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Diritto di accesso e trasparenza della PA

di Marilisa Bombi – Giornalista, consulente enti locali, formatore

 

L’impresa destinataria di controlli da parte della PA, a seguito di esposti presentati da alcuni cittadini, ha diritto a prendere visione ed ottenere copia degli stessi al fine, eventualmente, di esercitare il proprio diritto alla interlocuzione. Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, (Sezione Prima), con la sentenza n. 898 depositata il 3 luglio 2017. Sta di fatto che il Comune al quale l’impresa si era rivolta, aveva riscontrato negativamente le istanze di accesso in quanto i sottoscrittori degli esposti, previamente informati, avrebbero espresso la propria opposizione e tale diniego veniva condiviso nella motivazione del provvedimento giacché “il diritto di accesso si limita agli eventuali verbali di accertamento conseguenti alle attività ispettive la cui titolarità già appartiene alla P.A. e non agli esposti – denunce, anche per l’evidente esigenza di tutela della riservatezza dei soggetti interessati “.

Avverso tali dinieghi insorgeva davanti al competente tribunale amministrativo la società agricola, la quale chiedeva l’annullamento del diniego nonché l’accertamento del proprio diritto di prendere visione ed estrarre copia integrale della documentazione. Richiesta che è stata accolta dal Tar, con la sopraindicata sentenza n. 898 la quale ha imposto al Comune l’obbligo all’ostensione dei documenti richiesti.

La motivazione utilizzata dal Tribunale nell’accogliere il ricorso, parte dal presupposto che il diritto di accesso agli atti della P.A. non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio, essendo in realtà diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita, così che la domanda giudiziale tesa ad ottenere l’accesso ai documenti è indipendente non solo dalla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere l’anzidetta situazione, ma anche dall’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti, potrebbe proporre. E’ pur vero, ha sottolineato il Collegio, che le disposizioni in materia di diritto di accesso mirano a coniugare l’esigenza della trasparenza e dell’imparzialità dell’Amministrazione – nei termini di cui all’art. 22L. n. 241 del 1990 – con il bilanciamento da effettuare rispetto ad interessi contrapposti e fra questi – specificamente – quelli dei soggetti “individuati o facilmente individuabili” – che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza. Il successivo art. 24 della medesima legge, che disciplina i casi di esclusione dal diritto in questione, prevede al comma 6 i casi di possibile sottrazione all’accesso in via regolamentare e fra questi – al punto d) – quelli relativi a documenti che riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale di cui siano in concreto titolari. Da ciò ne consegue che la mera e non meglio motivata espressione del diniego da parte dei controinteressati non può costituire ostacolo all’esplicazione del diritto in parola.

Peraltro, ha puntualizzato anche il Collegio, si è già avuto modo di affermare che in ragione dell’ampia nozione di “documento amministrativo” di cui all’art. 22L. n. 241 del 1990, ben può l’accesso investire atti formati e provenienti da soggetti privati, purché gli stessi siano detenuti stabilmente dalla P.A. per l’espletamento delle proprie attività istituzionali. In particolare, il privato che subisce un procedimento di controllo vanta un interesse qualificato a conoscere tutti i documenti utilizzati per l’esercizio del potere – inclusi, di regola, gli esposti e le denunce che hanno attivato l’azione dell’autorità – suscettibili per il loro particolare contenuto probatorio di concorrere all’accertamento di fatti pregiudizievoli per il denunciato. Infatti, l’esposto, una volta pervenuto nella sfera di conoscenza dell’amministrazione, costituisce un documento che assume rilievo procedimentale come presupposto di un’attività ispettiva o di un intervento in autotutela, e di conseguenza il denunciante perde consapevolmente e scientemente il “controllo” e la disponibilità sulla propria segnalazione: quest’ultima, infatti, uscita dalla sfera volitiva del suo autore diventa un elemento del procedimento amministrativo, come tale nella disponibilità dell’amministrazione. La sua divulgazione, pertanto, non è preclusa da esigenze di tutela della riservatezza, giacché il predetto diritto non assume un’estensione tale da includere il diritto all’anonimato di colui che rende una dichiarazione che comunque va ad incidere nella sfera giuridica di terzi.

T.A.R. Toscana, Sez. I, 3 luglio 2017, n. 898

Artt. 2224L. 7 agosto 1990, n. 241 (G.U. 18 agosto 1990, n. 192)

 
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