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Le disfunzioni degli acquisti tramite Consip e in generale

 
 
 
Se qualcuno aveva il dubbio che il sistema delle centrali di committenza e, in particolare, la Consip non sia realmente in grado di far acquisire risparmi concreti alla pubblica amministrazione (sul punto, si veda qui), è lo stesso Ministero delle finanze a fornire la conferma.
Su Il Giornale dell’8 ottobre 2017 è pubblicato l’articolo a firma Antonio Signorini “Il carrozzone Consip ci fa risparmiare solo il 5% delle spese”, che dà conto dell’Indagine sugli acquisti del 2016 da parte della Consip elaborata dal Mef nei giorni scorsi.

L’articolo sottolinea: “Per il momento (sono disponibili solo i dati di tre categorie merceologiche sulle 25 che arriveranno a indagine conclusa) il principale risultato ottenuto da Consip l’anno scorso, è uno sconto sull’acquisto dei computer portatili del 5,58% rispetto quelli fatti dalle singole amministrazioni, centrali e locali. In sostanza, la centrale e il MePa (il mercato online dal quale acquistano gli uffici pubblici) hanno spuntato un micro sconto rispetto agli acquisti fatti direttamente dai funzionari dei ministeri, delle regioni e dei comuni. Il prezzo per «PC Portatili 14 bassa mobilità». Iva esclusa, in convenzione, è di 509,57 euro ognuno. Fuori convenzione le singole amministrazioni hanno pagato 539,69. Lo sconto c’è, ma non regge il confronto con i computer trovati sul mercato dai privati cittadini. Dal piccolo negozio alla grande catena di elettronica, i computer di base (per file di testo, fogli di calcolo, banche dati e internet sono più che sufficienti) oggi costano dai 200 euro in su”.
Ci sarebbe poco da aggiungere. La scommessa sulle grandi economie di scala che sarebbero derivate dalla concentrazione degli acquisiti in poche centrali specializzate appare persa. Uno sconto del 5%, che è solo potenziale, sugli acquisti dei pc, mentre nel mercato privato gli stessi pc possono costare anche la metà del prezzo spuntato dalla Consip non sembra per niente un risultato lusinghiero.
Per verificare se l’impressione della scarsa utilità degli acquisti tramite Consip sia confermata, come sempre è opportuno fare riferimento a dati numerici ufficiali. E’, quindi, opportuno dare un’occhiata alla nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Def) del 2017, sempre elaborato dal Mef:
 
 
Si nota che la voce “consumi intermedi”, nella quale sono ricompresse le spese per acquisti di beni e servizi, lungi dal ridursi, come le tante spendine review e l’attivazione della Consip e degli altri soggetti aggregatori avrebbe dovuto permettere, sono in costante aumento.
Al livello macroeconomico, l’aggregazione della spesa pubblica per acquisti e servizi non viene per nulla beneficiata dal sistema dei soggetti aggregatori, per quanto non sia disponibile ovviamente una proiezione di quanto sarebbe alta la spesa senza l’operatività di tali soggetti.
Il Mef, in sostanza, fotografa una realtà che, per altro, le pubbliche amministrazioni conoscono molto bene. Oppresse da una legislazione finalizzata a privarle dell’autonomia di organizzare le acquisizioni di beni e servizi, che nel contempo le costringe a forme di convenzionamento estremamente complicate e caratterizzate dall’iperburocrazia, senza per altro essere esentare dall’altro Moloch della programmazione e della paradossale e bizantina procedura di spesa imposta dalla cosiddetta “armonizzazione” dei bilanci, in particolare le autonomie locali sanno perfettamente quanto poco efficiente ed efficace sia l’utilizzo della Consip o di similari strumenti.
Il mercato creato dai soggetti aggregatori è parallelo a quello reale. Ed è molto più caro. Esempio eclatante: i carburanti. Non solo le convenzioni Consip propongono costi di gran lunga superiori a quelli che si potrebbero ottenere con singole specifiche procedure al livello locale, ma, soprattutto, la rete dei distributori aderenti, come è stato comprovato a più riprese, è totalmente inefficiente. I comuni per rifornire i propri automezzi sono spesso costretti a percorrere chilometri per raggiungere il distributore, perdendo tempo e, soprattutto, aggiungendo al costo fuori mercato della Consip, l’ulteriore costo del carburante sprecato nelle transumanze dalle sedi ai distributori.
Ma, torniamo ai pc di base. Il magro 5% di risparmio (che, si ribadisce, è solo potenziale) conseguito dalla Consip è ancor più ben poca cosa se davvero si intendessero conseguire obiettivi di semplificazione operativa e riduzione della spesa, connessi alla presenza di uno o più grandi acquirenti pubblici nel mercato.
Nessuno mette in dubbio l’utilità della presenza di simili soggetti, perché è dimostrabile che l’aggregazione di acquisti comunque può favorire la riduzione dei prezzi.
Tuttavia, l’impostazione dirigistica derivante dall’idea maturata dall’allora commissario alla spendine review Carlo Cottarelli, oltre a cozzare non poco con le concezioni liberiste che, pure, vengono costantemente sbandierate, si rivela ben poco efficiente.
I risparmi sugli acquisiti non dovrebbero transitare attraverso il collo di bottiglia consistente nell’obbligo per le amministrazioni pubbliche di acquistare esclusivamente tramite i soggetti aggregatori (lo slogan della riduzione delle stazioni appaltanti da 30.000 a 30: ricordate?). Perché si finisce per creare, come rilevato sopra, un mercato pubblico parallelo, per altro per nulla esente da problemi di corruzione e condizionamento dei prezzi (l’affare Consip sull’appalto del Facility management è lì a dimostrarlo). Non solo: le aziende che concorrono nel mercato virtuale pubblico, come dimostrano i fatti, propongono prezzi che sono “di mercato” esclusivamente nel mercato pubblico, ma sono e di molto superiori a quelli del mercato “vero”.
Chiunque svolga le funzioni di acquirente tramite Consip o altri soggetti aggregatori può facilmente constatare, fermandosi ai pc, che i prezzi offerti nei mercati privati sono di gran lunga inferiori, così come, soprattutto, i tempi di consegna, a parità di garanzia della merce.
E non basta ancora. L’intero sistema delle acquisizioni tramite mercati elettronici pubblici nasconde ulteriori costi amministrativi di non poco rilievo: quelli connessi alle complesse procedure a carico delle aziende per inserirsi nei mercati e pubblicare i listini e, ovviamente, quelli connessi all’attivazione delle procedure selettive che comunque incombono sulle amministrazioni. Procedure alle quali si aggiungono quelle, davvero inefficienti, di natura contabile.
Basta fare il confronto tra l’acquisto di un pc nel MePa della Consip e su Amazon. In quest’ultimo caso, qualsiasi privato cittadino entra, individua il pc che più gli si confà, confronta i prezzi, ordina, va al carrello, paga con carta di credito e in pochissimi giorni ottiene il recapito del bene acquisito.
Nel sistema pubblico, questo è, ancora oggi, impensabile. Il codice dei contratti impone alle aziende che si inseriscono nei mercati la qualificazione soggettiva per dimostrare il possesso dei requisiti di ordine generale previsti dall’articolo 80 ed una ulteriore serie di regole operative. Il sistema contabile, inoltre, impone di rispettare sempre e comunque le fasi di spesa. Che, applicando, come obbligatorio dal prossimo bilancio, anche le regole sulla programmazione, prevedono: la programmazione di ogni acquisto superiore ai 40.000 euro; l’approvazione del bilancio di previsione; l’approvazione del piano esecutivo di gestione e l’assegnazione degli aggregati di spesa ai responsabili; la progettazione anche minuta del bene o servizio da acquisire; la verifica se si debba necessariamente avvalersi del soggetto aggregatore; la determinazione a contrattare per impegnare la spesa, specificando necessariamente l’imputazione all’anno opportuno; l’attivazione della procedura selettiva; la gestione; l’affidamento/aggiudicazione; le verifiche necessarie; la stipulazione del contratto; l’ordine; l’attesa dell’avvio della prestazione, in tempi che, occorre ammetterlo, non somigliano mai lontanamente a quelli garantite dai giganti delle vendite on line; la liquidazione ed il successivo pagamento (entro 30 giorni dalla fattura o dalla consegna, ma solo quando l’azienda ha la fortuna di contrattare con PA efficienti, in grado di pagare nei termini disposti dalla Ue).
Essendo noto tutto questo, sarebbe sicuramente molto più efficiente se i mercati elettronici oltre ad essere la sede (che dovrebbe divenire solo facoltativa) della selezione delle aziende, fossero, innanzitutto, fonde di confronto dei prezzi: qualsiasi prezzo del mercato aperto, al di fuori del sistema Consip, andrebbe considerato di per sé congruo se inferiore a quello medio o standard evidenziato dall’aggregatore pubblico. Sicchè, qualsiasi acquisto da qualsiasi fornitore sulle piattaforme private risulterebbe semplicissimo da motivare, superando i problemi burocratici imposti dall’articolo 36, comma 2, del codice dei contratti.
Se si fosse, inoltre, in grado di superare una volta e per sempre i bizantinismi delle procedure di spesa, si potrebbe anche velocizzare di moltissimo sia l’acquisizione dei beni, sia anche i pagamenti, ponendo rimedio nello stesso tempo al gravissimo problema dei ritardi cronici nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni.
Infatti, effettuata la programmazione, prevista la spesa in bilancio, affidati i capitoli alla gestione mediante il Peg, perché infierire ancora con strumenti ottocenteschi di ufficializzazione della spesa, controllo e pagamento? Perché non considerare impegnata la spesa con l’approvazione del Peg? Perché, sulla base di questo, non fare dei dirigenti o funzionari di vertice dei gestori veri, assegnando loro carte di credito, finalizzare all’acquisto anche tramite piattaforme private? Tutta la spesa effettuata sarebbe controllata più e meglio che con gli strumenti della contabilità “armonizzata”: non vi sarebbero problemi di imputazione della spesa e di tempi di pagamento. E’, per altro, evidente che in assenza di disponibilità di cassa l’operazione non potrebbe essere svolta. Il rendiconto sarebbe automaticamente prodotto dal gestore della carta, la fattura è già on line; per gli uffici finanziari effettuare le operazioni tecniche connesse risulterebbe semplicissimo.
In questo modo, si riuscirebbe, davvero con un solo piccione, a far entrare le PA nel mondo della vera digitalizzazione, del mercato, dell’efficienza. La Consip e gli altri aggregatori non creerebbero più dei mercati chiusi; gli operatori economici sarebbero portati anche entro quei mercati pubblici a far confluire i prezzi verso le medie del mercato aperto. I tempi operativi si ridurrebbero drasticamente.
Residuerebbe il problema della verifica dei requisiti in capo alle aziende che vendono sulle piattaforme private. Non è roba da poco. Lo si risolve solo nei confronti degli operatori operanti sia sulle piattaforme pubbliche, sia su quelle private. Ma, gli strumenti potrebbero essere anche altri: la creazione non di white list, bensì di black listdi operatori economici, da consultare per evitare di contrattare con chi sia stato segnalato come poco affidabile o non corretto nella gestione dei rapporti di lavoro con i dipendenti o in precedenti contratti con la PA. Insomma, il sistema reputazionale sul quale tanto insiste con l’Anac potrebbe, se ben articolato, creare il modo di arginare acquisti con imprenditori non in regola. Almeno per acquisizioni di importi di poche migliaia di euro sarebbe un viaggio nella normalità dell’efficienza. Non sembra, tuttavia, di cogliere nessun segnale di riforme realmente orientate verso questi risultati. Sicchè, la Consip e l’intero sistema dei mercati elettronici pubblici rischiano di restare solo potenzialmente strumenti utili per l’efficienza della spesa, prestandosi troppo facilmente all’epiteto “carrozzone”.
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