13/07/2017 – segretario comunale può assumere la guida dell’ufficio tecnico?

 segretario comunale può assumere la guida dell’ufficio tecnico?

Un’ipotesi eccezionale e assolutamente temporanea: analisi della giurisprudenza in materia

di MARIO PETRULLI

“Aspetto interessante su cui la giurisprudenza è stata chiamata a dare indicazioni riguarda la possibilità che la guida dell’ufficio tecnico venga affidata al Segretario comunale. 

Ai sensi dell’art. 97 comma 4 lett. d) del TUEL, il Segretario comunale, anche se chiamato a sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e coordinarne la relativa attività, non può di norma espletare compiti normalmente rimessi alla struttura burocratica in senso proprio dell’Ente locale, sostituendosi ai dirigenti, salve eventuali ipotesi eccezionali di assenza, nei ruoli dell’Ente locale, di dirigenti o di altri funzionari in grado di espletarne i compiti. In ogni caso, anche in assenza di personale con qualifica dirigenziale, l’attribuzione di compiti gestionali al Segretario comunale, compresa l’ipotesi di guida dell’ufficio tecnico, non è automatica, ma dipende da una specifica attribuzione di funzioni amministrative, in base allo statuto o ai regolamenti dell’ente o a specifiche determinazioni del sindaco: in tal senso si è espresso recentemente il TAR Umbria nella sent. 20 giugno 2017, n. 466.”

 

SEGUE LA SENTENZA DEL TAR UMBRIA

TAR Umbria Perugia sez. I 20/6/2017 n. 466

Ufficio tecnico: compiti del segretario comunale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 350 del 2007, proposto da: 

Fabbi Gherardo, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Augusto De Matteis e Alessandra Fagotti, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Augusto De Matteis in Perugia, via Bonazzi, 9; 

contro

Comune di P., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Virginia Marchesini, con domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, via Dottori, 85; 

nei confronti di

(omissis)

per l’annullamento

previa sospensiva

• dell’ordinanza n. 18 del 5.7.2007 con cui il Segretario comunale di P. (PG) ha ingiunto alla ricorrente in qualità di soggetto avente la piena diponibilità del terreno sul quale sono state realizzate ed ai proprietari dell’area di sedime, quali obbligati in solido, di provvedere entro 90 gg. dalla notifica alla rimozione o demolizione, con conseguente rimessione in pristino;

• di ogni altro atto presupposto connesso o collegato ivi inclusi ove occorra il verbale di sopralluogo del 7.5.2007 e l’art. 33 comma 5 del Regolamento comunale sull’Ordinamento Generale degli Uffici e Servizi, approvato con delibera G.C. n. 2 del 7.1.2003.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di P.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 maggio 2017 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.-Con il ricorso in epigrafe il ricorrente ha impugnato l’ordinanza n. 18 del 5 luglio 2007 con cui il Segretario comunale di P. (PG) gli ha ingiunto la demolizione, quale soggetto detentore, di varie opere asseritamente abusive, realizzate su area classificata dal P.R.G. come boschiva e sottoposta a vincolo paesaggistico, precisamente tre manufatti di modeste dimensioni (due di circa 9 mq. e uno di 25 mq,) e una recinzione metallica, tutte destinate all’allevamento di animali da cortile per il consumo domestico.

A motivo dell’impugnazione l’odierno istante deduce i seguenti motivi di diritto, così riassumibili:

I.Violazione e/o errata applicazione e/o interpretazione degli artt. 97 e 107 del D.lgs. 267/2000, dell’art. 3 comma 1, L. 241 del 90, incompetenza, eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di motivazione: l’ordinanza impugnata è stata assunta dal Segretario comunale in luogo del Responsabile dell’Area Tecnica, in palese violazione dell’assetto delle competenze nell’ordinamento locale prescritto dalla legge e del generale principio di separazione tra i compiti affidati ai dirigenti o responsabili comunali e quelli affidati ai Segretari comunali; l’atto impugnato avrebbe dovuto dar conto – a norma dell’art. 33 comma 5 del presupposto Regolamento comunale sull’ordinamento degli Uffici e Servizi approvato con del. GC n. 2/2003 – delle ragioni per cui è stato esercitato il potere sostitutivo ivi previsto;

II. Errata applicazione del Titolo I, Capo III, L.R. 21/2004 in relazione agli artt. 6 L.R. 1/2004, violazione dell’art. 3 L. 241/90 e dei principi giurisprudenziali in materia di repressione degli abusi edilizi, eccesso di potere per carenza dei motivi e difetto di istruttoria: il Comune intimato avrebbe applicato il regime sanzionatorio di cui all’art. 6 L.R. 21/2004 senza curarsi di indicare lo specifico titolo edilizio di cui il ricorrente avrebbe dovuto munirsi per realizzare una recinzione e due modestissimi ricoveri per animali da cortile.

Si è costituito il Comune di P., chiedendo il rigetto del ricorso, sollecitando l’integrazione del contraddittorio con i proprietari dell’area di sedime e destinatari in solido dell’impugnata ordinanza ripristinatoria, evidenziando il carattere manifestamente abusivo delle opere per cui è causa, implicanti comunque impatto sul territorio e realizzate senza alcun titolo abilitativo.

Con successiva memoria la difesa del ricorrente ha controdedotto alle argomentazioni del Comune e insistito per l’accoglimento del gravame.

Alla camera di consiglio del 7 novembre 2007 con ordinanza n. 153/2007 è stata accolta la domanda incidentale cautelare.

All’udienza pubblica del 9 novembre 2016 con ordinanza n. 731/2016 è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei proprietari dell’area di sedime su cui risultano realizzate le opere oggetto dell’impugnata ordinanza.

Con atto depositato il 13 dicembre 2016 parte ricorrente ha adempiuto al suddetto ordine nei termini e nelle modalità stabilite.

All’udienza pubblica del 23 maggio 2017, uditi i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

2.-E’ materia del contendere la legittimità dell’ordinanza n. 18 del 5 luglio 2007 con cui il Segretario comunale di P. ha ingiunto anche al ricorrente, quale soggetto detentore, la demolizione di varie opere asseritamente abusive, realizzate su area vincolata, tra cui tre manufatti di modeste dimensioni e una recinzione metallica, tutte destinate all’allevamento di animali da cortile per il consumo domestico.

3.- Va premesso in punto di fatto come l’odierno ricorrente abbia spontaneamente demolito uno dei tre manufatti oggetto della misura ripristinatoria gravata ovvero quello di maggiori dimensioni adibito a ricovero degli animali, circostanza confermata anche dalla difesa comunale.

In punto di diritto parte ricorrente non contesta il carattere abusivo delle opere oggetto della misura ripristinatoria – circostanza che potrebbe far dubitare come eccepito dall’Amministrazione della stessa sussistenza dell’interesse al ricorso – limitandosi a dedurre censure di carattere formale/procedimentale e, segnatamente, il vizio di incompetenza relativa ed il difetto di motivazione anche in riferimento alla mancata indicazione del titolo edilizio che sarebbe stato richiesto per realizzare le opere in esame.

4. – Il ricorso è infondato e va respinto.

5. – Ritiene il Collegio di dover esaminare prioritariamente le doglianze inerenti il vizio di incompetenza relativa, in quanto di natura assorbente.

5.1. – Come noto, se il provvedimento impugnato è affetto da vizio di incompetenza, tale vizio ai sensi dell’art. 34 comma 2, cod. proc. amm., ha carattere assorbente rispetto alle residue censure, dato che in tutte le situazioni di incompetenza e di carenza di proposta o di parere obbligatorio si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il giudice, anche ai sensi succitato art. 34, comma 2, cod. proc. amm., non può fare altro che rilevare il relativo vizio e assorbire tutte le altre censure, non potendo ritenersi vincolato dalla prospettazione del ricorrente e dalla eventuale graduazione dei motivi da quest’ultimo effettuata; in tale ipotesi, invero, debbono ritenersi sussistere i presupposti per disporre l’assorbimento (assorbimento per legge, per pregiudizialità necessaria e per ragioni di economia) precisati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 27 aprile 2015 n. 5 (cfr. T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 21 giugno 2016, n. 226; T.A.R. Campania Napoli sez. VII, 29 agosto 2016, n. 4117).

5.2. – Ad avviso del ricorrente il provvedimento di repressione di abuso edilizio, quale atto tipicamente rientrante nelle attribuzioni dirigenziali, dovrebbe essere emanato esclusivamente dal Dirigente comunale o dal Responsabile apicale esercente le relative funzioni, potendo il Segretario comunale sostituirlo soltanto in caso di motivato riscontro delle ragioni di assenza o impedimento, riscontro nel caso di specie del tutto assente. Impugna il ricorrente anche il presupposto art. 33 comma 5 del presupposto Regolamento comunale sull’ordinamento degli Uffici e Servizi, ove venisse interpretato nel senso di consentire una sostanziale avocazione di poteri gestionali da parte del Segretario comunale, organo decisamente distinto rispetto alla dirigenza dell’ente locale.

5.3. – Come sostenuto dal ricorrente l’ordinanza impugnata non indica effettivamente le ragioni dell’impedimento del Responsabile dell’Area Tecnica alla sottoscrizione dell’atto, contravvenendo alle stesse disposizioni del presupposto Regolamento, espressamente richiamato nella stessa ordinanza.

5.4. – La giurisprudenza non ha mancato di evidenziare che ai sensi dell’art, 97 comma 4 lett. d), D.lgs. 2000 n. 267, il Segretario comunale, anche se chiamato a sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e coordinarne la relativa attività, non può di norma espletare compiti normalmente rimessi alla struttura burocratica in senso proprio dell’ente locale, sostituendosi ai dirigenti, salve eventuali ipotesi eccezionali di assenza, nei ruoli dell’ente locale, di dirigenti o di altri funzionari in grado di espletarne i compiti; in ogni caso, anche in assenza di personale con qualifica dirigenziale, l’attribuzione di compiti gestionali al segretario comunale non è automatica, ma dipende da una specifica attribuzione di funzioni amministrative, in base allo statuto o ai regolamenti dell’ente o a specifiche determinazioni del sindaco (ex multis T.A.R. Piemonte, sez. II, 4 novembre 2008, n. 2739; Consiglio di Stato sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4858; in termini Cass. civ. sez. lav., 12 giugno 2007, n. 13708).

Ai sensi delle norme richiamate, nell’attuale assetto ordinamentale, al Segretario comunale sono affidati compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico – amministrativa nei confronti degli organi dell’ente locale, in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. Di talché, nel nuovo ordinamento degli enti locali, il Segretario comunale non rientra più nel novero dei dirigenti dell’amministrazione locale e tale costruzione è ulteriormente confermata dall’art. 97 D.lgs. 267/2000, laddove al comma 4, lett. d) ipotizza l’affidamento al Segretario comunale di competenze dirigenziali limitate e “pur sempre legate ad esigenze eccezionali e transeunti” (T.A.R. Calabria Catanzaro sez. II, 12 marzo 2002, n. 571).

5.5. – Ne consegue che non essendo il Segretario comunale titolare di poteri di sostituzione rectius avocazione nei confronti dei dirigenti, l’ordinanza impugnata presta il fianco ai dedotti vizi di incompetenza oltre che di difetto di motivazione.

5.6. – Tanto premesso, deve però il Collegio verificare la capacità invalidante del suddetto vizio, ai sensi del comma secondo primo allinea dell’art. 21-octies della legge 241 del 90 e s.m., risultando l’attività di repressione degli abusi edilizi pacificamente strettamente vincolata oltre che doverosa (ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4855; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 20 febbraio 2017, n. 995; T.A.R. Umbria 29 gennaio 2014, n. 66) ed applicandosi dunque il principio c.d. sostanzialistico ivi codificato di “strumentalità delle forme” ovvero di conservazione dell’attività amministrativa, con il corollario processuale della trasformazione del giudizio di annullamento da verifica formale di legittimità degli atti impugnati ad accertamento della fondatezza della pretesa azionata ovvero a giudizio “sul rapporto” (ex multis Cons. Stato, Ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3).

5.7. – Giova evidenziare, per completezza, come la sostenuta natura processuale dell’art. 21-octies (ex multis Consiglio Stato, sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4614) dovrebbe essere riconsiderata alla luce dell’entrata in vigore del decreto legge “Sblocca Italia” 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, nella parte in cui ha modificato l’art. 21-nonies della legge 241/90 sul potere di annullamento d’ufficio, ora esercitabile solo in presenza di “provvedimento illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2,…… . ”

Da una prima lettura della novella legislativa, secondo il significato letterale, pare ora considerarsi illegittimo soltanto il provvedimento annullabile ai sensi dell’art. 21-octies, che diverrebbe dunque norma sostanziale. Ne conseguirebbero allora diversi effetti giuridici, tra cui la pacifica irrilevanza ai fini risarcitori, divenendo l’atto affetto da vizi formali non più colpito da invalidità non annullabile bensì affetto da mera irregolarità, così come una possibile deresponsabilizzazione ai fini dello stesso giudizio amministrativo contabile, non senza al riguardo ipotizzabili questioni di incostituzionalità per contrasto, tra l’altro, con gli artt. 24, 103 e 113 Cost.

5.8. – In merito alla riconduzione del vizio di competenza relativa ai vizi di natura “formale”, ai fini dell’applicazione dell’art. 21-octies comma secondo L. 241/90, è sorto un obiettivo contrasto giurisprudenziale.

Infatti, secondo una prima tesi, il vizio di incompetenza relativa non può portare all’annullamento dell’atto, ove l’amministrazione non potrebbe, in prosieguo, che riadottare un provvedimento analogo a quello impugnato; troverebbe quindi applicazione l’art. 21-octies comma 2, l. n. 241 del 1990 dal momento la norma avrebbe una propria “vis espansiva” che lo renderebbe applicabile a qualsiasi vizio puramente formale, dato che l’acclarata necessaria reiterazione del provvedimento, da parte dell’organo in ipotesi competente, dimostra che la censura, pur fondata, non è sorretta da alcun concreto interesse (T.A.R. Campania Salerno sez. II, 21 maggio 2013, n.1132; in termini anche T.A.R. Toscana, sez. III, 17 settembre 2013, n.1263).

Secondo altra opposta opzione esegetica, invece, dalla lettura combinata del comma 1, e del comma 2, dell’art. 21-octies, L. n. 241 del 1990, si desume che, quando viene accertata l’incompetenza relativa dell’organo adottante, il provvedimento deve essere necessariamente annullato, non potendo trovare applicazione la disposizione che ne preclude l’annullamento laddove sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato; detta disposizione, infatti, si riferisce ai soli casi in cui il provvedimento adottato sia stato adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma; né è possibile includere le norme sulla competenza tra quelle sul procedimento amministrativo o sulla forma degli atti: infatti, nel comma 1, dell’art. 21-octies il legislatore ha inteso ribadire la classica tripartizione dei vizi di legittimità dell’atto amministrativo, in base alla quale la violazione delle norme sulla competenza configura il vizio di incompetenza, mentre la violazione delle norme sul procedimento o sulla forma rientra nell’ambito più generale della violazione di legge (T.A.R. Veneto sez. II, 9 febbraio 2010, n.340; T.A.R. Lombardia Milano sez. IV, 6 aprile 2012, n.1035).

5.9 – Non ignora il Collegio come l’assimilazione ai vizi formali dell’incompetenza relativa possa in realtà porsi in contrasto con il principio fondamentale di separazione tra attività di indirizzo politico e attività di gestione amministrativa sancita dal Codice sul Pubblico Impiego (artt. 13 e seg.) e dallo stesso Testo Unico Enti Locali (art. 107), principio cui va riconosciuta rilevanza costituzionale quale espressione del principio di buon andamento (ex multis Corte Cost. sent. 3 maggio 2013, n.81).

5.10. – Tanto doverosamente premesso, ritiene il Collegio come nel caso di specie la domanda di annullamento dell’ordinanza impugnata sia del tutto strumentale, se non pretestuosa, dal momento che parte ricorrente non contesta minimamente l’abusività delle opere detenute, poichè anche la lamentata mancata indicazione del titolo abilitativo necessario per le opere in contestazione risulta altrettanto capziosa in considerazione delle caratteristiche delle opere realizzate e dei vincoli insistenti sull’area.

Infatti, per quanto i manufatti in esame siano di non rilevanti dimensioni, costituiscono pur sempre interventi implicanti una evidente trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, oltre che del paesaggio, soggetti al preventivo permesso di costruire, ai sensi sia del t.u. edilizia che della legislazione regionale, oltre che dell’autorizzazione paesaggistica, essendo pertanto del tutto inevitabile l’adozione da parte del Comune delle doverose misure ripristinatorie.

5.11 – In tal contesto, l’annullamento del provvedimento impugnato, come detto manifestamente del tutto vincolato e senza alternative quanto al contenuto dispositivo emanabile, appare oltre che in contrasto con il principio di “strumentalità delle forme” del tutto irragionevole, specie nell’ambito di un giudizio sul rapporto sostanziale sottostante, potendo e anzi dovendo l’Amministrazione intimata riadottare all’indomani dell’ipotizzato annullamento giudiziale un provvedimento di identico tenore.

6. – Alla luce delle suesposte considerazioni il I motivo è pertanto infondato, non essendo il dedotto vizio di incompetenza dotato di capacità invalidante.

7. – Anche il II motivo è privo di pregio.

Presupposto per l’adozione dell’ordine demolitorio è la constatata realizzazione dell’opera in assenza di titolo (oppure in totale difformità da questo), che rende l’adozione della misura un atto dovuto (e non certo discrezionale), e perciò sufficientemente motivato con il richiamo, appunto, all’accertata abusività del manufatto (ex multis da ultimo Cons. giust. amm. Sicilia, 27 febbraio 2017, n. 65) abusività che come detto nel caso di specie è pienamente sussistente.

8. – Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza, secondo dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese in favore del Comune di P., in misura di 1.500,00 (millecinquecento//00) euro, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Potenza, Presidente

Paolo Amovilli, Consigliere, Estensore

Enrico Mattei, Primo Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Paolo Amovilli Raffaele Potenza

 

 

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