20/05/2017 – Province: il Parlamento ed il Sole 24 Ore si accorgono che il “re è nudo”

Province: il Parlamento ed il Sole 24 Ore si accorgono che il “re è nudo”

 
Su il Sole 24 del 19 maggio, l’articolo  “In Provincia torna in campo il voto diretto” dà conto di quanto segue: “ Dopo la questione dei fondi, nelle Province torna discussione anche in l’elezione diretta di presidenti e consiglieri. A riportarla sul tavolo è il presidente della bicamerale sulle questioni regionali, deputato di Ap ed ex ministro della Funzione pubblica Giampiero D’Alia, spiegando che dopo la vittoria del «No» al referendum «nulla esclude il ritorno» al voto diretto dei cittadini per scegliersi gli amministratori provinciali. La riflessione di D’Alia accompagna la relazione al Parlamento appena ultimata dalla commissione sulle «forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali», in cui nel capitolo dedicato agli enti di arca vasta si spiega in pratica che il rè è nudo“.

Il Sole 24 Ore è stato tra gli strenui sostenitori della magnificenza e grande utilità della riforma Delrio. A disdoro di ogni evidenza dell’irrilevanza dei “risparmi” che si sarebbero ottenuti: non più di 100 milioni annui, cifra pari allo 0,000 del Pil. A disdoro del caos organizzativo causato e ancora in corso sulla ripartizione delle funzioni, che si risolverà tra una vita. A disdoro dei due anni impiegati per cercare di ripiazzare i dipendenti provinciali in sovrannumero, ricollocati alla rinfusa e in ordine sparso, senza alcun ordine, senza alcuna connessione con lo spostamento delle funzioini verso altri enti. A disdoro dei conti visibilmente sbagliati compiuti con la legge 190/2014, che ha strozzato le province imponendo un prelievo forzoso da quest’anno di 3 miliardi (non un taglio di spesa: i tre miliardi non sono una riduzione di tasse per i cittadini, ma vengono requisiti dallo Stato, che pensa a sperperarli come crede); solo dopo 3 anni la Sose, autrice degli studi errati che hanno portato alla legge 190/2014, ha certificato un ammanco complessivo di 650 milioni di euro, per altro sicuramente valutato per difetto.

Soprattutto, a disdoro dell’incostituzionale clausola contenuta nella legge Delrio, che ha devastato un sistema “in attesa” di una riforma della Costituzione mai entrata in vigore.

Anche il Parlamento si accorge del disastro, a scoppio ritardato. E la relazione portata in commissione bicamerale da D’Alia, secondo quanto ancora riporta il Sole 24 Ore evidenzia come sia messa a rischio “la stessa tenuta costituzionale delle norme: la Consulta, infatti, m passato ha già cancellato leggi regionali, per esempio in Piemonte, che tagliavano troppo i fondi provinciali, e potrebbe tornare a farlo per le norme dello Stato finora salvate (sentenza 143/2016) «in considerazione della programmata soppressionedelleProvince»messaperò in soffitta dal referendum“.

Tre anni a devastare un pezzo dell’organizzazione pubblica, solo per cercare consenso a buon mercato e farsi belli davanti ai Rizzo e Stella, fautori dell’abolizione delle province e di tutta la PA a prescindere; tre anni a portare avanti una riforma sbagliata, nelle finalità, nei mezzi, nei conti. Tre anni a condurre una riforma dell’assetto istituzionale e costituzionale, “in attesa” della riforma della Costituzione, anticipandone gli effetti. Per poi accorgersi che potrebbero esserci problemi di “tenuta costituzionale”.

Tre anni buttati così. Senza che nessuno paghi. Senza nessuna autorità indipendente, nè giudiziaria contabile che nemmeno si interessi di quanto accaduto.

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