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La motivazione è motivazione: le impossibili distinzioni delle Linee Guida 4 dell’Anac

 
 
Gli affidamenti “diretti” sono da motivare o non sono da motivare? Sulla questione della motivazione si è già scritto, concludendo necessariamente che, sì, la motivazione occorre, sempre.

Il fatto che il “correttivo” del codice dei contratti abbia eliminato dall’articolo 36, comma 2, lettera a), il riferimento all’adeguata motivazione non può affatto portare a concludere che l’affidamento diretto ne possa essere privo.
La motivazione è il limite espresso all’esercizio della discrezionalità amministrativa, consistente nella possibilità di scegliere quello più opportuno (sotto vari aspetti) tra tanti provvedimenti legittimi. L’articolo 97, comma 2, della Costituzione e l’articolo 3, comma 1, della legge 241/1990 impongono che ogni provvedimento amministrativo sia motivato, proprio per evidenziare il percorso logico, oltre che tecnico e giuridico, sulla base del quale si è esercitata la discrezionalità.
Per altro, proprio l’articolo 30, comma 8, del d.lgs 50/2016 dispone che “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241”: sicchè, anche se l’articolo 36, comma 2, lettera a), del codice ora non contenga più il riferimento alla motivazione, per espressa previsione del codice in ogni caso l’articolo 3, comma 1, della legge 241/1990 è da applicare e quindi la motivazione è necessaria. Ogni argomentazione in contrario non ha alcun peso né valore.
L’affidamento diretto, dunque, non è tale perché immotivato e quindi fiduciario o arbitrario. E’ “diretto” perché non consegue ad una procedura definita, ma può scaturire da una modalità molto più agile, come la consultazione di preventivi on line (tale è, in fondo, l’ordine diretto di acquisto nel Me.Pa.), la richiesta anche telefonica o per vie brevi di più di un preventivo, da mettere a confronto sulla base di parametri predefiniti (costo, tempi, garanzie, manutenzioni, per esempio), con opportuna registrazione e conservazione delle relazioni intercorse con i privati.
In effetti, consultando più di un operatore economico, il confronto tra le proposte di ciascuno dal quale emerga la maggiore convenienza di una rispetto all’altra, pur non dando luogo a nessuna gara (e quindi, senza avvisi pubblici, senza termini, senza commissioni, eccetera) consente agevolmente di spiegare le ragioni della scelta di un operatore invece di un altro: in una parola di motivare la scelta.
Ora, le Linee Guida 4 si soffermano sul problema della motivazione non solo in ordine alle modalità di scelta del contraente, ma in aggiunta anche per il problema del rispetto del principio di rotazione.
Finalmente, le Linee Guida in argomento affermano quel che è da sempre apparso logico: il principio di rotazione si applica in modo rigoroso solo qualora il contraente uscente fosse stato selezionato senza procedure aperte alla concorrenza: sia procedure ordinarie, sia anche procedure “semplificate” ai sensi dell’articolo 36, ma precedute da avvisi pubblici che non abbiano limitato il numero dei soggetti cui si consenta di partecipare alla fase di negoziazione.
Pertanto, la rotazione opera pienamente solo quando il contraente uscente sia stato individuato sulla base di procedure che presuppongano una chiusura del mercato: come appunto l’invito a poche ditte a presentare preventivi, la consultazione di listini o anche la selezione da albi.
Le Linee Guida 4 al punto 3.7, indicano quanto segue: “Fermo restando quanto previsto al paragrafo 3.6, secondo periodo, il rispetto del principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti fa sì che l’affidamento o il reinvito al contraente uscente abbiano carattere eccezionale e richiedano un onere motivazionale più stringente. La stazione appaltante motiva tale scelta in considerazione della particolare struttura del mercato e della riscontrata effettiva assenza di alternative, tenuto altresì conto del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) e della competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento. La motivazione circa l’affidamento o il reinvito al candidato invitato alla precedente procedura selettiva, e non affidatario, deve tenere conto dell’aspettativa, desunta da precedenti rapporti contrattuali o da altre ragionevoli circostanze, circa l’affidabilità dell’operatore economico e l’idoneità a fornire prestazioni coerenti con il livello economico e qualitativo atteso. Negli affidamenti di importo inferiore a 1.000 euro, è consentito derogare all’applicazione del presente paragrafo, con scelta, sinteticamente motivata, contenuta nella determinazione a contrarre od in atto equivalente”.
In estrema sintesi, fuori dai casi nei quali la rotazione di fatto non è applicabile, qualora quindi si intenda aprire all’ipotesi di negoziare anche col contraente uscente, secondo l’Anac si introducono di fatto tre ipotesi di motivazione:
1.      la motivazione diciamo normale;
2.      quella “stringente”;
3.      quella sintetica (consentita alla deroga alla rotazione per affidamenti di importi inferiori ai 1.000 euro).
Ma, questa distinzione non persuade e non è da reputare corretta. Ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 241/1990 “La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”. Esiste, cioè, solo un tipo di motivazione, la quale deve sempre e comunque spiegare da quali presupposti di fatto e diritto si parte per decidere, quali norme giuridiche hanno sorretto l’istruttoria e, di conseguenza, portato a decidere.
La legge sul procedimento amministrativo non distingue una motivazione non stringente da una “più stringente”, né consente una motivazione “sintetica”. Ogni motivazione deve necessariamente disporre degli elementi essenziali imposti dall’articolo 3, comma 1, citato prima.
Detto in termini molto semplici, la motivazione è la motivazione: non può essere qualificata da aggettivi (stringente, sintetica) perché è un elemento tipicizzato.
La motivazione, infatti, per la giurisprudenza e la dottrina dominanti esiste, oppure è falsa, oppure non esiste.
E’ falsa, o apparente, quando la motivazione in realtà non spiega il processo logico giuridico in base al quale si effettua la scelta, ma si limita a ripetere formulazioni astratte già fissate dalla legge. Per fermarsi al caso di specie, risulterebbe falsa o apparente una motivazione di questo genere: ritenuto che il principio di rotazione è rispettato in quanto l’affidamento precedente e quello attuale, non hanno ad oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, ovvero nella stessa categoria di opere, ovvero ancora nello stesso settore di servizi. Tale motivazione sarebbe una mera ripetizione delle previsioni del punto 3.6 delle Linee Guida 4, senza però la dimostrazione di quanto affermato.
Una motivazione è assente, invece, quando manchi del tutto nel provvedimento ogni sia pur minimo spazio ad una spiegazione della decisione.
La motivazione è, invece, sussistente nel momento in cui trovi il suo spazio nel provvedimento e non si limiti a ripetere formule generiche, ma spieghi il processo logico. Ad esempio:  poiché il precedente affidamento della medesima prestazione di servizi _______ è stato effettuato mediante procedura con avviso pubblico di manifestazione di interesse pubblicato sul profilo di committente e sul quotidiano _____, senza alcuna predeterminazione degli operatori da invitare e limitazione alla partecipazione, il principio di rotazione non si applica, come indicato dalle Linee Guida 4, paragrafo 3.6.”.
Una simile valutazione esiste o non esiste. Può essere forse più o meno ampia e scritta in modo più o meno lineare e comprensibile.
Ma, una motivazione “più stringente” semplicemente non può essere considerata come categoria giuridica.
Infatti, se si ammettesse un giudizio sulla maggiore o minore capacità della motivazione di essere stringente, si introdurrebbe la possibilità di giudicare il provvedimento amministrativo in base al merito e non al rispetto dei canoni di legittimità. Ma, il giudice amministrativo, con riferimento alla motivazione, scartata l’ipotesi che essa sia inesistente o falsa, preso atto che esista, non ha la possibilità di pesare quanto sia stringente: la presenza della motivazione, avente i requisiti indicati dall’articolo 3, comma 1, della legge 241/1990, rende il provvedimento esente dal vizio di violazione di legge o eccesso di potere per vizi della motivazione.
Un’attenzione a “quanto” la motivazione possa risultare “stringente” allora potrebbe aversi in un controllo che si estenda anche al merito. Potrebbe essere qualcosa di utile, ma simili controlli di merito non risulta esistano, come non esistono nemmeno autorità competenti a queste incombenze.
Il fatto è che le Linee Guida 4 impropriamente parlano di “oneri motivazionali più stringenti”. In realtà esse stabiliscono un contenuto tipico della motivazione, allorchè l’ente intenda consentire di partecipare ad una procedura semplificata tanto il precedente affidatario, quanto coloro che furono invitati in precedenza, richiedendo che la motivazione, oltre alle indicazioni previste dall’articolo 3, comma 1, della legge 241/1990, specifichi:
–                          la particolare struttura del mercato, da comprovare che sia così ristretto da portare a riscontrare l’effettiva assenza di alternative agli operatori economici da invitare;
–                          il grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti)
–                          la competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento;
–                          il grado dell’aspettativa, desunta da precedenti rapporti contrattuali o da altre ragionevoli circostanze, circa l’affidabilità dell’operatore economico e l’idoneità a fornire prestazioni coerenti con il livello economico e qualitativo atteso.
Che questi possano essere parametri utili per guidare la scelta di richiamare in causa precedente affidatario e pregressi operatori economici già coinvolti è innegabile. Tuttavia, le Linee Guida 4 da questo punto di vista ripropongono il problema della collocazione nelle fonti: può un atto amministrativo incidere su una legge generale e di fatto modificare l’assetto delle regole sulla motivazione, introducendo un contenuto tipico che di “stringente” in realtà ha poco, poiché si tratta di elencare un contenuto obbligatorio della motivazione? O simile compito deve considerarsi riservato alla legge? Soprattutto: chi può legittimamente evidenziare l’eventuale carenza di questi elementi motivazionali (in presenza magari di altri, congrui comunque ai fini del provvedimento adottato), visto che il giudice amministrativo, per considerarli ai fini dell’esercizio della propria giurisdizione, dovrebbe sentirsi a sua volta vincolato, come la PA procedente, alle indicazioni dell’Anac)? Ma, il giudice non può che essere soggetto alla sola legge.
Infine, la motivazione “sintetica”. Che significa “sintetica”? Che essa possa non disporre dei requisiti minimi imposti dalla legge 241/1990? Ovviamente la risposta è negativa: in questi termini, nessuna motivazione può essere sintetica.
Forse, nel caso di prestazione di valore davvero modico, sarebbe stato il caso di affermare espressamente che la motivazione è proprio ed esclusivamente nel valore stesso: il tetto dei 1.000 euro giustificano una scelta diretta, senza confronti, senza listini, senza null’altro che l’acquisizione stessa. Perché, appunto, come si è detto prima: la motivazione è motivazione. O c’è, e allora non può essere né sintetica né mutevolmente stringente; o non c’è. Se per i 1.000 euro non ve n’è necessità, occorre semplicemente affermare che non occorre alcuna motivazione: la motivazione “sintetica” è un sistema ambiguo per affermare che la motivazione in quel caso non è necessaria, un modo autoconsolante per negare la motivazione ma ammetterla, non volendo accettare che per limitati valori costa molto di più l’irregimentazione dell’azione amministrativa in procedure e carte da produrre.
 
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