18/01/2018 – Il diritto al rimborso delle spese legali del dipendente pubblico prescinde dalla formula assolutoria

Il diritto al rimborso delle spese legali del dipendente pubblico prescinde dalla formula assolutoria

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

 

A seguito del parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato il Ministero dell’Interno denegava il rimborso delle spese legali, nonostante l’assoluzione del dipendete pubblico in sede penale, in considerazione del rilievo che «il tenore della parte motiva della sentenza, che a sua volta esprime le valutazioni espresse dai giudici, non consente di ritenere esclusa la responsabilità degli imputati», in particolare dall’esame del quadro probatorio appare legittimo il dubbio sulla sussistenza della condotta, dell’evento e del nesso di causalità così come contestati dall’ufficio requirente, sottolineando come il Tribunale sia pervenuto alla pronunzia di assoluzione permanendo il dubbio sulla sussistenza della condotta illecita dell’imputato. In questo modo viene meno il presupposto imprescindibile per il rimborso delle spese legali reclamate dal dipendente.

Avverso la citata decisione, ricorreva il dipendente pubblico innanzi al TAR che ne rigettava il ricorso a fronte delle seguenti motivazioni: a) si era in presenza di un’assoluzione con formula dubitativa ai sensi dell’art. 530 comma 2, c.p.p., non inidonea ad escludere profili di responsabilità del dipendente, non vigendo nell’ambito del procedimento amministrativo il principio penalistico del favor rei; b) la vicenda che dava origine al procedimento penale, non appariva riconducibile allo svolgimento di obblighi istituzionali quanto piuttosto come mera occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa.

Avverso le decisioni del TAR ricorre il dipendente in Consiglio di Stato reiterando la richiesta di rimborso delle spese legali sostenute nel processo penale che lo ha visto definitivamente assolto, da cui discenderebbe l’obbligo da parte della PA del ristoro di natura indennitaria in relazione al depauperamento del patrimonio del pubblico dipendente che ha sofferto il giudizio.

Le motivazioni dei giudici di Palazzo Spada

Secondo il Collegio amministrativo di Appello le disposizioni legislative consentono il rimborso delle spese legali al dipendente pubblico “… in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità …”(art. 18D.L. n. 67 del 1997). Stante l’indicazione disposta dalla citata normativa, in presenza di una sentenza che escluda la responsabilità del dipendente, non esisterebbe alcuna differenza circa l’utilizzazione o meno della formula di cui al comma 2 dell’art. 530 del codice di procedura penale. Infatti, nella pluralità di formule assolutorie di cui all’art. 530 c.p., danno diritto al rimborso delle spese solo quelle che consentono di dire accertata – secondo il sistema processuale penale – l’assenza di responsabilità rispetto ad atti e fatti connessi, senza tuttavia alcuna distinzione, all’interno di queste, tra i casi di “formula piena” e quelli in cui manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova (art. 530, comma 2, c.p.p.). La stessa Adunanza Generale, nella decisione n. 20/2013, ha chiarito che l’art. 18, comma 1, D.L. 25 marzo 1997, n. 67, con l’espressione «sentenza o provvedimento che escluda la responsabilità», ha statuito che la responsabilità è esclusa da qualunque sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 530 c.p.p., anche quella che si avvalga della cosiddetta formula dubitativa. Da ciò ne discende come non residui, in capo all’Amministrazione, un’area di discrezionalità che le consenta di sovrapporsi e sostituirsi a quella effettuata dal giudice penale (cfr. Cons. di Stato, Sez. I, n. 1778 del 2013).

Sciolto il problema della responsabilità secondo il profilo assolutorio, resta da esaminare la parte della sentenza del TAR che ne ha subordinato il rimborso all’esistenza di una connessione tra i fatti e gli atti oggetto del giudizio e l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali. Secondo i giudici di palazzo Spada la ripartizione effettuata dal TAR è più apparente che reale. Infatti, la disposizione unisce strettamente le due angolazioni processuali nella necessità della connessione dei fatti e degli atti compiuti dal dipendente pubblico con l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali; connessione che deve sussistere sia al momento dell’avvio del processo, sia al momento della decisione, così che l’esclusione con sentenza definitiva della responsabilità del dipendente non può che essere per “quei” fatti e “quegli” atti connessi con l’espletamento del servizio e l’assolvimento degli obblighi istituzionali. In altri termini, la connessione richiamata dall’art. 18 “connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali” fa sì che ha diritto al rimborso delle spese legali solo chi, imputato per atto connesso alla funzione pubblicata esercitata, sia stato assolto per essere stata esclusa la sua responsabilità rispetto a quell’atto specificamente addebitatogli in ragione di tale connessione. Nel caso di specie, il giudice penale ha ritenuto non provata la sussistenza del fatto reato, ma non la sua astratta riconducibilità all’attività svolta dal ricorrente, inibendo alla PA una sua possibile “riedizione” della valutazione in sede amministrativa al fine di disporre il rimborso delle spese legali.

Sulla base delle sopra indicate motivazioni l’appello deve essere accolto con obbligo da parte della PA di procedere al rimborso delle spese legali sopportate dal dipendente nel citato procedimento penale che lo ha visto assolto.

Le indicazioni dei giudici contabili

Nonostante la chiarezza della posizione assunta dal Consesso amministrativo, la magistratura contabile continua ad operare una distinzione tra le diverse formule assolutorie disciplinate dall’art. 530 del c.p.p. . La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna, nella deliberazione 24 ottobre 2017, n. 158 ha avuto modo di precisare, in fase di controllo di attività del rimborso delle spese legali disposte da un Comune, che qualora il dipendente abbia richiesto del rimborso delle spese sostenute, a fronte dell’assoluzione in sede penale ai sensi del comma 2, dell’art. 530, del c.p.p., che ricorre qualora “manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile“, occorrerà altresì verificare l’assenza del conflitto d’interessi con l’ente pubblico. In questo caso, sarà pertanto onere dell’ente, prima di rimborsare le spese legali, effettuare un accertamento interno che, qualora venga aperto un fascicolo disciplinare, sarà coincidente con le risultanze di quest’ultimo.

Cons. di Stato, Sez. III, 29 dicembre 2017, n. 6194

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