12/07/2017 – Amministratori locali meno soli nel contrasto alle intimidazioni

Amministratori locali meno soli nel contrasto alle intimidazioni

di Amedeo Di Filippo – Dirigente comunale

Le origini del provvedimento

Il primo disegno di legge è stato presentato dal Sen. Lo Moro il 20 maggio 2015 e recava disposizioni in materia di contrasto al fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali. È stato approvato dal Senato l’8 giugno 2016 ed esattamente un anno dopo (22 giugno 2017) approda alla votazione finale alla Camera col titolo completamente cambiato: “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, a tutela dei Corpi politici, amministrativi o giudiziari e dei loro singoli componenti”.

Il DDL traeva origine dal lavoro svolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali, istituita con deliberazione del Senato del 3 ottobre 2013 e che ha concluso la propria attività il 26 febbraio 2015.

Le 272 pagine della relazione finale danno conto dell’ampia attività di indagine svolta, con tanto di acquisizioni di documenti, ricerca sugli amministratori uccisi, audizioni e sopralluoghi; dell’analisi delle relazioni delle Commissioni parlamentari antimafia, della DIA e della DNA; degli atti di sindacato ispettivo del Parlamento; dei decreti di scioglimento dei Consigli comunali e delle relazioni dei Prefetti.

Propone quindi una analisi dei “moventi”, da ricercare in materie sensibili quali il governo del territorio, le procedure di affidamento degli appalti, il commercio, la violenza della battaglia politica locale, per concludere con l’inadeguatezza della tutela penale. I reati normalmente contestati sono, infatti, i delitti di lesioni personali (art. 582 c.p.), ingiuria (art. 594 c.p.), diffamazione (art. 595 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.), danneggiamento (art. 635 c.p.), tutti illeciti che prevedono l’irrogazione di una sanzione penale in forza di una condotta che offenda beni di cui è titolare il singolo amministratore e, in particolare, l’incolumità individuale, l’onore, la libertà morale o il patrimonio.

In casi più delicati risultano recentemente contestati i delitti di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) o quello di estorsione (art. 629 c.p.). In casi rari i fatti sono stati qualificati come violenza o minaccia a un pubblico ufficiale (art. 336 c.p.).

Complessivamente, non viene valorizzata la plurioffensività della condotta di intimidazione, che non si risolve in un’offesa al singolo ma comporta la lesione di un bene sovraindividuale, con la conseguenza che il più delle volte la pena prevista per le fattispecie criminose contestate comporta gravi limiti nell’utilizzazione dei mezzi di prova, salvo i casi in cui ai presunti autori sono contestati anche il delitto di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) o l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso (art. 7D.L. n. 152 del 1991).

Ma la relazione ha messo subito in chiaro la non sovrapponibilità fra fenomeno intimidatorio e criminalità organizzata, anche se le azioni intimidatorie più gravi e pericolose sia per i mezzi adoperati, quali l’uso di armi da fuoco o di materiali esplosivi, sia per le conseguenze materiali e personali sono da ricondurre a questa matrice.

Senza trascurare il dato che la criminalità organizzata sempre più spesso inquina la vita pubblica attraverso la partecipazione di propri adepti alle elezioni e alla vita amministrativa, fenomeno che risulta accertato dall’esito di processi a carico di politici collusi ed anche dallo scioglimento di tanti Consigli comunali, spesso ripetuto più volte per lo stesso Comune.

La relazione sottolinea il “punto vero”: come rompere la solitudine degli amministratori onesti che sono comunque la stragrande maggioranza, come lavorare per evitare il loro isolamento che spesso è una precondizione dell’intimidazione, come rafforzare le istituzioni locali, a partire dai municipi. Gli interventi valutati favorevolmente dalla Commissione sono stati ricondotti a due categorie: misure generali di natura per lo più organizzativa; interventi puntuali di carattere anche normativo sui singoli settori individuati nella ricerca dei moventi.

Nella prima la Commissione ha suggerito l’istituzione di una banca dati nazionale per la rilevazione degli episodi intimidatori; porre rimedio alle carenze di organico della magistratura (requirente e giudicante) e delle forze dell’ordine; l’implementazione dei sistemi di videosorveglianza degli edifici comunali; il potenziamento degli strumenti di raccordo e di scambio di informazioni fra le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, la magistratura e gli enti territoriali; una maggiore procedimentalizzazione degli iter amministrativi e la promozione di protocolli operativi interistituzionali; la creazione di una “rete” e una minore discrezionalità nei processi decisionali; rivedere e rafforzare il sistema dei controlli preventivi sull’attività amministrativa e una rivisitazione dell’art. 143 del Tuel volta alla introduzione di un potere di diffida, inteso come «strumento intermedio» finalizzato a sostenere l’azione dell’amministrazione comunale.

Per quanto riguarda la seconda categoria, la Commissione evidenzia la grave crisi di consenso della “politica” e la sottovalutazione del fenomeno intimidatorio, cui porre riparo attraverso da un lato una generale ridefinizione delle funzioni spettanti ai Sindaci che tenga conto della oggettiva disponibilità di risorse finanziarie e della effettiva attribuzione di poteri; dall’altro la promozione di una ampia attività informativa associata ad una azione di formazione orientata verso gli amministratori.

Tra i settori a rischio, la relazione segnala l’abusivismo edilizio, auspicando una revisione della normativa, spesso poco chiara e contraddittoria, al fine di superare la farraginosità delle procedure di demolizione; le cave e le connesse attività estrattive; gli appalti, per i quali la Commissione ha chiesto la costituzione di centrali di committenza, i bandi-tipo, gli accordi con le Prefetture; il settore del commercio e delle licenze, da rendere massimamente trasparente; il gioco d’azzardo; le politiche di welfare; i TSO.

La relazione conclude col sottolineare che alla sottovalutazione del fenomeno intimidatorio corrispondono una inadeguata risposta del legislatore in termini di politica criminale e la più volte denunciata insufficienza degli strumenti di prevenzione e repressione attualmente utilizzabili. Da qui una serie di modifiche alla legge penale, travasate nella versione definitivamente approvata.

La L. n. 105 del 2017

Il provvedimento appena pubblicato intende dunque rafforzare gli strumenti penali per fronteggiare il fenomeno delle intimidazioni, che negli ultimi anni ha assunto dimensioni preoccupanti. Pur manifestandosi con diverse modalità (aggressioni, minacce via mail, telefono o social network, danneggiamenti, recapito o ritrovamento di proiettili o carcasse di animali), tale illecito ha in comune la qualità soggettiva della vittima nel suo ruolo di amministratore locale. Si tratta di atti che, volti a intimidire l’amministratore prevalentemente in relazione all’integrità della sua persona e dei suoi beni, minacciano nel contempo il buon andamento della pubblica amministrazione.

La fattispecie penale più vicina risulta essere quella di cui all’art. 338 c.p., “Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario”, che attualmente punisce con la reclusione da uno a sette anni:

– chiunque usa violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ad una rappresentanza di esso o ad una qualsiasi pubblica autorità costituita in collegio, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l’attività (comma 1);

– chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l’organizzazione o l’esecuzione dei servizi (comma 2).

Il ricorso all’art. 338 per contestare le intimidazioni agli amministratori locali risulterebbe però inadeguato quando il soggetto leso non sia il corpo nella sua interezza o qualora il singolo destinatario non abbia poteri di rappresentanza (come invece il Sindaco). A queste criticità risponde la L. n. 105 del 2017, che all’art. 1 lo novella adattando il contenuto del primo comma alle esigenze di tutela degli amministratori locali mediante il riferimento anche ai singoli componenti del corpo politico, amministrativo o giudiziario(o di una “qualsiasi pubblica autorità” costituita in collegio). Non mutando la sanzione (reclusione da uno a sette anni), la nuova disposizione, alla cui nuova formulazione allargata è adeguata la rubrica, tutela quindi i singoli componenti in quanto tali, anche quando operano al di fuori dell’organismo collegiale.

La fattispecie di cui all’art. 338 c.p. consente la procedibilità d’ufficio per gli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, mentre i limiti edittali previsti (reclusione da uno a sette anni) permettono sia il ricorso alla custodia cautelare in carcere che alle intercettazioni. L’intervento rende, inoltre, applicabili le circostanze aggravanti previste dall’art. 339 c.p., cioè un aumento di pena (fino a un terzo ex art. 64 c.p.) qualora la violenza o la minaccia sia commessa con armi, da persona travisata, da più persone riunite, con scritto anonimo, in modo simbolico o avvalendosi della forza intimidatrice derivante da associazioni segrete, esistenti o supposte.

Viene inoltre aggiunto un nuovo comma all’art. 339 c.p., destinato a sanzionare con la stessa pena chi commette il fatto per ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l’adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell’avvenuto rilascio o adozione dello stesso.

L’art. 2 modifica l’art. 380, comma 2, c.p.p., inserendovi il riferimento alla nuova versione dell’art. 338 c.p. tra le fattispecie per le quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza di reato, che attualmente è facoltativo.

L’art. 3 inserisce l’art. 339-bis al c.p., che introduce una circostanza aggravante ad effetto speciale di alcuni specifici delitti in danno di componenti di un corpo politico, amministrativo o giudiziario quando tali delitti costituiscano atti intimidatori ritorsivi commessi a causa del compimento di un atto compiuto nell’adempimento del mandato, delle funzioni o del servizio. L’aggravante comporta un aumento di pena da un terzo alla metà delle sanzioni previste per i seguenti reati: lesioni (art. 582 c.p.), violenza privata (art. 610 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.) e danneggiamento (art. 635 c.p.).

L’art. 4 modifica l’art. 393-bis c.p. prevedendo che l’aggravante per gli atti intimidatori ritorsivi di cui all’art. 339-bis non trovi applicazione quando sia stato lo stesso amministratore ad avere dato causa all’intimidazione eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni.

L’art. 5 sanziona gli atti intimidatori nei confronti dei candidati alle elezioni comunali tramite una integrazione all’art. 90 del TU sulle elezioni amministrative comunali (D.P.R. n. 570 del 1960), che estende le sanzioni ivi previste – reclusione da due a cinque anni e multa da 309 a 2.065 euro – anche a coloro che, con minacce o con atti di violenza, ostacolano la libera partecipazione di altri a tali competizioni elettorali.

L’art. 6 rinvia ad apposito decreto del Ministero dell’Interno la composizione e le modalità di funzionamento dell’Osservatorio sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, istituito con decreto 2 luglio 2015 con lo scopo di favorire e potenziare lo scambio di informazioni e il raccordo tra Stato, magistratura ed enti locali. In particolare, l’Osservatorio promuove studi ed analisi per individuare proposte idonee a definire iniziative di supporto degli amministratori locali, mirate a testimoniare la vicinanza delle istituzioni così da favorire la collaborazione degli amministratori nella repressione del fenomeno, a potenziare gli strumenti informativi tra i diversi soggetti interessati al fenomeno, a promuovere azioni di formazione degli amministratori locali.

All’Osservatorio vengono ora attribuiti i seguenti compiti specifici:

a) effettuare il monitoraggio del fenomeno intimidatorio nei confronti degli amministratori locali anche mediante utilizzo di apposita banca dati;

b) promuovere studi e analisi per la formulazione di proposte idonee alla definizione di iniziative di supporto agli amministratori locali vittime di episodi intimidatori;

c) promuovere iniziative di formazione rivolte agli amministratori locali e di promozione della legalità, con particolare riferimento verso le giovani generazioni.

L. 3 luglio 2017, n. 105 (G.U. 7 luglio 2017, n. 157)

 
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