06/10/2017 – Presidente super partes

Il numero uno del consiglio non può essere rimosso per ragioni politiche

Presidente super partes

Revocabile solo per inadempienze istituzionali

Il presidente del consiglio comunale può essere destinatario di una mozione di sfiducia da parte dello stesso organo che presiede?

L’articolo 38, comma 2, del decreto legislativo n. 267/00 rinvia il funzionamento del consiglio comunale alla disciplina regolamentare «nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto».

In merito alla fattispecie in esame, assume particolare rilievo la modalità con cui la mozione di sfiducia, prevista dallo statuto nei confronti del presidente del consiglio, può conciliarsi con la disposizione regolamentare; questa, infatti, limita la possibilità di un voto all’espressione di «un giudizio su mozione presentata in merito ad atteggiamenti del sindaco o della giunta comunale, ovvero un giudizio sull’intero indirizzo dell’amministrazione».

Inoltre la norma regolamentare che disciplina le adunanze affida addirittura al sindaco la presidenza del consiglio e non contiene alcuna norma specifica che disciplini la sfiducia al presidente del consiglio, mentre è proprio lo statuto che prevede come meramente eventuale l’elezione di un presidente del consiglio comunale tra i propri componenti.

Nel caso di specie il consiglio ha dunque utilizzato, nonostante la mancanza di una disciplina regolamentare di dettaglio, la normativa statutaria (ritenendola sufficiente) per eleggere il presidente del consiglio; pertanto, la richiesta applicazione di ipotetiche norme regolamentari che dovrebbero obbligatoriamente disciplinare anche la revoca, appare incoerente rispetto alla pacifica accettazione della sola norma statutaria per l’elezione del presidente del consiglio.

Il decreto legislativo n. 267/00, in ogni caso, non prevede espressamente la possibilità di revoca del presidente del consiglio, tant’è che in carenza di una specifica previsione statutaria, la giurisprudenza tende ad affermarne costantemente l’illegittimità (v., tra l’altro, Tar Piemonte sez. I, 4/9/2009, n. 2248).

Ferma restando, dunque, l’applicabilità della citata disposizione statutaria che disciplina la revoca del presidente, «la giurisprudenza ha chiarito che la figura del presidente del consiglio è posta a garanzia del corretto funzionamento di detto organo e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, per cui la revoca non può essere causata che dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità e deve essere motivata, perciò, con esclusivo riferimento a tale parametro e non a un rapporto di fiducia (conforme, Tar Puglia – Lecce, sentenza n. 528/2014, Consiglio di stato, sez. V, 26 novembre 2013, n. 5605)».

Peraltro il Tar Piemonte, con la citata sentenza (richiamando anche Tar Sicilia – Catania, sez. I, 20 aprile 2007, n. 696; Tar Sicilia Catania, sez. I, 18 luglio 2006, n. 1181), ha statuito che «lo statuto comunale, tuttavia, può prevedere ipotesi e procedure di revoca del presidente del consiglio comunale, con riferimento a fattispecie che integrino comportamenti incompatibili con il ruolo istituzionale super partes che esso deve costantemente disimpegnare nell’Assemblea consiliare»

Infine, il Tar Campania – Napoli – sez. I, con decisione 3/5/2012 n. 2013, ribadendo che il ruolo del presidente del consiglio comunale è strumentale non già all’attuazione di un indirizzo politico di maggioranza, bensì al corretto funzionamento dell’organo stesso e, come tale, non solo è neutrale, ma non può restare soggetto al mutevole atteggiamento fiduciario della maggioranza, ha precisato che la revoca di detta carica non può essere attivata per motivazioni politiche, ma solo istituzionali, quali la ripetuta e ingiustificata omissione della convocazione del Consiglio o le ripetute violazioni dello statuto o dei regolamenti comunali (v. anche, Consiglio di stato, sez. V, 18/1/2006, n. 114).

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