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Incarichi legali degli enti pubblici: gli avvocati amministrativisti scrivono ad ANAC

 

L’Unione nazionale avvocati amministrativisti (UNA) ha partecipato alla procedura di consultazione avviata da ANAC sul tema della scelta dei legali da parte degli enti pubblici lamentando in primo luogo “il metodo, i tempi e i contenuti del documento di consultazione relativo all’affidamento degli incarichi legali”. Sul metodo UNA ha rimarcato l’interruzione del confronto diretto e la mancata convocazione di un tavolo di confronto tra tutte le parti interessate (l’Associazione dei Comuni). Nel merito gli avvocati hanno ribadito i rischi per gli stessi enti committenti legati a gare al massimo ribasso: “la misura del compenso non può eludere il principio di adeguatezza dello stesso e le prestazioni non sono fungibili, ne’ comparabili sulla base di elementi oggettivi predeterminati”. Inoltre “la predisposizione di elenchi non può essere vincolante, nell’interesse dell’amministrazione stessa, unico vincolo sono i requisiti d’iscrizione all’Albo”. E ancora, la selezione “dovrebbe essere una procedura esplorativa che consenta di motivare al meglio la scelta, posto che il rapporto da instaurare resta caratterizzato dalla natura di opera intellettuale e nel contempo dalla natura personale e fondamentale dei diritti che vengono affidati alla cura del professionista”.

Tra i rilievi mossi dagli amministrativisti sul tema, innanzitutto “si è in presenza di un problema interpretativo che come tale non può che esulare dalle competenze attivate da ANAC”. In ogni caso nell’interpretare le norme comunitarie e quelle del codice dei contratti pubblici, che espressamente prevedono l’esclusione di queste tipologie di prestazioni dal regime degli appalti, non si può arrivare ad un risultato opposto a quello voluto dal legislatore e sottoporre la scelta a quelle medesime procedure.  UNA quindi confida che ANAC nella propria determinazione finale modifichi radicalmente la posizione assunta con il documento posto in consultazione.

Milano, 15 maggio 2017

 

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QUELLO CHE SEGUE E’ IL TESTO DELLE OSSERVAZIONI

 

Visti tempi e contenuti del documento di consultazione relativo all’affidamento degli incarichi legali, l’UNAA rileva sinteticamente e nell’ordine quanto segue.

Nel metodo: richiamato il percorso avviato lo scorso anno e l’intesa intercorsa in esito all’incontro con il Presidente Cantone di aprire un tavolo di confronto esteso ad ANCI, percorso ancora non sviluppato, ma sul quale l’inattesa pubblicazione del documento di consultazione si è innestata a sorpresa ed in modo ingiustificabile, nel censurare quanto accaduto e le modalità avvilenti di partecipazione alfine quindi ‘concesse’ (a mero titolo esemplificativo, la stessa mortificante limitazione a diecimila caratteri spazi compresi si ritiene si commenti da sé a fronte della mole del testo sottoposto a consultazione), si chiede che si sospenda l’esercizio, nel caso oltretutto dubbio, dei poteri attribuiti, prima ancora che l’indirizzo assunto con il documento in consultazione e si rivaluti il ben diverso percorso così bruscamente interrotto; il tutto a maggior ragione sulla scorta dei rilievi seguenti.

In via preliminare: a tutto voler concedere (anche a non voler cioè accedere alla per contro ritenuta fondata lettura del complesso delle fonti, antitetica al documento in consultazione, di cui al punto successivo e quindi a prescindere dal merito delle presenti osservazioni) nello specifico caso dell’affidamento degli incarichi legali si è in presenza di un problema interpretativo che come tale non può che esulare dalle competenze attivate da ANAC. Si controverte infatti se tali incarichi siano o meno da assimilare alla nozione di appalto di servizio. Ne consegue che non si è affatto in presenza dei presupposti legittimanti l’esercizio dei poteri regolatori di cui all’art. 213 D.Lgs. 50/16, atteso che il presupposto sulla scorta del quale il documento è emanato è per contro, ed  appunto a tutto voler concedere, controverso.

In via principale, nel merito ed in relazione ai punti 1 e 1.1: si contesta nella maniera più netta l’inquadramento operato dal documento in consultazione dei servizi legali di cui all’art. 17,1c. lett. d/ nell’ambito degli appalti di servizi. Il riduttivo ragionamento operato nel documento per giustificare tale forzatura ruota attorno alla tesi (tautologica, per come sviluppata) di una nozione europea di appalto pubblico che supererebbe le nozioni civilistiche dell’ordinamento interno e con tale ‘assioma’ si vuole eludere ogni fonte invece ed apertamente contrastante. Nel fare ciò non si considera che le direttive europee non si occupano della natura dei rapporti dato che, per conto, si occupano solo della problematica delle modalità di scelta del contraente. L’errore di fondo oblitera quindi la chiara distinzione tra appalto (art. 1655 c.c. – obbligazione di risultato con organizzazione imprenditoriale di mezzi e assunzione del rischio di esecuzione) e prestazione d’opera intellettuale (art. 2230 c.c. –  obbligazione di mezzi; v. Cass., III, n. 3765/17) ed, in ultima analisi, attribuisce erroneamente ad un rapporto fiduciario (quale quello che si instaura negli incarichi di natura giudiziale ed assimilata ex art. 17,1c. lett. d/ D.Lgs. 50/16) la natura di appalto di servizi.

La tesi sbrigativamente propugnata risulta del resto:

– “antiletterale” rispetto alle fonti europee che proclama di voler applicare, atteso che l’art.17,1c. lett. d) D.Lgs. 50/16 (per rappresentanza in procedimenti giudiziari, arbitrali o di consulenza a ciò finalizzata) altri non è che la fedele riproposizione dell’art.10 Dir. 2014/24/UE da leggere in forza dei ‘considerando’ n. 24 e 25 e tenendo presente che la disciplina UE 2014 non ha ampliato l’ambito della norma del 2004; del resto (vedasi al riguardo anche il ‘considerando’ n. 4, e peraltro si tratta di principio di portata generale) non si può ricavare da una legge nazionale di recepimento ciò che la fonte comunitaria esplicita in senso opposto;

– eccedere dalle competenze dell’U.E. sotto ulteriore profilo dato che la fonte comunitaria non si occupa della natura giuridica dei rapporti (in senso conforme vedasi del resto la stessa nozione di appalti e concessioni di cui all’art.1,1c e di contratti pubblici di cui all’art. 3 lett. dd/ D.Lgs. 50/16);

– contrastare con una lettura del combinato disposto degli art. 4 e 17 che non può che essere costituzionalmente orientata e, nel caso quindi, deve muovere necessariamente dal rispetto, fra gli altri ed in primis, del principio dell’effettività della tutela dei diritti ex art. 24 Cost.;

– ignorare l’intero impianto ed i principi informatori della L. 247/12 e la sua natura di fonte speciale (per contro svilita nel documento in consultazione e ridotta al mero strumentale richiamo dell’art. 2 di pag. 6), confondendosi peraltro nel documento l’ambito dell’amministrazione della giustizia con quello dell’attività amministrativa regolamentata dal codice;

– ignorare parimenti ed in toto il codice deontologico forense il cui doveroso rispetto per gli iscritti all’albo degli avvocati è apertamente confliggente con plurime indicazioni di dettaglio di cui al paragrafo 3 del documento in tema di procedure che si dovrebbero seguire per l’affidamento degli incarichi (e di cui cenni infra).

Si contesta in conclusione che possa dirsi superata la ripartizione nella materia di cui alla giurisprudenza amministrativa e contabile richiamata anche al punto 1 del documento (CdS, V, n. 2730/12; C. Conti, Basilicata, n. 19/2009/PAR) per concludere come l’unico corretto modo di applicare il combinato disposto degli art. 4 e 17 (strumentalmente letto nel documento in consultazione) consista, molto più semplicemente, nel ricondurre l’affidamento dell’incarico nei casi esclusi ai principi generali dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost., L. 241/90 e L. 190/12 e relative norme applicative (D.Lgs. 33/13-D.Lgs. 97/16).

Il patrocinio nei casi esclusi risponde del resto a specifiche esigenze difensive e come tale non è mai predeterminabile in termini temporali, economici e sostanziali oltre che avere natura fiduciaria non compatibile con procedure comparative (come recentemente riconosciuto anche da C.Conti Calabria 27.12.16, pronuncia molto più pertinente della diversa, invocata nel documento, C.Conti n.162/2016/PAR che peraltro non afferma affatto che il singolo incarico legale sia appalto di servizi).

Il documento in consultazione è infine carente anche nell’individuazione delle tipologie di incarico legale ex art. 17,1c. lett. d), non considerando che la consulenza legale è prodromica alla difesa non solo quando già sussistono i presupposti di un giudizio, ma ogni volta che le scelte procedimentali devono essere condivise per una fase giudiziale anche solo eventuale. Connessione simile si ha poi quando l’assistenza è funzionale allo sviluppo di un procedimento determinato.

In ragione del già definito avvilente spazio concesso per le presenti osservazioni, si rinvia infine, in punto di erronea lettura delle fonti quivi contestata, alle ulteriori argomentazioni esposte nel già reso pubblico comunicato n. 1/2017 UNAA del febbraio scorso ed alle specifiche osservazioni depositate da singole camere appartamenti all’Unione, fra cui la Società lombarda degli avvocati amministrativisi (Solom) e la Camera Amministrativa Distrettuale degli avvocati di Lecce, Brindisi e Taranto.

In via meramente subordinata, in tema di procedure da seguire per l’affidamento dei servizi legali (punti 2 e 3 e relativi sottopunti): ferme le precedenti assorbenti osservazioni, nell’esclusiva (e davvero denegata) ipotesi che l’Autorità procedente prosegua nell’infelice ed erroneo percorso imboccato, si segnala come, in ogni caso ed anche a voler accedere alla lettura quivi avversata, il documento assunto necessiti di plurime integrazioni risultando frutto di non adeguata ponderazione di plurimi profili. Ciò, e con estrema sintesi, sia in tema di perimetrazione della nozione di servizi legali di cui all’allegato IX del codice (paragrafo 2), sia in tema di mancata valorizzazione della specificità della funzione difensiva (paragrafo 3.1). Esemplari al riguardo le non condivisibili affermazioni in tema di rotazione o di estrazione a sorte da elenco in caso di urgenza, emblematiche dell’introduzione di criteri per la scelta dell’avvocato che, prima che inaccettabili, risultano in contrasto con la stessa natura del (peraltro dall’Autorità autoarrogatosi) atto di regolazione oggetto di consultazione. Nel rinviare, per il dettaglio di osservazioni volte ad almeno emendare i pur non condivisi e finali paragrafi del documento dalle principali sviste o lacune, alla seconda parte del già richiamato documento della C.A.D. degli avvocati di Lecce, Brindisi e Taranto (così in tema di requisiti per la partecipazione e di criteri di valutazione delle offerte di cui ai paragrafi 3.1 e 3.2), si contesta infine con forza il criterio del massimo ribasso per l’affidamento dei servizi legali sotto soglia in ragione del ritenuto mal calibrato richiamo all’art. 95,3c. D.Lgs. 50/16 (vedasi del resto il comma successivo) e delle conseguenze incresciose e paradossali del tutto.

Da ultimo si sottolineano ancora una volta i seguenti punti: – la misura del compenso non può eludere il principio di adeguatezza dello stesso; – le prestazioni non sono fungibili, ne’ comparabili sulla base di elementi oggettivi predeterminati; – la predisposizione di elenchi non può essere vincolante, nell’interesse dell’amministrazione stessa, unico vincolo sono i requisiti d’iscrizione all’Albo; – la selezione dovrebbe essere una procedura esplorativa che consenta di motivare al meglio la scelta, posto che il rapporto da instaurare resta caratterizzato dalla natura di opera intellettuale e nel contempo dalla natura personale e fondamentale dei diritti che vengono affidati alla cura del professionista.

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