02/02/2017 – I permessi retribuiti per motivi personali non possono essere a ore

I permessi retribuiti per motivi personali non possono essere a ore

di Consuelo Ziggiotto

Nel parere del 28 dicembre scorso l’Aran si è espressa nel senso i permessi retribuiti per particolari motivi personali non possono essere fruiti a ore, ribadendo così un consolidato orientamento secondo il quale i tre giorni di permesso retribuiti per motivi personali e familiari disciplinati all’articolo 19 del contratto del 6 luglio 1995 non sono fruibili in via frazionata a ore.

Il Ccnl detta la disciplina 

Le argomentazioni giuridiche a sostegno della tesi muovono dall’assunto che i permessi di cui trattasi sono compiutamente ed esaustivamente disciplinati dal contratto nazionale, il quale non rinvia ad alcuna sede decentrata una regolamentazione degli stessi. A conferma del corretto operare di chi legittima la fruizione dei permessi in esame solo a giorni e non a ore c’è il comma 3-quinquies dell’articolo 40 del decreto legislativo n. 165/2001 ove dispone che le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale.

Sono nulle previsioni “integrative” differenti 

Molto semplicemente, il contratto collettivo nazionale di lavoro non rinvia alla sede decentrata la regolamentazione dei permessi che il contratto stesso istituisce a giorni e non a ore. Ove un ente avesse disciplinato la fruizione a ore dei permessi retribuiti ex articolo 19 del Ccnl 6 luglio 1995, all’interno di un contratto integrativo, tale clausola risulterebbe nulla e non potrebbe essere applicata. Per le stesse ragioni di natura giuridica e per analogia interpretativa, risulterebbero nulle le clausole che prevedessero in maniera esplicita casistiche riconducibili a motivi personali. Sotto il profilo delle motivazioni, infatti, la disciplina contrattuale non ha stabilito alcuna precisa casistica per la loro fruizione né ha demandato tale compito alla contrattazione integrativa. Pertanto, al datore di lavoro non è demandato il compito di specificare le fattispecie legittimanti il possibile ricorso del dipendente all’istituto, in quanto ne risulterebbe limitato. Ricorda l’Aran che, attualmente, il contratto integrativo non può né introdurre nuove ipotesi di permesso retribuito non previste dal contratto collettivo nazionale, né modificare in alcun modo la regolamentazione delle diverse tipologie di permesso già regolamentate dalle parti negoziali a livello nazionale.

Cosa ha stabilito la riforma Brunetta 

A fondamento della legittimità di una fruizione dei permessi in modalità oraria, a nulla vale il rinvio alla previsione dell’articolo 71, comma 4, della legge n. 133 del 2008. La riforma Brunetta ha infatti chiesto alla contrattazione collettiva di stabilire una quantificazione esclusivamente a ore delle tipologie di permesso retribuito, per le quali la legge, i regolamenti, i contratti collettivi o gli accordi sindacali prevedano una fruizione alternativa in ore o in giorni. Nel caso in esame, il contratto non ne prevede una fruizione alternativa e tale norma finisce quindi per avere solo carattere programmatico, dato che, per un’effettiva applicazione della stessa, è necessario il preventivo intervento della contrattazione collettiva nazionale in materia.

 
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