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Ampio potere dei Comuni di regolamentare gli orari delle sale giochi e sanzionarne le violazioni

 Santo Fabiano 

 

(Amedeo Di Filippo) La strategia messa in campo dalle amministrazioni comunali nel contrasto alla ludopatia si colora di una ulteriore pronuncia della sezione di Brescia del Tar Lombardia, la n. 450 del 3 aprile (link in basso), che afferma essere nella disponibilità del Sindaco non solo limitare l’orario di apertura delle sale giochi ma altresì irrogare, nel caso di violazione, oltre alla pena pecuniaria anche la sanzione accessoria della sospensione.

Il caso

Il Comune ha adottato una ordinanza con la quale dispone limitazioni al funzionamento degli apparecchi da gioco; nel frattempo, personale della Polizia Locale eleva alcuni verbali di accertamento di violazione e, all’esito del procedimento, il Comune emette ordinanze di applicazione di sanzione pecuniaria, successivamente annullate dal Giudice di pace. Con ulteriore ordinanza il Comune, richiamando i suddetti verbali, dispone la sospensione del funzionamento degli apparecchi da gioco per quattro giorni, essendo accertato il funzionamento degli stessi in orari in cui non ne era consentito il funzionamento.

La società impugna le ordinanze perché dispongono, oltre alla pena pecuniaria, anche la sanzione accessoria della sospensione, non prevista da alcuna disposizione normativa primaria. Il ricorso viene rigettato dal Tar Lombardia con la sentenza segnalata, a motivo del fatto che l’art. 10 del Tulps (R.D. 18 giugno 1931, n. 773) prevede che le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata. Tale previsione è stata ritenuta utilizzabile dalla giurisprudenza non solo dal Questore ma anche dal Comune per sanzionare l’abuso delle licenze di somministrazione di alimenti e bevande.

Questo è sufficiente ai giudici per risolvere che anche la sanzione della sospensione irrogata a seguito dell’accertata e reiterata violazione delle prescrizione relative agli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro trova adeguata copertura in una fonte di rango primario quale il Tulps.

I precedenti

Lo stesso Tar Brescia, con la sentenza 8 marzo 2017, n. 342, ha dichiarato invece illegittimi i limiti posti dal regolamento comunale all’orario dei tabaccai e delle ricevitorie ove sono presenti giochi quali il Lotto, il “10eLotto” e il “Gratta e vinci”, in quanto il Comune non può vantare alcuna competenza in materia. L’annullamento deriva dal fatto che le rivendite di tabacchi non sono imprese equiparabili alle altre attività economiche, in quanto originano da un servizio in regime di monopolio pubblico, costituendo punti vendita assoggettati ad un regime amministrativo. E data la natura “accessoria” del Lotto, del “10eLotto” e del “Gratta e vinci”, la suddetta esclusione deve estendersi anche all’attività propria delle ricevitorie, rispetto alle quali non può trovare spazio la potestà regolamentare comunale.

Sulla stessa lunghezza d’onda si è mosso il Tar Toscana con la sentenza 17 marzo 2017, n. 407, che ha dichiarato illegittima l’ordinanza sindacale che riduce gli orari di apertura degli esercizi nei quali sono presenti slot e videolottery qualora manchino precisi studi scientifici relativi all’ambito territoriale di riferimento. Il Tar ha richiamato il consolidato principio in base al quale il potere di limitazione degli orari deve essere assistito da precisi studi scientifici, in quanto l’intervento dell’autorità in materia di apertura delle sale giochi deve contemplare un accurato bilanciamento tra valori ugualmente sensibili: il diritto alla salute e l’iniziativa economica privata.

Interessanti infine le sentenze nn. 128 e 130 del 7 febbraio 2017 con cui il Tar Veneto ha dichiarato legittime le ordinanze che riducono le ore di apertura delle sale gioco e di funzionamento delle slot machines, in quanto adottate al fine di tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini. Pronunce, queste, “illuminate” perché fondano il ragionamento sull’attuale contesto storico in cui sensibile è la diffusione del fenomeno della ludopatia, rilevabile anche – nei casi specifici – dai dati forniti dalle ASL e dalla presenza di “sommerso”. Motivazioni ritenute sufficienti a sostanziare le ordinanze, proprio finalizzate a tutelare la salute pubblica e il benessere individuale e collettivo.

Finalità che hanno consentito al Tar di ritenere non violate la libertà d’impresa e le norme di liberalizzazione delle attività economiche svolte dalle società che gestiscono sale giochi, posto che la libertà di iniziativa economica non è assoluta, non potendo svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Nemmeno hanno ricavato una violazione del principio di affidamento nei confronti delle imprese, considerato che le ordinanze trovano giustificazione nel forte aumento del numero delle persone affette da disturbi del gioco d’azzardo e che gli imprenditori del settore erano a conoscenza o avrebbero dovuto conoscere che la normativa europea e nazionale di riferimento consente alle autorità pubbliche di porre quel tipo di restrizioni.

Neanche hanno riscontrato disparità di trattamento rispetto a discipline più favorevoli adottate da Comuni limitrofi, atteso che i provvedimenti municipali esplicano la loro efficacia solo nei rispettivi territori e che non sussiste alcun obbligo di disciplina omogenea.

testo della sentenza

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