alle finanze dell’ente locale. Dei tre componenti, due corrispondevano il quantum deciso dal PM mentre il terzo resisteva in giudizio.

La conferma del danno erariale

Il Collegio contabile ha confermato in modo pieno il danno erariale rilevato dal PM partendo proprio dalle motivazioni contenute nella sentenza del giudice del lavoro che aveva qualificato il provvedimento disciplinare, adottato dalla commissione nei confronti della dipendente, asfittico. Rilevano i giudici contabili come, il provvedimento disciplinare rappresenti una mezzo di correzione offerto dall’ordinamento per reprimere comportamenti non corretti da parte dei dipendenti e, pertanto, lo stesso deve essere applicato nei caso espressamente previsti di violazione della normativa contrattuale, del codice di comportamento o per violazione di legge da parte dei dipendenti. Proprio in merito al codice di comportamento, ben può l’ente sanzionare comportamenti che si riferiscano alla violazione del codice di comportamento dei dipendenti pubblici, ma lo stesso avrebbe dovuto essere verificato nel caso concreto oggetto di procedimento disciplinare. In particolare, la commissione di disciplina non ha colto nel segno quando ha sanzionato la dipendente per le frasi lesive del prestigio dell’Amministrazione di appartenenza, non avendo specificato nulla nel provvedimento disciplinare in che modo le citate frasi della dipendente avessero danneggiato l’ente. Tale carenza provvedimentale, secondo il Collegio contabile, è da ritenersi di elevata gravità, anche in considerazione della ormai copiosa giurisprudenza formatasi in sede di giurisdizione di merito, sia in sede di giurisdizione civile che amministrativa, dove è richiesto ai dipendenti pubblici di motivare adeguatamente il provvedimento emanato al fine di mostrare in modo corretto l’iter logico seguito e la violazione riscontrata rispetto al paradigma contrattuale o legale che si presume violato.

Il membro della commissione di disciplina rimasto convento nel giudizio deve essere, pertanto, condannato alla refusione delle spese legali inutilmente sopportate dall’ente per la quota di propria competenza, avendo gli altri due membri della commissione accettato il pagamento del danno erariale loro imputato.

Corte dei Conti Toscana Sez. giurisdiz., Sent., 15 ottobre 2018, n. 241

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