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Il sistema inadeguato dei controlli interni può essere concausa del dissesto finanziario
di Michele Nico – Dirigente amministrativo di ente locale

 

L’implementazione del sistema dei controlli interni deve prescindere da accadimenti contingenti, quali le difficoltà organizzative interne dovute alla successione del personale di vertice dell’ente locale.

Con questa scarna motivazione la Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Sicilia, ritiene inidonee le giustificazioni addotte dal segretario generale di un Comune, a fronte delle contestazioni mosse dal magistrato istruttore circa la mancata attuazione dei controlli di gestione, del controllo strategico e del controllo sugli organismi partecipati, in aggiunta all’assenza di verifiche, da parte del Consiglio comunale, sul permanere degli equilibri di bilancio dell’ente, oltre che all’assenza del Peg e di un piano della performance.

Una serie di pesanti irregolarità amministrative che preclude al Comune l’adozione di un sistema di contabilità economica atto a consentire una misurazione dei costi e dei ricavi, dando luogo a una situazione fuori controllo che genera uno stato di persistente criticità, poi culminato con la proposta di dichiarazione di dissesto finanziario, deliberata dal Consiglio comunale nello scorso novembre.

Una situazione infausta, eppure emblematica della crisi economico-finanziaria che da lungo tempo affligge il sistema amministrativo delle autonomie locali, penalizzando in particolar modo le piccole amministrazioni ubicate nelle zone più disagiate del territorio nazionale, che spesso si trovano a fronteggiare situazioni di estrema difficoltà senza neppure poter contare sul minimo supporto di risorse umane adeguate allo scopo.

Nel corso degli ultimi anni il sistema dei controlli interni è divenuto sempre più complesso e articolato, specie dopo che l’art. 3D.L. n. 174 del 2012, convertito in L. n. 213 del 2012, ha implementato l’assetto organizzativo degli enti locali prevedendo, oltre ai preesistenti controlli:

il controllo sugli equilibri finanziari, strumentale alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica determinati dal Patto di stabilità interno;

– la verifica, mediante il controllo sullo stato di attuazione di indirizzi ed obiettivi gestionali, dell’efficacia ed economicità degli organismi partecipati;

– la verifica della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante gli organismi strumentali della Pa.

In corrispondenza a queste incombenze, il legislatore ha contestualmente rafforzato il controllo esterno della Corte dei Conti sull’operato degli enti locali, dacché l’art. 148 del Tuel dispone oggi che “le sezioni regionali della Corte dei conti, con cadenza annuale, nell’ambito del controllo di legittimità e regolarità delle gestioni, verificano il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio di ciascun ente locale”.

Nell’ambito di questo sistema di valutazione e controllo i giudici contabili della Sicilia hanno sottoposto al vaglio il Comune di cui alla deliberazione in commento, e in esito all’istruttoria svolta prendono atto di “un sistema gravemente carente che denota uno stato di profonda e strutturale crisi organizzativa e funzionale dell’ente” e che impedisce pertanto la realizzazione delle finalità prescritte dal D.L. n. 174 del 2012.

Il segretario generale interpellato nel corso delle indagini preliminari rappresenta al magistrato di aver preso servizio presso il Comune nel febbraio 2016, e di aver avviato da tale data iniziative per migliorare un assetto organizzativo carente e inadeguato, anche per la pregressa assenza di un segretario prima di lui.

I giudici, come si è detto, prendono atto delle “notevoli difficoltà ambientali ed organizzative” incontrate dal funzionario apicale, ma non possono che confermare le criticità rilevate, dandone comunicazione, per le valutazioni competenza, alla Procura regionale della Corte dei conti.

Vicende come quella descritta sono ormai ricorrenti nel nostro paese, e documentano in maniera eloquente la grave difficoltà in cui possono venirsi a trovare gli addetti ai lavori della Pa, sempre più alle prese con una realtà organizzativa destrutturata, in quanto gravata da molteplici incombenze e nel contempo impossibilitata ex lege ad assumere il personale per farvi fronte.

Va poi detto che la pronuncia in commento richiama l’attenzione sulla mappa drammatica delle numerose amministrazioni locali rimaste prive di risorse per fare fronte al disimpegno delle funzioni istituzionali e dei servizi pubblici indispensabili per la collettività amministrata.

Tempo fa la Corte dei Conti ha rilevato che dal 1989 al 2012 in Italia ben 460 enti locali hanno dichiarato il dissesto finanziario, e che le Regioni con il maggior numero di Comuni dissestati sono la Calabria (131), la Campania (121) e il Lazio (43).

Il crac finanziario colpisce gli enti della penisola a macchia di leopardo, ma il sistema amministrativo locale che si ramifica nella parte meridionale del paese è più esposto al rischio di default, senza risparmiare gli enti di maggiori dimensioni, quali i Comuni di Napoli, Foggia e Palermo.

E a conferma del fatto che il fenomeno ha assunto carattere endemico per il sistema delle autonomie locali è sufficiente citare l’esempio di Roma capitale, dove il disavanzo, malgrado gli enormi aiuti ricevuti in passato dal Governo, è cresciuto di ben 853 milioni di euro in 8 anni.

Corte dei Conti-Sicilia, Sez. contr., Delib., n. 58/2017

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