11/05/2017 – DIRIGENTI EELL – spoil system illegittimo senza apicalità e fiduciarietà

DIRIGENTI EELL – spoil system illegittimo senza apicalità e fiduciarietà

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. LAVORO – sentenza 5 maggio 2017 n. 11015

1) nell’ambito del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, con riguardo agli incarichi dirigenziali, sulla base alla giurisprudenza della Corte costituzionale affermatasi a partire dalle sentenze n. 103 e n. 104 del 2007 e ormai consolidata, le uniche ipotesi in cui l’applicazione dello “spoils system” può essere ritenuta coerente con i principi costituzionali di cui all’art. 97 Cost. sono quelle nelle quali si riscontrano i requisiti della “apicalità” dell’incarico nonché della “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare, con la ulteriore specificazione che la “fiduciarietà”, per legittimare l’applicazione del suindicato meccanismo, deve essere intesa come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico, che di volta in volta viene in considerazione come nominante. Pertanto, il meccanismo non è applicabile in caso di incarico di tipo tecnico-professionale che non comporta il compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico, ma soltanto lo svolgimento di funzioni gestionali e di esecuzione rispetto agli indirizzi deliberati dagli organi di governo dell’Ente di riferimento. In questa caso, infatti, la “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare non si configura come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico nominante (vedi, da ultimo: Corte cost. sentenza n. 269 del 2016);

2) l’interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto dell’art. 97 Cost., come inteso dalla consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di “spoils system“, del combinato disposto degli artt. 51 e 110, commi 3, primo periodo, e 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 con l’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, porta ad escludere che un incarico di tipo tecnico-professionale, che non implica il compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico dell’Ente di riferimento (nella specie: Comune), che sia stato affidato dal Sindaco di un Comune, con un contratto prevedente la coincidenza del termine finale del rapporto con “lo scadere del mandato elettorale del Sindaco”, possa essere oggetto di anticipata cessazione da parte del Comune stesso a causa della morte improvvisa del Sindaco persona fisica nominante, sull’assunto del “carattere fiduciario” dell’incarico medesimo.

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. LAVORO – sentenza 5 maggio 2017 n. 11015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La sentenza attualmente impugnata (depositata il 17 novembre 2010) respinge l’appello proposto da Giuseppe Romeo Filocamo avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria n. 933/2005, di rigetto della domanda del Romeo Filocamo volta ad ottenere la dichiarazione di illegittimità della delibera del Comune di Reggio Calabria, comunicatagli con missiva del 3 giugno 2002, con il quale è stata disposta la anticipata cessazione del contratto di lavoro dirigenziale a tempo pieno e determinato che il ricorrente aveva stipulato con il Comune stesso l’1 marzo 1999, in conseguenza dell’improvviso decesso del Sindaco persona fisica che aveva conferito l’incarico.

La Corte d’appello di Reggi Calabria, per quel che qui interessa, precisa che:

a) nel suindicato contratto del 1999 si è stabilito che il termine finale del rapporto doveva coincidere con “lo scadere del mandato elettorale del Sindaco”;

b) al riguardo non può essere accolta la tesi dell’appellante secondo cui la durata del contratto era stata in ogni caso fissata in cinque anni sicché una eventuale cessazione anticipata sarebbe stata possibile solo in caso di accertata responsabilità dirigenziale;

c) è infatti da condividere la diversa tesi del primo giudice secondo la quale la mancata specificazione, nel contratto suindicato, delle cause dello scadere del mandato elettorale porta a ritenere che tra le diverse possibili cause di cessazione siano da comprendere anche eventi come la morte o le dimissioni del sindaco ovvero il commissariamento del Comune;

d) tale tesi ha un solido fondamento nella formulazione della clausola di cui si discute da cui si desume le parti se avessero realmente voluto fare riferimento al termine di cinque anni del mandato avrebbero dovuto stabilirlo esplicitamente mentre ciò non è avvenuto;

e) la suddetta interpretazione è anche coerente con il carattere fiduciario dell’incarico in oggetto, sottolineato fin dal primo decreto di nomina del Romeo Filocamo, tanto che il primo giudice ha correttamente precisato che proprio la scelta strettamente fiduciaria operata dal Sindaco ha, legittimamente, dato origine al rapporto di lavoro a tempo determinato instaurato “nell’ambito della pianta organica” tra il dirigente esterno e l’Amministrazione;

f) a questa logica risponde la scelta di far coincidere il termine finale del contratto con la scadenza del mandato elettorale del Sindaco, utilizzando una formula che riproduce il testo del comma 3 dell’art. 110 del TU enti locali (d’ora in poi: TUEL) ove si fa riferimento per tale tipo di incarichi, al Sindaco “in carica”, proprio perché in essi assume un ruolo peculiare l’elemento della fiduciarietà (salvo restando che, nella specie, al tempo del primo incarico affidato con decreto del 9 marzo 1999 la materia era disciplinata dall’art. 6 della legge 15 maggio 1997, n. 127);

g) per concludere sul punto, va dichiarata manifestamente infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 110 del TUEL, per contrasto con gli artt. 97 e 98 Cost., in quanto le sentenze della Corte costituzionale n. 161 del 2008 e n. 103 del 2007 richiamate dall’appellante concernono fattispecie non equiparabili a quella di cui si discute nel presente giudizio;

h) quanto alla censura subordinata con la quale il Romeo Filocamo deduce il mancato rispetto della durata minima biennale dell’incarico, quale prevista dall’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 13 del CCNL Area dirigenza Comparto Regioni e Enti locali 1998-2001, va osservato che la prima disposizione non è “ratione temporis” applicabile nella specie e neppure è applicabile la clausola contrattuale richiamata, perché essa si riferisce soltanto al personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

i) infine, va considerata superflua la richiesta di prova per testi, visto che tutte le circostanze articolate al riguardo già risultano dimostrate dalla prova documentale: prolungamento dell’originario termine biennale operato con il decreto 5 luglio 2001, incarico conferito ad altro dirigente, contenuto della delibera 17 maggio 2002.

2. Il ricorso di Giuseppe Romeo Filocamo, illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per diciannove motivi; il Comune di Reggio Calabria non svolge attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I – Sintesi dei motivi di ricorso

1. Il ricorso è articolato in diciannove motivi-.

1.1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 110, comma 3, del d.lgs. 18

agosto 2000, n. 267 (d’ora in poi: TUEL) anche in relazione agli artt. 3, 97 e 98 Cost.

Si precisa che tale disposizione stabilisce, per quel che qui rileva, che gli incarichi a contratto di dirigenti esterni non apicali non possono avere una durata superiore a quella del mandato elettivo del Sindaco, che è pari a cinque anni ex art. 51 del TUEL.

La Corte d’appello da questa disposizione ha desunto che essa consentirebbe la cessazione automatica dei suddetti incarichi al venire meno del rapporto fiduciario con il Sindaco. Pertanto, a tali incarichi si applicherebbe il meccanismo dello “spoils system”, contrariamente a quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale (vedi, per tutte: sentenze n. 161 del 2008 e n. 124 del 2011), e della Corte di cassazione.

In particolare, secondo la Corte territoriale l’art. 110, comma 3, cit. stabilirebbe un sistema analogo a quello che era previsto dall’art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, dichiarato incostituzionale con la citata sent. cost. n. 124 del 2011.

In subordine, si prospetta questione di legittimità costituzionale dell’art. 110, comma 3, cit. per contrasto con l’art. 97 Cost. e con i principi affermati dalla Corte costituzionale secondo cui gli incarichi dirigenziali esterni non apicali non possono venire meno per il venire meno del vincolo fiduciario derivante dalla indizione di nuove elezioni.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 1 e 4 della legge 18 aprile 1962. n. 230 e s.m.i. in relazione all’art. 51 del TUEL.

In base alle suddette norme nella specie era stata fissata come data di scadenza del contratto quella di cinque anni dalla relativa decorrenza, essendo pari ad un quinquennio la durata del mandato elettorale del sindaco ed essendo obbligatorio, nel contratto a termine, indicare con precisione e per iscritto la data iniziale e quella finale di durata del rapporto, termine finale che può anche essere indicato anziché con una data attraverso il richiamo ad un evento futuro e certo, come è avvenuto nella specie con il riferimento alla scadenza legale del mandato elettorale del Sindaco, stabilita appunto in cinque anni (art. 51 TUEL).

Tuttavia, la Corte d’appello non ha considerato tale circostanza né ha tenuto conto del fatto che legare la durata del rapporto alla presenza fisica del Sindaco significa attribuire carattere aleatorio alla durata stessa in contrasto con la normativa dei contratti a termine di cui alla legge n. 230 del 1962 e a quella successiva di cui al d.lgs. n. 368 del 2001, richiamata nel contratto individuale in oggetto.

1.3. Con il terzo, il quarto, quinto, sesto, settimo motivo si denuncia, rispettivamente, violazione deH’art. 1362, 1363, 1366, 1367, 1369 cod. civ. per violazione dei criteri di ermeneutica ivi rispettivamente previsti, con riguardo all’interpretazione della clausola contrattuale nella quale si è stabilito che il termine finale del rapporto doveva coincidere con “lo scadere del mandato elettorale del Sindaco”.

Si sostiene, in particolare, che tale interpretazione è stata effettuata senza dare rilievo a circostanze successive alla conclusione del contratto – documentate – che confermano che le parti hanno voluto far coincidere la durata del rapporto con i cinque anni di ordinaria durata del mandato elettorale del Sindaco.

Si aggiunge che, nel dubbio, la Corte territoriale avrebbe dovuto intendere la suddetta clausola nel senso più conveniente per la natura e l’oggetto del contratto e quindi più conforme all’art. 97 Cost. e al buon andamento della P.A. che era quello di evitare una improvvisa e traumatica interruzione dell’attività del ricorrente.

1.4. Con l’ottavo motivo si denuncia violazione degli artt. 1175 e 1375 cod. civ. nonché dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, per la evidente violazione dei criteri della buona fede e correttezza desumibile dalla mancata indicazione delle ragioni poste a base della scelta di risolvere anzitempo il rapporto con il ricorrente e di nominare al suo posto altro dirigente esterno senza alcuna valutazione comparativa o giustificazione delle scelte operate oltretutto dopo avere rilevato la vacanza di due posti di dirigente di area tecnica e le difficoltà derivanti da tale situazione, peraltro determinata anche dalla prematura risoluzione del rapporto con il Romeo Filocamo.

1.5. Con il nono motivo si denuncia violazione dell’art. 88 del TUEL, secondo cui tutte le disposizioni del d.lgs. n. 165 del 2001 si applicano automaticamente ai dipendenti degli enti locali.

In contrasto con tale disposizione, la Corte territoriale ha affermato che l’art. 19, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 (invocato in via subordinata) – secondo cui gli incarichi dirigenziali hanno una durata non inferiore a due anni – si applicherebbe soltanto agli incarichi dirigenziali delle Amministrazioni dello Stato e quindi non riguarderebbe quelli degli enti locali.

1.6. Con il decimo motivo si denuncia violazione dell’art. Ili del TUEL, secondo cui gli enti locali sono obbligati ad adeguare lo statuto e il regolamento ai principi dettati dall’ordinamento statale in materia di dirigenza, tenendo conto delle relative peculiarità.

Anche questa norma, pertanto, conferma l’applicabilità dell’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, ma la Corte d’appello non ne ha tenuto conto.

1.7. Con l’undicesimo motivo si denuncia violazione dell’art. 13 del CCNL Area Dirigenza – Comparto Regioni ed Enti locali – 1998-2001.

Si sottolinea che tale articolo contrattuale afferma espressamente (comma 2) che “gli enti, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, adeguano le regole sugli incarichi dirigenziali ai principi stabiliti dall’art. 19, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 29/1993, con particolare riferimento ai criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi e per il passaggio ad incarichi diversi nonché per relativa durata che non può essere inferiore a due anni, fatte salve le specificità da indicare nell’atto di affidamento e gli effetti derivanti dalla valutazione annuale dei risultati”.

La norma non fa alcuna distinzione tra dirigenti dipendenti dall’ente locale con rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, come, invece, sostiene la Corte territoriale.

1.8. Con il dodicesimo motivo si denuncia violazione dell’art. 110, comma 4, del TUEL, secondo cui il contratto a tempo determinato è risolto di diritto soltanto nel caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie, quindi per evenienze del tutto diverse da quella che rileva nella specie.

1.9. Con il tredicesimo motivo si denuncia violazione degli artt. 2094 e 2095 cod. civ. che non consentono l’interruzione improvvisa del contratto di lavoro a termine quattro anni prima della originaria scadenza senza il rispetto delle relative disposizioni.

1.10. Con il quattrordicecesimo motivo si denuncia violazione degli artt. 1339 e 1419 cod. civ. in quanto l’interpretazione della Corte territoriale secondo cui sarebbe possibile l’interruzione del rapporto per interruzione del mandato elettorale del Sindaco dipendente da qualsiasi causa, ivi compresa la morte del Sindaco stesso, introdurrebbe nel contratto un’alea non prevista dalle parti che determinerebbe la nullità parziale del contratto con automatica sostituzione della clausola nulla – perché contraria alle norme cogenti sui contratti a termine -con quella prevedente la durata quinquennale del contratto.

1.11. Con il quindicesimo motivo si denuncia violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto superflua la richiesta prova testimoniale, con motivazione insufficiente e contraddittoria.

1.12. Con il sedicesimo motivo si denuncia violazione degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché la Corte territoriale non ha minimamente considerato che la comunicazione di cessazione del rapporto proveniente dal Segretario generale del Comune -certamente privo di competenza – non è stata supportata da alcun provvedimento del Sindaco e/o dell’Amministrazione del Comune di Reggio Calabria (Giunta comunale), pur avendo determinato la perdita di efficacia di un provvedimento di nomina del Sindaco (come viene affermato nella comunicazione stessa).

1.12. Con il diciassettesimo, il diciottesimo e il diciannovesimo motivo si denunciano, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., molteplici vizi di motivazione con riguardo a diversi fatti controversi e decisivi per il giudizio, sull’assunto principale secondo cui sarebbe intrinsecamente contraddittorio affermare, da un lato, che il contratto si poteva risolvere anche per la prematura morte del Sindaco e poi considerare superflua la prova testimoniale sul fatto che il termine originario di due anni è stato prolungato, trattandosi di circostanza pacifica e documentalmente accertata.

III – Esame delle censure

3. L’esame congiunto di tutti i motivi di censura – reso opportuno dalla loro intima connessione – porta all’accoglimento del ricorso, per le ragioni di seguito esposte.

4. Deve essere chiarito che, nella presente controversia, si discute dell’incarico di funzioni di dirigente dei Settori Urbanistica, Lavori pubblici, Programmazione e progettazione originariamente attribuito all’attuale ricorrente nel marzo 1999 fino allo scadere del mandato elettorale del sindaco dal Sindaco del Comune di Reggio Calabria, incarico confermato con la stessa durata nel maggio 2001 dopo le elezioni comunali svoltesi “medio tempore”, di cui lo stesso Comune nel maggio 2002 ha disposto l’anticipata cessazione, in conseguenza dell’improvviso decesso del Sindaco persona fisica che aveva conferito l’incarico.

La principale questione controversa è quella di stabilire se l’art. 110, commi 3 e 4, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (d’ora in poi: TUEL) possa consentire di applicare nella specie il meccanismo dello “spoils system” che comporta la cessazione anticipata dell’incarico e se tale risultato possa, o meno, considerarsi conforme alla clausola del contratto accessorio al provvedimento di conferimento dell’incarico ove si è stabilito che il termine finale del rapporto doveva coincidere con “lo scadere del mandato elettorale del sindaco”.

5. La soluzione di tale questione comporta la ricostruzione di una complessa vicenda normativa e fattuale.

Tale ricostruzione è stata effettuata dalla Corte d’appello di Reggio Calabria muovendo dalla premessa secondo cui in base all’art. 110, comma 3, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (d’ora in poi: TUEL) sarebbe consentita la cessazione automatica degli incarichi dirigenziali non apicali del tipo qui considerato al venire meno del “rapporto fiduciario” con il Sindaco persona fisica che ha provveduto al relativo conferimento, sicché in caso di improvviso decesso del Sindaco prima della fine del relativo mandato a detti incarichi potrebbe applicarsi il meccanismo dello “spoils system“.

6. Tale premessa è erronea in quanto non trova riscontro né nella lettera e nella “ratio” della suindicata disposizione, né nella consolidata giurisprudenza in materia di “spoils system” della Corte costituzionale (di cui si dirà più avanti) condivisa da questa Corte di cassazione, alla quale il Collegio intende dare continuità.

Ne risultano prive di base, e quindi infondate, tutte le ulteriori statuizioni che – partendo dalla suindicata premessa – hanno condotto la Corte territoriale al rigetto dell’appello proposto da Giuseppe Romeo Filocamo, a partire dalla interpretazione della clausola del contratto di lavoro dirigenziale originariamente stipulato dall’appellante con il Comune di Reggio Calabria l’il marzo 1999 – il cui contenuto, come si è detto, è stato confermato con decreto n. 102 del 28 maggio 2001, successivo a nuove elezioni comunali svoltesi “medio tempore” – ove si era stabilito che il termine finale del rapporto dovesse coincidere con “lo scadere del mandato elettorale del Sindaco”.

7. A tale ultimo riguardo va, in particolare, sottolineato come la interpretazione data dalla Corte territoriale alla suddetta clausola del contratto “de quo”, oltre ad essere il “portato” di una erronea interpretazione della disciplina generale in materia di incarichi conferiti dalle Amministrazioni Pubbliche effettuata senza alcuna considerazione dei principi affermati in materia da una giurisprudenza costituzionale ormai decennale, risulta anche essere stata effettuata senza il dovuto rispetto dei criteri di ermeneutica contrattuale dettati dal codice civile (artt. 1362 e ss. cod. civ.).

8. Per chiarezza espositiva si ritiene opportuno procedere, in primo luogo, a delineare, per sommi capi il quadro normativo di riferimento, partendo dal duplice presupposto secondo cui, diversamente da quanto si afferma nella sentenza impugnata: a) è indubbia l’applicabilità agli enti locali della disciplina in materia di incarichi dirigenziali dettata per il lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche dal relativo TU (d’ora in poi: TUPI), a partire dall’originario d.lgs. n. 29 del 1993 fino all’attuale d.lgs. n. 165 del 2001 e s.m.i.; b) agli incarichi affidati a soggetti esterni alla Amministrazione si applica, in linea di massima, la medesima disciplina dettata per gli incarichi dati a dipendenti dell’Amministrazione, tranne che per gli aspetti intrinsecamente incompatibili ovvero specificamente diversificati.

8.1. Invero, a norma dell’art. 1 del TUPI le disposizioni contenute in tale TU “disciplinano l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (comma 1), intendendosi per amministrazioni pubbliche, tra le altre, “le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province e i Comuni” (comma 2). Tali disposizioni “costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 117 Cost.” (comma 3) e, in quanto tali, devono trovare applicazione pure nell’ambito delle Amministrazioni degli enti locali.

In epoca successiva ai fatti per cui è controversia ciò è stato reso palese attraverso la sostituzione dell’originario comma 6 dell’art. 7 dello stesso TUPI – disposizione questa inserita nel Titolo I (“Principi generali”) – con i commi 6, 6-bis e 6-ter dell’articolo, che poi sono stati ulteriormente modificati. È stato così chiarito, al comma 6, che le amministrazioni pubbliche, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa ad esperti di provata competenza, soltanto in presenza dei presupposti di legittimità ivi indicati e si è aggiunto che “i regolamenti di cui all’art. 110, comma 6, del TU di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n.267 si adeguano ai principi di cui al comma 6” (vedi:comma 6 ter, introdotto con decorrenza dal 12 agosto 2006, dal d.l. n. 223 del 2006, art. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, richiamato da Cass. 13 gennaio 2014, n. 478, cui si rinvia per eventuali ulteriori approfondimenti).

8.2. Parallelamente, gli artt. 88 e 111 del TUEL hanno previsto, rispettivamente, che: a) “all’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti” si applicano, oltre a quelle del TUEL, le disposizioni del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni e quindi, nel tempo, quelle del d.lgs. n. 165 del 2001 (art. 88); b) con particolare riguardo alla disciplina della dirigenza, gli enti locali, nell’esercizio della propria potestà regolamentare e statutaria, devono adeguare i propri statuti e i regolamenti oltre che ai principi dettati dal TUEL e anche a quelli stabiliti del capo II (“Dirigenza”) del d.lgs. n. 29 del 1993 e s.m.i. cit.

Peraltro, anche in questo ambito, tale soluzione è stata definitivamente ribadita con il d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 40 – avente decorrenza 15 novembre 2009, quindi successiva ai fatti per cui è controversia – ove è stato nuovamente stabilito che le disposizioni dei commi 6 (come modificato) e 6-bis dell’art. 19 cit. – comprendenti la norma sulla durata degli incarichi – si applicano alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, e cioè a tutte le Amministrazioni pubbliche, tra cui le Regioni, le Province e i Comuni (vedi comma 6-ter dell’art. 19 cit.).

8.3. Comunque, deve essere precisato che i suindicati interventi legislativi chiarificatori successivi ai fatti di causa sono stati qui richiamati soltanto per completezza – e per dare conto dell’evoluzione del quadro normativo – in quanto l’applicabilità agli enti locali del regime degli incarichi esterni dettato dal TUPI era già indubbia da quando la relativa normativa è entrata originariamente in vigore.

In particolare, dell’applicabilità, in aggiunta alla normativa dettata dal TUEL, dell’art. 19 del TUPI (rubricato: “Incarichi di funzioni dirigenziali”), non poteva dubitarsi da quando è entrato in vigore l’art. Ili del TUEL (13 ottobre 2000), visto che il suddetto art. 19 è compreso tra le norme del Capo II del TUPI richiamate dall’art. Ili stesso.

8.4. In base all’indicato art. 19 del TUPI (nel testo applicabile “ratione temporis”) gli incarichi di funzione dirigenziale, che non comportano la direzione degli uffici di livello dirigenziale generale, come quello “de quo” (come si dirà più avanti): a) sono conferiti a tempo determinato; b) “hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a sette anni, con facoltà di rinnovo” (comma 2); c) sono revocati nelle previste ipotesi di responsabilità dirigenziale per inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione ovvero in caso di risoluzione consensuale del contratto individuale (comma 7).

L’art. 110, comma 4, TUEL prevede come ulteriore specifica ipotesi di risoluzione di diritto del contratto a tempo determinato in argomento, quella del “caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie”.

Anche in questo ambito si sono avuti ulteriori interventi del legislatore, successivi ai fatti di causa. Così il d.l. n. 155 del 2005, art. 14 sexies, convertito con modificazioni dalla legge n. 168 del 2005, nel modificare l’art. 19 cit. circa le modalità del conferimento degli incarichi dirigenziali, ha stabilito, tra l’altro, che la loro durata non possa essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni. In tal modo la durata massima degli incarichi disciplinati dall’art. 19 cit. è stata allineata a quella prevista dal TUEL, il cui art. 110, comma 3, nel primo periodo, stabilisce che gli incarichi a contratto – qual è quello per cui è controversia – non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco (o del presidente della Provincia) in carica.

Ebbene, pure la suddetta modifica legislativa, evidentemente diretta ad equiparare il più possibile la disciplina degli incarichi esterni conferiti dalle diverse Amministrazioni pubbliche pure dal punto di vista della durata, offre un ulteriore elemento ermeneutico – di tipo evolutivo – volto a confermare che il significato da attribuire alla suindicata disposizione dell’art. 110, comma 3, del TUEL non può che essere quello, e solo quello, di indicare nel quinquennio la durata massima degli incarichi.

8.5. Quanto al CCNL del Comparto Regioni ed Enti Locali Area della Dirigenza 1998 – 2001, all’art. 13 (Affidamento e revoca degli incarichi), nel sostituire l’art. 22 del CCNL del 10 aprile 1996: a) ribadisce che gli enti, con gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, adeguano le regole sugli incarichi dirigenziali ai principi stabiliti dall’art. 19, commi 1 e 2, del TUPI, “con particolare riferimento ai criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi e per il passaggio ad incarichi diversi nonché per relativa durata che non può essere inferiore a due anni, fatte salve le specificità da indicare nell’atto di affidamento e gli effetti derivanti dalla valutazione annuale dei risultati”; b) aggiunge che “la revoca anticipata dell’incarico rispetto alla scadenza può avvenire solo per motivate ragioni organizzative e produttive o per effetto dell’applicazione del procedimento di valutazione dei risultati”.

Per quel che si è detto – contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata -non può certamente dubitarsi che la suddetta disciplina contrattuale abbia portata generale, ma va anche aggiunto che essa si limita a chiarire il significato della disciplina legislativa e a confermare l’obbligo degli Enti locali di adeguamento della propria disciplina sugli incarichi dirigenziali a quella prevista dal TUPI.

9. A tutto questo va aggiunto che la Corte territoriale – nell’affermare che le sentenze della Corte costituzionale n. 161 del 2008 e n. 103 del 2007, richiamate dall’appellante ai fini della prospettata questione di legittimità costituzionale, riguardano fattispecie non equiparabili a quella di cui si discute nel presente giudizio – non ha considerato che, al di là dell’incidente di costituzionalità, comunque tali sentenze si inseriscono nella copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale che, a partire proprio dalla sentenza n. 103 del 2007 e dalla coeva sentenza n.

104 del 2007, ha riscontrato profili di illegittimità costituzionale in alcune discipline legislative in materia di “spoils system” e, nel contempo, ne ha meglio delineato i connotati, precisando che la decadenza automatica – in assenza di valutazioni concernenti i risultati raggiunti, condotte nel rispetto del principio del giusto procedimento – risulta in contrasto con l’art. 97 Cost., sotto il duplice profilo della tutela dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione oltre che del principio di continuità dell’azione amministrativa.

Questo complesso cammino ha portato il Giudice delle leggi a precisare che le uniche ipotesi in cui l’applicazione dello “spoils system” può essere ritenuta coerente con i principi costituzionali sono quelle nelle quali si riscontrano i requisiti della “apicalità” dell’incarico nonché della “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare, con la ulteriore specificazione che tale “fiduciarietà”, per legittimare l’applicazione dell’indicato meccanismo, deve essere intesa come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico, che di volta in volta viene in considerazione come nominante.

In assenza di tali requisiti, il meccanismo si pone in contrasto con l’art. 97 Cost., in quanto la sua applicazione viene a pregiudicare la continuità, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, oltre a comportare la sottrazione al titolare dell’incarico, dichiarato decaduto, delle garanzie del giusto procedimento (in particolare la possibilità di conoscere la motivazione del provvedimento di decadenza), poiché la rimozione del dirigente risulterebbe svincolata dall’accertamento oggettivo dei risultati conseguiti.

9.1. In questo ambito più volte (sentenze n. 228 del 2011, n. 224 e n. 34 del 2010, n. 390 e n. 351 del 2008, n. 104 e 103 del 2007) la Corte costituzionale ha affermato l’incompatibilità con l’art. 97 Cost. di disposizioni di legge prevedenti meccanismi di decadenza automatica dalla carica, dovuti a cause estranee alle vicende del rapporto instaurato con il titolare e non correlati a valutazioni concernenti i risultati conseguiti da quest’ultimo, quando / tali meccanismi siano riferiti non al personale addetto ad uffici di diretta collaborazione con l’organo di governo (sentenza n. 304 del 2010) oppure a figure apicali, per le quali risulti decisiva la personale adesione agli orientamenti politici dell’organo nominante, ma ai titolari di incarichi dirigenziali che comportino l’esercizio di funzioni amministrative di attuazione dell’indirizzo politico, anche quando tali incarichi siano conferiti a soggetti esterni (sentenze n. 246 del 2011, n. 81 del 2010 e n. 161 del 2008).

Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di disposizioni regionali che prevedevano la decadenza automatica di figure tecnico-professionali incaricate non già del compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico, ma di perseguire gli obiettivi definiti dagli atti di pianificazione e indirizzo degli organi di governo locali (sentenze n.

20 del 2016, n. 27 del 2014, n. 152 del 2013, n. 228 del 2011, n. 104 del 2007 e, ancora, n.

34 del 2010) la Corte ha dato rilievo al fatto che “le relative nomine richiedano il rispetto di specifici requisiti di professionalità, che le loro funzioni abbiano in prevalenza carattere tecnicogestionale” e che i loro rapporti istituzionali con gli organi politici dell’Ente non siano diretti, bensì mediati da una molteplicità di livelli intermedi (sentenza n. 20 del 2016).

9.2. In sintesi se si tratta di figure tecnico-professionali incaricate non già del compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico, ma chiamate a svolgere soltanto funzioni gestionali e di esecuzione rispetto agli indirizzi deliberati dagli organi di governo dell’Ente di riferimento il meccanismo dello “spoils system” non è applicabile anche se la nomina è avvenuta fiduciariamente, perché in questo caso la “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare non si configura come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico (vedi, da ultimo: sentenza n. 269 del 2016).

10. Poiché nella presente controversia si discute dell’utilizzabilità del meccanismo dello “spoils system” (dovuto al decesso del Sindaco nominante) per un incarico di funzioni dirigenziali di tipo tecnico-professionale (dirigenza dei Settori Urbanistica, Lavori pubblici, Programmazione e progettazione), ne risulta l’assoluta pertinenza della suddetta giurisprudenza costituzionale, alla quale si è conformata la giurisprudenza di questa Corte (vedi, per tutte: Cass. 22 luglio 2008, n. 20177; Cass. 9 giugno 2009, n. 13232; Cass. 10 febbraio 2015, n. 2555; Cass. 18 febbraio 2016, n. 3210; Cass. 15 luglio 2016, n. 14593).

All’applicazione dei principi affermati da tale giurisprudenza alla presente fattispecie consegue che:

a) l’art. 110, comma 3, TUEL non può certamente essere inteso nel senso di consentire l’applicabilità dello “spoils system” ad incarichi non apicali e di tipo tecnico-professionale, a meno che non sia dimostrato che la “fiduciarietà” iniziale si configuri come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale tra l’incaricato del titolare dell’organo politico di cui si tratta;

b) a tale risultato ermeneutico si perviene in base all’obbligo dell’interprete di intendere tutte le norme in materia di “spoils system” in senso costituzionalmente orientato al rispetto dell’art. 97 Cost., come interpretato dalla Corte costituzionale;

c) in particolare, rispetto a tale interpretazione è incompatibile l’attribuzione all’espressione “in carica” posta alla fine della prima frase dell’art. 110, comma 3, cit – il cui testo completo, per quanto interessa, è il seguente: “3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco … in carica” – del significato di consentire la decadenza automatica dall’incarico tutte le volte in cui il sindaco per una qualunque ragione e, quindi, anche per il suo decesso improvviso, non sia più in carica, in quanto questo equivarrebbe a legittimare il ricorso al meccanismo dello “spoils system” anche in ipotesi nella quali ciò si porrebbe in contrasto con l’art. 97 della Costituzione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale;

d) di conseguenza, la su riportata norma non può che essere intesa come diretta a stabilire un limite oggettivo è chiaro di durata massima degli incarichi di cui si tratta (la cui durata minima è quella stabilita dell’art. 19 TUPI), attraverso un implicito riferimento al precedente art. 51 TUEL, ove è stabilita la durata quinquennale del mandato elettivo “de quo”;

e) nello stesso modo devono, quindi, intendersi tutti gli atti che per gli incarichi in parola fanno riferimento alla durata del mandato, quindi anche la clausola contrattuale con la quale si è stabilito che il termine finale del rapporto in oggetto doveva coincidere con “lo scadere del mandato elettorale del Sindaco”.

11. A proposito di questa clausola vi è da aggiungere che la Corte territoriale, nell’interpretarla, non ha neppure tenuto conto dei principi affermati da questa Corte in merito all’interpretazione delle clausole contrattuali.

11.1. Una prima inesattezza rinvenibile al riguardo nella sentenza impugnata è rappresentata dalla mancata considerazione della normativa sui contratti di lavoro a termine nella parte in cui stabilisce la necessità di fissare il termine finale del rapporto. In base a tale disciplina, in linea generale, la suddetta scadenza può anche non essere fissata in una data determinata purché sia comunque determinabile (Cass. 2 marzo 1994, n. 2047; Cass. 20 febbraio 1990, n. 1234).

Ma ciò certamente non significa che si possa trattare di una data “variabile”, determinata ad esclusiva discrezione della parte datoriale.

E, tanto meno, una simile legittima scelta può legittimare la creazione di ipotesi di risoluzione anticipata del contratto stipulato con una P.A. per un incarico dirigenziale che non trovino alcun riscontro nelle disposizioni normative di riferimento, come è avvenuto nella specie, avendo la Corte territoriale – per giustificare la propria decisione sul punto – richiamato il comma 4 dell’art. 110 del TUEL mentre tale disposizione non fa alcun riferimento, neppure implicito, al decesso improvviso del Sindaco, per la risoluzione di diritto, visto che testualmente stabilisce: “4. Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie”.

Di conseguenza, anche in questa ottica, in conformità sia con l’art. 97 Cost. sia con la giurisprudenza di questa Corte, l’espressione usata dai contraenti per indicare il momento finale del rapporto non poteva che essere intesa nel senso di ricalcare la norma di cui all’art. 110, comma 3, TUEL, e quindi nel senso stabilire un termine finale certo di durata del rapporto (in armonia con quanto stabilito dal TUPI), tanto più considerando l’avvenuto prolungamento dell’originario termine biennale operato con il decreto 5 luglio 2001, che la Corte territoriale considera pacifico.

11.2. In ogni caso, in base al principio di utilità, la clausola stessa deve essere interpretata nel senso che possa produrre un effetto valido e conforme alla legge piuttosto che in senso contrario (arg. ex Cass. 20 marzo 2012, n. 8295).

11.3. Inoltre, secondo la consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte l’interpretazione del contratto, dal punto di vista logico-giuridico è un percorso circolare, il quale impone all’interprete di: (a) compiere l’esegesi del testo, considerandone il contenuto nella sua interezza e interpretando le clausole le une per mezzo delle altre, onde valutare il senso complessivo dell’atto; (b) ricostruire in base ad essa l’intenzione delle parti; (c) verificare se l’ipotesi di “comune intenzione” ricostruita sulla base del testo sia coerente con le parti restanti del contratto e con la condotta delle parti, il tutto facendo puntuale applicazione i dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. (vedi, da ultimo: Cass. 10 maggio 2016, n. 9380; Cass. 15 luglio 2016, n. 14432; Cass. 9 dicembre 2014, n. 25840).

12. Per concludere, nella sentenza impugnata, l’affermata utilizzabilità dello “spoils system” al caso di specie:

a) con riguardo alla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, risulta il frutto della mancata applicazione della consolidata giurisprudenza costituzionale e di legittimità in materia di cessazione anticipata degli incarichi dirigenziali nel lavoro pubblico, dalla quale agevolmente su desume l’inapplicabilità del suddetto meccanismo.

Ciò in quanto l’incarico di cui si tratta, oltre a non essere apicale, risulta pacificamente essere stato conferito per svolgere compiti di tipo tecnico-professionale nell’esercizio di funzioni meramente gestionali, sicché la fiduciarietà della scelta operata dal Sindaco nominante, titolare dell’organo politico “de quo”, non risulta essersi basata su una preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale tra il nominante e il soggetto incaricato né si deduce che l’incarico sia stato attribuito per svolgere compiti di collaborazione diretta al processo di formazione del relativo indirizzo politico.

Inoltre, pure dai numerosi riscontri positivi ottenuti dal Romeo Filocamo in sede di valutazione è facile arguire che, tutt’al più, si sia trattato di una “fiducia” nella preparazione tecnico-professionale dell’incaricato allo svolgimento delle diverse funzioni via via affidategli, con l’obbligo di perseguire in veste neutrale risultati ed obiettivi indicati dall’Amministrazione in conformità con gli indirizzi deliberati dagli organi di governo dell’Ente;

b) con riguardo alla interpretazione della clausola relativa alla durata del contratto accessorio al provvedimento di conferimento dell’incarico, risulta viziata altresì dalla mancata applicazione corretta degli artt. 1362 e ss. cod. civ., che invece avrebbe consentito di dare alla clausola stessa il significato di attribuire al contratto una durata quinquennale, come stabilito dalla normativa di riferimento (in particolare dall’art. 110, comma 3, TUEL, primo periodo, cit., interpretato in conformità con l’art. 97 Cost.).

IV – Conclusioni

14. In sintesi, per le ragioni dianzi esposte il ricorso deve essere accolto, con assorbimento di ogni altro profilo di censura.

La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche ai seguenti:

1) nell’ambito del lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, con riguardo agli incarichi dirigenziali, sulla base alla giurisprudenza della Corte costituzionale affermatasi a partire dalle sentenze n. 103 e n. 104 del 2007 e ormai consolidata, le uniche ipotesi in cui l’applicazione dello “spoils system” può essere ritenuta coerente con i principi costituzionali di cui all’art. 97 Cost. sono quelle nelle quali si riscontrano i requisiti della “apicalità” dell’incarico nonché della “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare, con la ulteriore specificazione che la “fiduciarietà”, per legittimare l’applicazione del suindicato meccanismo, deve essere intesa come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico, che di volta in volta viene in considerazione come nominante. Pertanto, il meccanismo non è applicabile in caso di incarico di tipo tecnico-professionale che non comporta il compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico, ma soltanto lo svolgimento di funzioni gestionali e di esecuzione rispetto agli indirizzi deliberati dagli organi di governo dell’Ente di riferimento. In questa caso, infatti, la “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare non si configura come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico nominante (vedi, da ultimo: Corte cost. sentenza n. 269 del 2016);

2) l’interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto dell’art. 97 Cost., come inteso dalla consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di “spoils system“, del combinato disposto degli artt. 51 e 110, commi 3, primo periodo, e 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 con l’art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, porta ad escludere che un incarico di tipo tecnico-professionale, che non implica il compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico dell’Ente di riferimento (nella specie: Comune), che sia stato affidato dal Sindaco di un Comune, con un contratto prevedente la coincidenza del termine finale del rapporto con “lo scadere del mandato elettorale del Sindaco”, possa essere oggetto di anticipata cessazione da parte del Comune stesso a causa della morte improvvisa del Sindaco persona fisica nominante, sull’assunto del “carattere fiduciario” dell’incarico medesimo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il giorno 11 gennaio 2017.

Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2017.

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