10/12/2017 – Amministrare per idee “vincenti”. Platone ne sarebbe fiero, la Corte dei conti un po’ meno

Amministrare per idee “vincenti”. Platone ne sarebbe fiero, la Corte dei conti un po’ meno

 
 
“La pace nel mondo”. Chissà se questa originalissima idea sia stata considerata “vincente” dal comune di Venezia, nell’ambito del progetto di valorizzazione del merito, dell’efficienza, dell’efficacia, volto ovviamente a dare riconoscimenti e prestigio al “capitale umano”, denominato appunto “idee vincenti”.

Di sicuro, le cronache rendono noto che sono stati investiti poco più di 400.000 euro del fondo per la contrattazione decentrata del comune, per “premiare il merito”, consistente nell’esprimere “idee”, tra le quali:
1)      interruttori crepuscolari per la regolazione delle luci degli uffici;
2)      stivali per l’acqua alta da vendere ai turisti, dotati del logo comunale;
3)      il Teatro al lavoro, sistema per far emergere situazioni conflittuali tra colleghi e simulare possibili soluzioni;
4)      una palestra per la polizia municipale;
5)      droni per la vigilanza urbana
e altro ancora.
Per carità, idee in molti casi anche utili, come l’app per indicare ai turisti bagni pubblici e cestini per la raccolta dei rifiuti.
Il comune di Venezia, spinto dall’imprinting aziendalista del sindaco, titolare di un’importante agenzia per il lavoro, ha, dunque, inteso agire “come un’azienda”, rispettando il comandamento operante, ormai, da quasi 30 anni. Nella pubblica amministrazione occorre essere manager, agire puntando sull’innovazione di processo e di prodotto, mediante il miglioramento continuo dell’operato del “capitale umano”, puntando sul “merito”.
Sicchè, l’idea è stata quella di premiare il merito, mediante un concorso di idee: circa 600 dipendenti sono stati premiati per aver, appunto, presentato idee, da quelle ottime, a quelle bislacche, da quelle utili a quelle più vicine alla scoperta di continenti.
Peccato che la normativa pubblica non consenta ai datori di lavoro pubblici di agire con la piena autonomia propria del lavoro privato. Qualsiasi azienda può decidere di investire soldi, che sono suoi, non della collettività, anche valorizzando le idee.
Invece, la combinazione tra le disposizioni normative della riforma Brunetta e le norme dei contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono una sequenza diversa: vanno bene le idee, ma se si traducono in progetti operativi, delineati da indicatori di risultato quantificabili, caratterizzati dalla successiva attuazione e dalla verifica del grado di raggiungimento dei risultati preventivati e dell’utilità per i cittadini.
Non basta l’idea della palestra o del teatro-laboratorio: la palestra occorre realizzarla e il teatro-laboratorio realizzarlo e poi chiedersi se ai cittadini importi proprio qualcosa di queste idee e, come minimo, pretendere un corpore sano in mens sana diffuso ed evidente tra la polizia municipale e dipendenti dalla dizione perfetta di un Carmelo Bene, per erogare i premi.
Di questo modo leggermente ellittico di intendere il merito ed i premi si è accorto un sindacato, che ha mandato un esposto alla Procura della Corte dei conti veneta. La quale, avendo letto l’ipotesi di gestionemanagerialevoltaallavalorizzazionedelmeritodelcapitaleumano ha aperto immediatamente un fascicolo e, con una nota ufficiale, ha intimato al comune di Venezia, che nel frattempo aveva erogato i premi, di lasciar perdere, di recuperare i denari già pagati e di ricordarsi che, appunto, i progetti debbono essere realizzati e valutati nel grado di conseguimento dei risultati previsti. Non bastano le idee. Non basta la “managerialità” e l’intento di “innovare” e immaginare “qualcosa di diverso”.

 

Potrà non piacere, sicuramente l’episodio conferma quanto siano strette le maglie operative e gestionali. Ma, la pubblica amministrazione è soggetta al principio di legalità e, contrariamente alla vulgata, poiché non è un’azienda non può e non deve essere gestita come un’azienda. Può essere gestita solo come le norme dispongono, evitando che “idee vincenti” siano salti nel vuoto. Non è possibile fare filosofia, i comuni non vivono nell’Iperuranio di Platone. Specie in tempi di ristrettezza delle risorse pubbliche, le idee è bene si traducano in fatti.
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