03/05/2017 – Crollano i ponti dell’anticorruzione

Crollano i ponti dell’anticorruzione

Pubblicato da  su 2 maggio 2017

 

L’arresto della dottoressa Rosa Mariani, responsabile della prevenzione della corruzione del Comune di Guidonia, ha suscitato molte reazioni tra gli addetti ai lavori.

Ora, non conosciamo le reali motivazioni che hanno spinto la magistratura ad emettere un tale provvedimento, ma sembrerebbe che (qui usiamo un mega-condizionale più che dovuto), come riporta una nota dei Segretari Comunali e Provinciali del Lazio, “...il coinvolgimento del Segretario nei fatti criminosi ipotizzato dalla Procura non consisterebbe in una attiva e specifica partecipazione in una o più delle specifiche vicende corruttive ricostruite dagli inquirenti ma piuttosto deriverebbe dal fatto in sé che i controlli non abbiano impedito le illegalità e che tanto sia bastato a portare ad una misura addirittura di carcerazione preventiva“.

Dal punto di vista dell’analisi giuridica, sposo in pieno il commento che ha fatto Luigi Oliveri sul suo blog.

Qui su @spazioetico amiamo osservare i comportamenti umani e la loro efficacia simbolica, i dilemmi che vivono in chi deve assumere decisioni spesso difficili.

E sappiamo che in questi giorni molti Responsabili della prevenzione della corruzione (RPCT) leggono e interpretano in maniera simbolica questo arresto.

Non parlo di una categoria, non ne avrei alcun titolo e nemmeno ne conosco tanti per la verità, ma molti ci provano davvero a mettere in piedi “l’anticorruzione”, magari in maniera artigianale, a volte, invece, con grande competenza e dedizione.

In un quadro normativo fatto di adempimenti e carte spesso del tutto inutili, che sottraggono attenzione e risorse ad una causa di cui sembrano gli unici paladini.

Lo sappiamo, gran parte del problema di questa legge 190 sta proprio lì, nell’incestuosa relazione tra controllore e controllato, cioè tra RPCT e componente politica che lo seleziona, lo nomina e lo indirizza nello svolgimento delle funzioni.

E’ difficile immaginare soluzioni alternative, però, visto il quadro politico e la tendenza a rendere ancor più fiduciario quel rapporto.

Il 24 maggio c’è l’incontro annuale dei RPCT con l’ANAC. Ho visto il programma e non mi sembra che il tema sia all’ordine del giorno. Ma sappiamo che sullo sfondo di questo si parlerà.

Se ne era parlato lo scorso anno e si erano fatte proposte da parte dei RPCT. Nel PNA 2016 l’ANAC ha partorito il classico topolino (ma non poteva fare molto altro):

b) Posizione di indipendenza dall’organo di indirizzo. “Lo svolgimento delle funzioni di RPC in condizioni di indipendenza e di garanzia è stato solo in parte oggetto di disciplina della l. 190/2012 con disposizioni che mirano ad impedire una revoca anticipata dall’incarico e, inizialmente, solo con riferimento al caso di coincidenza del RPC con il segretario comunale (art. 1, co. 82, della l. 190/2012). A completare la disciplina è intervenuto l’art. 15, co. 3, del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, che ha esteso l’intervento dell’ANAC in caso di revoca, applicabile in via generale.

Sono assenti, invece, norme che prevedono sia specifiche garanzie in sede di nomina (eventualmente nella forma di un parere dell’ANAC sulle nomine), sia misure da adottare da parte delle stesse amministrazioni o enti dirette ad assicurare che il RPC svolga il suo delicato compito in modo imparziale, al riparo da possibili ritorsioni“.

In questo passaggio c’è tutta l’attuale debolezza dell’architettura della prevenzione della corruzione in Italia.

E’ vero, poi, che a volte sembra che gli RPCT facciano un altro mestiere. In molti Piani non si parla mai di corruzione, ma alla fine dobbiamo entrarci dentro alla disonestà, guardarla in faccia e conoscerne i meccanismi, se vogliamo che il nostro lavoro sia utile.

Già, perché è l’utilità di questi strumenti che viene messa in discussione.

Io ho conosciuto due tipi di RPCT: il primo tipo, quando mi ha contattato, aveva l’unica preoccupazione di riempire la casella “formazione” nella relazione di fine anno; il secondo, voleva coinvolgere le persone, farle appassionare (attenzione ci si può appassionare all’integrità), condividere un progetto di legalità e benessere organizzativo con le altre componenti della propria organizzazione.

Devo dire che gli RPCT del secondo tipo sono stati per fortuna di gran lunga più numerosi dei primi anche perché, nel frattempo, io ho imparato a distinguerli praticamente al primo approccio.

Con alcuni di loro sono nate collaborazione molto importanti per me, la ASL di Cuneo con l’avvocato Acchiardi e il Comune di Velletri con Rossella Menichelli, il Comune di Bovino con Paola Alessandra Ferrucci, il Comune di Albano Laziale con Daniela Urtesi, ma anche molti altri che farei fatica a far stare in questo post.

Quando ho letto dell’arresto di Guidonia ho pensato a loro e a come si sarebbero sentite.

E’ bene ribadire un concetto chiave: la prevenzione della corruzione si può fare in contesti tutto sommato sani, non troppo degradati. La prevenzione della corruzione deve poggiare su una base di integrità. Sia essa la componente politica, sia la componente tecnica, sia la componente sociale.

Il lavoro migliore lo abbiamo fatto quando abbiamo potuto interloquire con la componente tecnica e quella politica. A Sedriano, ad Albano Laziale i politici si sono messi in gioco, hanno ascoltato e hanno detto la loro. Sono stati gli incontri più interessanti per noi (mio complice era Andrea Ferrarini).

Alla APSS di Trento solo alla fine della lezione ho capito che era presente il Direttore Generale, seduto in fondo. Ha ascoltato tutto con grande interesse. L’importanza della presenza della leadership politica era palpabile, dava un senso diverso all’intera giornata.

Credo che il futuro di una rinnovata azione di prevenzione della corruzione non possa più prescindere dal coinvolgimento pieno della componente politica. L’integrità dell’azione amministrativa deve essere un mandato politico chiaro.

In contesti ampiamente degradati, invece, la prevenzione della corruzione diventa poco più che una narrazione enfatica, un rito, una rappresentazione. In alcuni rari (per fortuna) casi non solo era assente il politico (Sindaco o Direttore Generale), ma anche il RPCT non si faceva vedere.

Allora non ha molto senso parlare di utilità o inutilità degli strumenti di prevenzione al di fuori del contesto di riferimento. Funzionano dove c’è la volontà di farli funzionare o dove non ci sono interessi contrari al loro funzionamento.

Sì, perché i RPCT in fondo sono un po’ come i ponti delle autostrade. Come i ponti vengono giù se al posto del cemento ci metti la sabbia, così i RPCT crollano se al posto della politica ci metti il malaffare.

Ultimo pensiero scassato, qualcuno direbbe “di pancia”… Guidonia è un punto di svolta allora ed un paradosso. In carcere è finito chi non è stato in grado di arginare la corruzione? E allora perché non finisce in carcere tre quarti dell’attuale e passato panorama politico nazionale e locale?

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