07/06/2018 – La responsabilità precontrattuale della P.A. nei procedimenti di evidenza pubblica

La responsabilità precontrattuale della P.A. nei procedimenti di evidenza pubblica

di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics

 

Il Consiglio di Stato, adito in tema di project financing affronta, nella sentenza in esame, numerose questioni di diritto. Tra queste l’importante tema della responsabilità precontrattuale della P.A. avuto riguardo all’insegnamento facente capo al Cons. di Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2018, n. 5 secondo cui: «Anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza.

Nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento.

La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede.

Affinché nasca la responsabilità dell’amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose), ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti: a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione».

Orbene, secondo tale autorevole arresto, nei procedimenti di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, in capo alla P.A., anche “prima e a prescindere” dall’aggiudicazione; è così possibile configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto anche a fronte di singoli provvedimenti legittimi.

Tale responsabilità si pone dunque in funzione di un comportamento illecito e non già relazione all’illegittimità provvedimentale.

Si segna, in tal modo, la netta differenza tra l’ipotesi della responsabilità da mancata aggiudicazione, da una parte, e la culpa in contrahendo dell’Amministrazione, dall’altra.

Quest’ultima, nelle procedure ad evidenza pubblica rappresenta una fattispecie in cui l’elemento soggettivo assume una sua specifica rilevanza, in correlazione con l’elemento strutturale dell’affidamento incolpevole del privato in ordine alla positiva conclusione del procedimento.

Si è chiarito in giurisprudenza che: «la responsabilità precontrattuale rappresenta quella forma di soggezione alle conseguenze sancite dall’art. 1337 c.c. (oltre che del successivo art. 1338 c.c.) per condotte contrarie ai canoni di buona fede e correttezza (quest’ultima prevista dall’art. 1175 c.c.) nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, che la più recente evoluzione giurisprudenziale ha ritenuto applicabile anche all’attività contrattuale dell’amministrazione svolta secondo i modelli autoritativi dell’evidenza pubblica e che prescinde dall’accertamento di un’illegittimità provvedimentale e anche dalla prova dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante (…).

A differenza della responsabilità da mancata aggiudicazione, la culpa in contrahendo dell’amministrazione nelle procedure ad evidenza pubblica di affidamento di contratti costituisce fattispecie nella quale l’elemento soggettivo assume una sua specifica rilevanza, in correlazione con l’ulteriore elemento strutturale del contrapposto affidamento incolpevole del privato in ordine alla positiva conclusione delle trattative prenegoziali.

Infatti, i presupposti della responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione consistono nell’affidamento ingenerato dal comportamento della stazione appaltante su tale esito positivo e nell’assenza di una giusta causa per l’inattesa interruzione delle trattative (ibidem).

Affinché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale è necessario che:

i) le trattative siano giunte ad uno stadio avanzato ed idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto;

ii) la controparte pubblica, cui si addebita la responsabilità, le abbia interrotte senza un giustificato motivo e infine

iii) pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.» (Cons. di Stato, Sez. V, 8 novembre 2017, n. 5146).

Ed ancora: «costituisce violazione della buona fede il c.d. recesso ingiustificato, che si configura quando chi ha creato nella controparte un legittimo affidamento in ordine alla conclusione del contrato recede, anche incolpevolmente, provocando un danno.

Integra gli estremi della responsabilità precontrattuale altresì la situazione in cui una parte, conoscendo o dovendo conoscere la esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra, che confidava nella sua validità (art. 1338 c.c.).

Altra ipotesi in cui si ravvisa fattispecie di responsabilità precontrattuale (…) è quella in cui incorre la stazione appaltante che, indetta la gara e avvedutasi successivamente di motivi negativi (sopravvenuta carenza di fondi) prosegua nella gestione della procedura senza informare i partecipanti, per poi revocare l’aggiudicazione» (Cons. di Stato, Sez. IV, 20 febbraio 2014, n. 790).

Con riguardo, poi, alla quantificazione del danno risarcibile, è costante l’orientamento per cui in caso di responsabilità precontrattuale spetta il solo interesse negativo, essendosi verificata la lesione dell’interesse giuridico al corretto svolgimento delle trattative (non alla lesione del contratto); il danno risarcibile è quindi unicamente quello consistente nella perdita derivata dall’aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (interesse negativo).

La differenza in negativo del patrimonio attiene all’interesse a non essere coinvolti in trattative inutili e dispendiose, non già all’interesse alla positiva esecuzione dei doveri contrattuali.

Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa dopo la “legittima” revoca dell’aggiudicazione può residuare lo spazio per il risarcimento dei danni precontrattuali conseguenti alla lesione dell’affidamento ingenerato nell’impresa vittoriosa in seno alla procedura di evidenza pubblica poi rimossa (Cons. di Stato, Ad. Plen., n. 6 del 2005).

Affinché sussista una tale responsabilità precontrattuale occorre, da un lato, che il comportamento tenuto dalla P.A. risulti contrastante con le regole di correttezza e di buona fede di cui all’art. 1337 c.c.; dall’altro, che lo stesso comportamento abbia ingenerato un danno del quale venga chiesto il ristoro.

Il risarcimento riguarda il solo interesse negativo (spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto e perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali), mentre non è risarcibile il mancato utile relativo alla specifica gara d’appalto revocata (né meritano, risarcimento l’interesse all’esecuzione dell’appalto e/o il cd. danno curriculare).

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto