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La motivazione negli affidamenti

Pubblicato 31 ottobre 2017

Motivazione per tutti gli affidamenti

Non può mancare in questa prospettiva l’obbligo di motivare (ex art. 3 della legge n. 241/1990) le proprie determinazioni, le scelte compiute rendendo conto del processo decisionale, dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche, motivazione (anche sintetica per gli affidamenti diretti) che deve trovare una propria coerenza con l’istruttoria, dimostrando che i criteri di scelta reggono su determinati presupposti da elencare “in chiaro” nel testo redazionale della determinazione a contrarre o dell’atto ad essa equivalente, al fine di assicurare la massima trasparenza, dando dettagliatamente conto del possesso da parte dell’operatore economico selezionato dei requisiti richiesti, della rispondenza di quanto offerto all’interesse pubblico che la stazione appaltante deve soddisfare, di eventuali caratteristiche migliorative offerte dall’affidatario, della congruità del prezzo in rapporto alla qualità della prestazione, nonché del rispetto del principio di rotazione [41].

La vis peculiare del principio di trasparenza dell’azione amministrativa comporta l’immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica l’azione amministrativa al fine di favorirne e garantirne lo svolgimento imparziale, e comprendere le scelte effettuate nel corso di tutte le fasi del procedimento selettivo di individuazione del contraente [42].

La fonte dell’obbligo di motivare copre tutti i provvedimenti amministrativi ed è diretta a realizzare la conoscibilità e in proiezione decisionale la trasparenza dell’azione amministrativa, radicando parte della propria ratio negli artt. 97 e 113 Cost., in quanto, da un lato, costituisce corollario dei principi di buon andamento e d’imparzialità della P.A. (custode dei beni pubblici), e, dall’altra, consente al destinatario del provvedimento, che ritenga lesa una propria situazione giuridica, di far valere la relativa tutela giurisdizionale [43].

Nella motivazione le stazioni appaltanti, oltre ad argomentare sul ricorrere degli elementi alla base della deroga rispetto al regime ordinario, devono dimostrare che attraverso il ricorso al minor prezzo [44] non sia stato avvantaggiato un particolare fornitore, poiché ad esempio si sono considerate come standardizzate le caratteristiche del prodotto offerto dal singolo fornitore e non dall’insieme delle imprese presenti sul mercato [45].

Si tratta di un obbligo motivazionale non pretermissibile, finalizzato a precisare i contenuti ed i termini della operata valutabilità della prestazione richiesta, con un doveroso rafforzamento dell’onere motivazionale che risulta insufficiente se con esclusivo riferimento ad una sola condizione, dimostrando che il processo decisionale deve essere coerente con i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche, mettendo in chiaro la possibilità di scrutinare la motivazione solo con un processo argomentativo trasparente [46].

Di converso, il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso risponde correttamente alla scelta del criterio più adeguato da adottare, effettuata discrezionalmente dalla stazione appaltante, in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del contratto, quando le caratteristiche della prestazione da eseguire sono già ben definite dalla stazione appaltante nel capitolato d’oneri, in cui sono previste tutte le caratteristiche e condizioni della prestazione; pertanto, il concorrente deve solo offrire un prezzo, senza operare interpretazioni ulteriori avendo tutti gli elementi occorrenti [47].

Non è trasparente la determinazione che, in violazione dell’art. 95 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (ove si privilegia il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in luogo di quello del minor prezzo), ha adottato un metodo di aggiudicazione diverso rispetto a quello normativamente definito.

Quando l’appalto si presenta ad “alta intensità di manodopera”, va osservato, quale criterio direttivo, quello secondo il quale l’aggiudicazione deve avvenire esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, escludendo, in ogni caso, l’applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta [48]: il legislatore, invertendo una posizione di parità, ha creato una vera e propria gerarchia fra i due tipici metodi di aggiudicazione di un appalto, imponendo l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio “principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione.

L’operatore economico deve competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore, nonchè a formulare un’offerta che possa validamente rappresentare la qualità delle soluzioni elaborate, e coerentemente aspirare ad essere giudicata in relazione anche a tali aspetti, oltre che sulla limitativa e limitante prospettiva dello “sconto”, sicché il “blocco normativo” assume rilievo in termine di trasparenza sia nell’ottica del corretto esercizio del potere di regolazione della gara, sia in quella dell’interesse del singolo operatore economico ad illustrare ed a far apprezzare il prodotto e la qualità della propria organizzazione e dei propri servizi, diversamente adombrati da soluzioni che non rendono conto (motivano) di questi profili di trasparenza [49].

Nell’aggiornamento alle Linee Guida n. 4, di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, al punto 4.3.3. (affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture importo inferiore a 40.000,00 euro), significativamente, per ciò che interessa, l’ANAC dispone che l’onere motivazionale relativo all’economicità dell’affidamento può essere soddisfatto:

  1. mediante un confronto con la spesa per precedenti affidamenti;
  2. con il corrispettivo riconosciuto da altre amministrazioni per affidamenti analoghi;
  3. se ritenuto opportuno, mediante il confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici;
  4. per gli affidamenti inferiori a 1.000 euro, o per affidamenti effettuati nel rispetto di apposito regolamento (ad esempio regolamento di contabilità) adottato dalla stazione appaltante, che tiene conto dei principi comunitari e nazionali in materia di affidamento di contratti pubblici, la motivazione può essere espressa richiamando il regolamento stesso.

Queste indicazioni dell’ANAC, ritenute una “una best practice anche alla luce del principio di concorrenza”, intendono affermare che tutti gli affidamenti esigono una motivazione, seppure sintetica, tale da rendere trasparente il processo decisionale.

Il paradigma normativo negli affidamenti pretende per ragioni elementari e indefettibili attinenti ai canoni di legalità che la pubblica amministrazione, quando debba ricercare sul libero mercato, regolato dal diritto privato, le forniture di cui ha bisogno per il suo funzionamento, deve agire in modo imparziale e trasparente, predefinendo criteri di selezione e assicurando un minimo di pubblicità della propria intenzione negoziale e un minimo di concorso dei soggetti in astratto interessati e titolati a conseguire l’incarico, sempre tenendo conto di motivare le proprie scelte [50].

Elementari ragioni di coerenza del sistema censurano la violazione della trasparenza che può generare il danno c.d. alla concorrenza che inerisce un danno insito nella scelta illegittima del contraente con la Pubblica Amministrazione senza il regolare espletamento di una procedura comparativa: nel caso di mancato esercizio di una valida gara, vengono lesi gli artt. 41 e 97 della Costituzione, la legge n. 241 del 1990, nonché gli artt. 81 e seguenti e 49 del Trattato CE per cui, in presenza di indizi, per i quali l’amministrazione avrebbe potuto conseguire un ribasso più conveniente, sussiste la colpevolezza del responsabile del servizio competente [51].

In effetti, anche il principio di “equivalenza” permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, per cui la possibilità di ammettere, a seguito di valutazione della stazione appaltante, prodotti aventi specifiche tecniche analoghe a quelle richieste risponde al principio del favor partecipationis [52], corrispondente al principio comunitario dell’equivalenza delle tecnologie, che è un corollario del principio di non discriminazione dei produttori, concerne precipuamente la fase della partecipazione alle gare con prodotti compatibili o idonei per prestazioni, dimostrando che in mancanza di una motivazione sulle caratteristiche richieste trova ingresso nella procedura di individuazione un vizio che travolge l’intera procedura [53].

Nello stesso percorso istruttorio, la scelta di fornitura di prodotti suddivisa in solo due soli lotti di elevato valore monetario ove tale non risulti assistita da alcuna specifica e congruente motivazione in ordine alle ragioni che non consentono di suddividere l’appalto in lotti funzionali minori, idonei a consentire la partecipazione, in forma diretta ed autonoma, delle micro, piccole e medie imprese si pone in palese contratto con l’art. 51, comma 1 del d.lgs. n. 50/2016, oltre a interferire apertamente con il principio di concorrenzialità delle gare pubbliche, che ha il suo elemento cardine nel principio di massima partecipazione delle imprese in possesso dei requisiti richiesti, imprese che devono avere il diritto di scegliere se partecipare in forma singola, ovvero se ricorrere agli istituti dell’avvalimento o del raggruppamento temporaneo [54].

La scelta del sistema di affidamento, le valutazioni in sede di offerta, la composizione della commissione di gara, l’assenza di conflitto di interessi, l’obbligo di astensione, l’accesso agli atti sono tutte regole di condotta poste dal Codice, e dalle discipline connesse, con il fine di realizzare una “procedura trasparente”, senza turbative esterne o interne, in modo da individuare il contraente che offre il giusto rapporto tra prezzo e qualità della prestazione, un equilibrato uso delle risorse pubbliche, senza discriminazioni o privilegi, disseminando una cultura della legalità che dovrebbe essere, prima ancora di una norma giuridica, una regola di condotta degli apparati pubblici al servizio esclusivo della Nazione (ex art. 98 Cost.) [55].

(Estratto, I principi di trasparenza presenti nel d.lgs. n. 50/2016, LexItalia, 18 ottobre 2017, n. 10)

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