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La direttiva sul lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni

di Mauro Alovisio – Avvocato

 

La L. 22 maggio 2017, n. 81 ad oggetto: “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” (Gazzetta ufficiale n. 135 del 13 giugno 2017) definisce, all’art. 18, le caratteristiche dello smart working, i diritti e doveri dei lavoratori, fissa le regole in materia di sicurezza informatica, protezione dei dati personali, controlli e poteri disciplinari del datore di lavoro, sicurezza del lavoro e assicurazione e costituisce, in tal modo, un utile quadro normativo di riferimento per le imprese che mancava nel nostro ordinamento.

Le disposizioni in materia di lavoro agile contenute nella sopra citata nuova legge si applicano, ai sensi dell’art. 18, terzo comma, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell’art. 14L. 7 agosto 2015, n. 124, e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti.

Il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha adottato, in materia, ai sensi del sopra citato articolo, la direttiva n. 3 del 1 giugno 2017. La direttiva in esame specifica che, in ambito di lavoro agile: “Nessuna tipologia o categoria di lavoratore è aprioristicamente esclusa”.

La direttiva suggerisce la pianificazione e l’attivazione di progetti sperimentali pilota in singole unità organizzative, sottoposti a sistemi di monitoraggio per valutare produttività e obiettivi conseguiti.

La direttiva prevede una fase di sperimentazione, nella quale le Amministrazioni Pubbliche sono chiamate ad adottare misure organizzative per fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e sperimentare, anche al fine di tutelare le cure parentali, nuove modalità spazio temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, il cosiddetto lavoro agile o smart working. Tali misure devono permettere, ai sensi dell’art. 14L. n. 124 del 2015 entro tre anni ad almeno il 10% dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi delle nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, senza penalizzazioni in termini di professionalità e progressioni di carriera.

La direttiva ribadisce, a pag. 4, che il ricorso allo smart working non deve comportare rischi di discriminazione in termini di sviluppo della professionalità e richiama in materia l’art. 20L. n. 81 del 2017 e l’art. 14L. n. 124 del 2015 che prevede la garanzia che i dipendenti che si avvalgono del lavoro agile non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e progressione di carriera.

La direttiva approfondisce, a pag. 6, la definizione di lavoro agile introdotta dalla L. n. 81 del 2017 e specifica che lo smart working (lavoro agile) non costituisce una nuova modalità contrattuale ma rappresenta una modalità flessibile di esecuzione di lavoro subordinato stabilita mediante previo accordo scritto tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Ai sensi dell’art. 18L. n. 81 del 2017, siamo in presenza di smart working quando:

– la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno;

– senza una postazione fissa;

– entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

In riferimento all’orario di lavoro, la direttiva richiama l’attenzione sul tema di un possibile controllo del rispetto dello stesso orario e sottolinea la necessità di promuovere una cultura dell’organizzazione del lavoro per obiettivi e risultati con forte responsabilizzazione del lavoratore rispetto al suo apporto lavorativo.

La direttiva, invita, pag. 6, le amministrazioni a definire il numero di giorni, di ore, di mesi, di anni di durata dello smart working con prevalenza della modalità di prestazione in sede; a valutare la frazionabilità nella giornata oppure stabilire lo smart working per la giornata intera; ragionare in termini di giorni fissi o giorni variabili.

Occorre inoltre specificare la correlazione temporale dello smart working rispetto all’orario di lavoro e di servizio dell’amministrazione anche mediante fasce di reperibilità.

In riferimento ai luoghi possibili di lavoro, la direttiva specifica che la sopra citata L. n. 81 del 2017 non prevede necessariamente una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti all’esterno dei locali dell’amministrazione e, ferma restando l’alternanza tra locali dell’ente e locali esterni e la non necessità di una postazione fissa, rappresenta l’opportunità di procedere all’individuazione dei locali esterni, d’intesa tra amministrazione e lavoratori.

La direttiva conferma, a pag. 3, il ruolo determinante del Comitato Unico di Garanzia (CUG) nell’attuazione delle misure previste in materia di lavoro agile.

Nell’ambito dei loro compiti propositivi, consultivi e di verifica, i Comitati unici di garanzia, costituiti ai sensi dell’art. 57D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 contribuiscono, infatti, attivamente all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliora n l’efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto dei principi di pari opportunità, di benessere organizzativo e dal contrasto di qualsiasi forma discriminazione e di violenza morale o psichica per i lavoratori.

La direttiva evidenzia anche il ruolo strategico degli Organismi indipendenti di valutazione.

La direttiva al fine di accompagnare gli enti nel complesso percorso verso forme di lavoro agile illustra le azioni da compiere al fine di agevolare l’adesione alle nuove modalità di organizzazione del lavoro.

Ogni pubblica amministrazione è tenuta ad adottare misure specifiche volte a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, attraverso un’organizzazione del lavoro non più necessariamente incentrata sulla presenza fisica ma su risultati obiettivamente misurabili e sulla performance, nei termini ed entro i limiti di cui all’art. 14L. n. 124 del 2015.

Gli enti devono attuare la disciplina in materia di telelavoro, lavoro agile e conciliazione dei tempi di vita e lavoro, attribuendo criteri di priorità per la fruizione delle relative misure, compatibilmente con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore di coloro che si trovano in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei/delle dipendenti impegnati/e in attività di volontariato.

Gli enti devono individuare, ove necessario, tramite apposito atto di ricognizione interna, le attività che non sono compatibili con le innovative modalità spazio temporali di svolgimento della prestazione11 lavorativa, tenendo sempre presente l’obiettivo di garantire, al termine del triennio successi alla data di entrata in vigore della L. n. 124 del 2015 e, a regime, ad almeno il 10 per cento del proprio personale, ove lo richieda, la possibilità di avvalersi di tali modalità.

Gli enti devono attuare una razionalizzazione dei luoghi di lavoro, anche mediante la creazione di spazi condivisi e promuovere e diffondere l’uso delle tecnologie digitali a supporto della prestazione lavorativa, anche al fine di colmare il c.d. digital divide, per il consolidamento di una struttura amministrativa basata sulle reti informatiche tecnologicamente avanzate, anche attraverso applicazioni gestione di project management accessibili da remoto.

Gli enti sono tenuti ad individuare obiettivi prestazionali specifici, misurabili, coerenti e compatibili con il contesto organizzativo, che permettano da un lato di responsabilizzare il personale rispetto alla missione istituzionale dell’amministrazione, dall’altro di valutare e valorizzare la prestazione lavorativa in termini di performance e di risultati effettivamente raggiunti; promuovere, anche attraverso la Scuola Nazionale di Amministrazione, percorsi di formazione mirati rivolti ai dipendenti pubblici e, in particolare, ai dirigenti per una maggior diffusione l ricorso a modalità di lavoro agile non solo per agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro ma anche per incrementare la produttività e modelli organizzativi più competitivi.

La direttiva ha il pregio di indicare una proposta metodologica che ricomprende indicazioni operative per l’attivazione del lavoro agile, formazione e sensibilizzazione e partecipazione sindacale.

La direttiva approfondisce il profilo dell’analisi del contesto che prevede la costituzione di un gruppo di lavoro interno che supporti l’amministrazione nell’avvio della sperimentazione e nella fase di valutazione e monitoraggio.

Occorre poi procedere all’analisi dell’amministrazione, del personale e alla mappatura, rilevazione dei bisogni delle lavoratrici e lavoratori.

La direttiva richiama l’attenzione sull’importanza della definizione degli obiettivi, delle caratteristiche del progetto generale di lavoro agile attraverso un piano o atto interno che contenga a titolo esemplificativo indicazioni in merito alla durata, rientri settimana, fasce di contattabilità, utilizzo degli strumenti tecnologici, criteri di scelta in caso di richieste superiori al numero disponibile; sicurezza sul lavoro ecc.).

Le amministrazioni potrebbero individuare le attività che non possono essere svolte secondo le nuove modalità di lavoro agile e delle attività per cui non è possibile l’utilizzo del telelavoro. Le attività dovrebbero essere messe in relazione con le unità organizzative a cui fanno capo.

Le amministrazioni devono identificare le modalità di realizzazione per il lavoro agile; la direttiva ritiene auspicabile che ciascuna amministrazione adotti un Piano per realizzazione delle nuove modalità spazio temporali della prestazione lavorativa, eventualmente in forma congiunta con il Piano per il telelavoro e un apposito atto interno previo passaggio con organizzazioni sindacali e trasmissione al Comitato Unico di Garanzia (CUG).

La direttiva approfondisce il profilo della definizione degli obiettivi che si intendono raggiungere nel rispetto di quelli prefissati ex art . 14 L. n. 124 del 2015.

Al fine di raggiungere l’obiettivo minimo del coinvolgimento del 10 per cento dei dipendenti ciascuna amministrazione previsto dall’art. 14L. 7 agosto 2015, n. 124 a titolo, esemplificativo le amministrazioni pubbliche potrebbero: programmare obiettivi annuali per il telelavoro e per le modalità innovative svolgimento della prestazione lavorativa, in prospettiva del raggiungimento dell’obiettivo imposto dalla legge.

Le amministrazioni devono selezionare (CRITERI DI SCELTA) il personale che su base volontaria chiede di avvalersi del telelavoro o di lavoro agile, compatibilmente con i criteri di selezione predefiniti (che tengano conto ad esempio delle condizioni di salute o gestione dei tempi, esigenze di conciliazione e di tutela delle cure parentali, in generale della sostenibilità del lavoro) (AMBITO SOGGETTIVO)

La direttiva richiama l’attenzione degli operatori sul profilo della sicurezza e assicurazione obbligatoria.

Per garantire la tutela della salute e della sicurezza della lavoratrice o del lavoratore, che svolge propria prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile, ciascuna amministrazione consegna personale coinvolto, con cadenza almeno annuale, una informativa scritta (si rinvia alla sezione specifica) nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione della prestazione all’esterno della sede di lavoro.

Per il lavoro agile la lavoratrice o il lavoratore possono utilizzare strumenti tecnologici propri ovvero eventualmente messi a disposizione dall’amministrazione.

II lavoro agile consentendo al dipendente di lavorare al di fuori dell’ufficio, secondo le condizioni concordate con l’amministrazione di appartenenza, indirettamente incentiva la diffusione del cosiddetto “desk sparring», cioè la possibilità di condividere una postazione di lavoro e più in generale la creazione di spazi di lavoro condivisi.

La direttiva si concentra sull’avvio della sperimentazione che potrebbe svolgersi attraverso l’avvio di un progetto pilota che coinvolga preliminarmente ad esempio un’unità organizzativa che per caratteristiche si presta maggiormente alla prima fase di sperimentazione.

L’avvio della sperimentazione ricomprende l’individuazione del personale da adibire a progetti di lavoro agile, eventualmente secondo criteri di scelta predefiniti; la definizione del progetto individuale di lavoro agile, in conformità con quanto indicato n progetto generale e sua confluenza nell’accordo individuale.

La direttiva approfondisce il profilo del monitoraggio e della valutazione.

L’Amministrazione predispone un sistema di monitoraggio che consente di ottenere una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nel periodo considerato e/o a misurazione della produttività delle attività svolte dai dipendenti, anche sulla base delle informazioni fornite ai dirigenti responsabili dei progetti individuali di lavoro agile, ciò anche la fine di proseguire a sperimentazione.

Ciascuna amministrazione per valutare i singoli progetti individuali definirà un insieme specifico di indicatori rilevanti, significativi e misurabili rispetto alle proprie caratteristiche strutturali e finalità istituzionali.

La direttiva approfondisce i profili connessi alla partecipazione sindacale e suggerisce la predisposizione di un documento programmatico sul lavoro agile da trasmettere ai sindacati recante la definizione di alcuni degli aspetti più importanti che andranno a connotare il lavo o agile, quali, ad esempio: le attività ammesse a lavoro agile; i criteri dì preferenza da utilizzare in caso di un numero di richieste superiore alla percentuale di dipendenti che, sulla base della normativa vigente, possano avere accesso a forme dì lavoro agile; la disciplina sulle fasce di contattabilità; la definizione dei criteri per verificare l’attività resa a distanza.

La direttiva ribadisce a pag. 15 che nel ricorso al lavoro agile, per gli aspetti connessi alle determinazioni relativa all’organizzazione degli uffici è richiesta la sola informativa sindacale, mentre per i profili concernementre per i profili concernenti i rapporti di lavoro non potrà prescindersi dalle altre forme di partecipazione sindacale previste dalla contrattazione laddove si rientri nelle materie di competenza della stessa.

La direttiva si concentra sul profilo del monitoraggio: al fine di verificare l’attuazione dell’obiettivo fissato dall’art. 14, comma 1, L. n. 124 del 2015 l’impatto delle misure adottate in termini di benessere organizzativo, organizzazione e dell’amministrazione, produttività e risparmi le amministrazioni dovrebbero predisporre un sistema di monitoraggio che consenta di ottenere una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nel periodo considerato e/o la misurazione della produttività de ‘e attività svolte dai dipendenti, anche sulla base delle informazioni fornite ai dirigenti responsabili i progetti individuali di lavoro agile.

La direttiva approfondisce anche il profilo del controllo del datore di lavoro sui dipendenti smartworkers : i dirigenti devono organizzare per i dipendenti in lavoro agile a loro assegnati una programmazione settimanale-quindicinale delle priorità conseguentemente, degli obiettivi lavorativi di breve-medio periodo. La verifica del conseguimento degli stessi, che potrà essere realizzata mediante la stesura di una reportistica secondo una cadenza concordata tra dirigente e lavoratrice o lavoratore, ovvero attraverso momenti di confronto di presenza in sede della lavoratrice o del lavoratore, costituirà esercizio del potere di controllo della prestazione lavorativa.

La direttiva in esame è uno strumento importante per agevolare l’adozione di forme di sperimentazioni del lavoro agile, un nuovo modello organizzativo innovativo che può produrre effetti positivi non solo nella vita dei dipendenti ma anche nella qualità dei servizi erogati ai cittadini. Il lavoro agile (lavoro senza postazione fissa) non deve essere confuso con il telelavoro (lavoro con postazione fissa da casa o presso telecentri), forma molto più rigida e con diversi complessi adempimenti (vedi sicurezza del lavoro).

La direttiva specifica che lo smart working è uno strumento che mira all’incremento della produttività del lavoro in termini di miglioramento della performance individuale e organizzativa.

Direttiva 1 giugno 2017, n. 3, Presidente del Consiglio dei Ministri

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