19/08/2017 – la Giustizia amministrativa rallenta il Paese?

la Giustizia amministrativa rallenta il Paese?

n. 8/2017 | 4 agosto 2017 
 
 

RASSEGNA STAMPA: GERARDO VILLANACCI, La Giustizia amministrativa che rallenta il Paese (tratto dal “Corriere della Sera” del 4 agosto 2017, pag. 22).


Per una strana coincidenza, ogni anno, nel mese di agosto, quando molti sono sotto l’ombrellone e le notizie scarseggiano al punto da essere sopraffatte dal gossip, appare un articolo che immancabilmente propone di abolire i TT.AA.RR. ed il Consiglio di Stato nonché, ammesso che qualcuno ne ricordi ancora l’esistenza, il C.G.A.

Ad iniziare questa che sembra ormai divenuta una tradizione agostana fu l’ex Presidente del Consiglio Romano Prodi con un articolo pubblicato quattro anni orsono e precisamente l’11 agosto 2013 su vari quotidiani, intitolato “Abolire Tar e Consiglio di Stato per non legare le gambe all’Italia”. Per un commento di tale articolo vedi nel weblog della presente rivista il seguente articolo: Dopo 16 anni il quesito è sempre lo stesso: Silvio Spaventa, chi era costui?

Quest’anno a mantener viva la tradizione di chi ama “sparare” sui giudici amministrativi nel periodo estivo, proponendone la loro completa abolizione dopo oltre cent’anni di storia e di solitudine, ci prova – attraverso le autorevoli pagine del “Corriere della Sera” – il prof. Gerardo Villanacci, ordinario di diritto privato nell’Università Politecnica delle Marche.

La tesi di fondo del Villanacci è sempre quella del pres. Prodi, anche se rinverdita facendo riferimento a qualche recente esempio (come il caso del concorso per 1750 infermieri): i giudici amministrativi costituirebbero un freno che impedisce o comunque ritarda lo sviluppo e la modernizzazione del nostro beneamato Paese.  Non si comprende come mai tale effetto sarebbe prodotto solo dai giudici amministrativi e non anche da quelli civili. Si tratta forse di una tara genetica od antropologica? L’articolo non lo spiega a noi ignorantoni. Si limita a dire che le pronunce dei giudici amministrativi hanno un impatto maggiore perché riguardano interessi pubblici. Bella scoperta.

Riportiamo qui di seguito tale articolo, nell’ambito della rassegna stampa, a beneficio di coloro che non hanno avuto occasione di leggerlo. Vista la mancanza in esso di nuovi argomenti, ci asteniamo dal commentarlo, anche perché confessiamo di non possedere la necessaria autorità e competenza: chi scrive è infatti un semplice professore associato e non si occupa di diritto privato.

Notiamo solo che l’intento dichiarato nell’incipit dell’articolo di “buttarla in caciara” sembra perfettamente riuscito. Saremo lieti di accogliere eventuali commenti od interventi dei lettori, senza tuttavia fare caciara. Neanche per questo siamo infatti attrezzati (G.V., 4.8.2017).


Rassegna stampa – Articolo tratto dal Corriere della Sera – 4 agosto 2017 – pagina 22

LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA CHE RALLENTA IL PAESE

di Gerardo Villanacci

Ma sì, buttiamola in caciara. Non nell’accezione tradizionale della locuzione, cioè rovesciare il tavolo quando non si hanno argomenti convincenti da sostenere, bensì quella più subdola utilizzata da chi vuole semplicemente guadagnare tempo, fare confusione. È la tecnica un tempo più diffusa ma tutt’ora molto utilizzata di chi non volendo rispettare gli obblighi assunti, per esempio il pagamento di una fornitura, utilizza, abusandone, lo strumento processuale avviando un procedimento giudiziario nei confronti di chi, inopinatamente, da creditore, con un colpo di bacchetta «legale» viene trasformato in «controparte». È uno dei punti nevralgici del nostro complesso settore giudiziario che appieno si incunea nel parimenti articolato tema dell’accessibilità alla giustizia sotto il profilo economico. Avviare un procedimento, sia pure per finalità meramente strumentali, a conti fatti è più conveniente che rispettare gli impegni assunti e comunque i vantaggi sono di certo maggiori rispetto agli oneri da sopportare.

Questa regola è valida in generale ma, verosimilmente, più dannosa per la giustizia amministrativa se non altro per una maggiore implicazione sociale delle decisioni della stessa che impattano non soltanto l’interesse di chi è direttamente coinvolto ma anche quello collettivo. Le opinioni in proposito si dividono tra chi ritiene il giudice amministrativo un elemento essenziale alla tutela del cittadino innanzi alla pubblica amministrazione, riconoscendo al più la necessità di interventi riformatori, e chi, in modo più drastico, ne auspicherebbe l’abrogazione, anche considerando che, per come è strutturata e per le funzioni che ricopre, la stessa rappresenta una anomalia del nostro Paese se comparata agli ordinamenti di altri. Siamo ormai abituati a interventi del giudice amministrativo in settori che dovrebbero essere sottratti alla sua competenza. Penso ai 1.750 aspiranti infermieri che alcuni giorni fa sono esplosi in una rabbia collettiva quando è stato loro comunicato, due ore prima dell’inizio della prova, che il Giudice amministrativo l’aveva sospesa.

È evidente a chiunque che negli ultimi anni la giustizia amministrativa ha conseguito un ruolo sempre più importante che inevitabilmente ha anche influenzato l’economia ed il mercato. D’altra parte le competenze vanno dai trasporti alla concorrenza, dall’energia alle infrastrutture, cosicché le decisioni incidono sul sistema economico e sociale influenzando non poco lo sviluppo e, in alcuni casi, la modernizzazione del Paese.

Se per un verso il diritto alla buona amministrazione è stato riconosciuto come fondamentale dall’Ordinamento comunitario, dall’altro non possiamo non considerare che con l’ultimo rapporto annuale, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha evidenziato che il contenzioso amministrativo italiano è maggiore che in altri Paesi europei.

Che la circostanza costituisca, come molti economisti hanno evidenziato, una contrazione della crescita che, infatti, è inferiore a quella degli altri Stati dell’eurozona, non può negarsi per quanto, in verità, concorrono a tale disfunzione anche altre storture tra le quali l’insostenibile tassazione sulle imprese, una inadeguata attività di ricerca e di sviluppo e una sempre più ridotta competitività a causa dall’elevato costo del lavoro.

Non è dato di avere certezze della tesi che l’abolizione della giustizia amministrativa produrrebbe un rilevante miglioramento e una implementazione di investitori che oggi sono fortemente disincentivati oltre che dai costi diretti e indiretti di cui si è detto, anche dall’alto rischio che progetti infrastrutturali subiscano, proprio a seguito di un contenzioso amministrativo, dei rallentamenti se non vere e proprie sospensioni.

Ma è certo che la situazione attuale è insostenibile. Abbiamo bisogno di poche ma chiare regole fondamentali, la cui violazione deve essere accertata e sanzionata, in tempi e costi contenuti, da giudici competenti ed imparziali.

Si può comprendere il timore di chi ritiene che l’abrogazione della giustizia amministrativa sia volta sostanzialmente a sottrarre al controllo dei giudici l’azione amministrativa. Oppure la preoccupazione, nel caso in cui si volessero far confluire le competenze del giudice amministrativo in quelle della giustizia ordinaria, che ciò potrebbe determinare la definitiva paralisi di quest’ultima.

Tuttavia, premesso che in nessun caso può giungersi ad una seppur minima riduzione delle tutele del cittadino, esperienze di altri Paesi, come ad esempio quello inglese che ha da tempo sviluppato un efficace sistema di Administrative Tribunals, induce a ritenere che possano essere attuate soluzioni alternative pienamente soddisfacenti per le parti interessate e al contempo utili ad evitare superflui e onerosi contenziosi.

 


Commenti (13)

 

  1. comvenezia ha detto:
    4 agosto 2017 alle 22:50

    Non credo affatto che serva a qualcosa trasferire al giudice ordinario la giurisdizione amministrativa.

  2. Piuttosto il legislatore deve dare strumenti agili ai tar e risorse adeguate per fare presto e bene.

    Il governo poi la smetta con le nomine al cds che sanno solo di cordate politiche e riducono il prestigio e la credibilità della istituzione tar-cds.

  3. bosettiegatti ha detto:
    5 agosto 2017 alle 09:35

    Siamo alle solite.

    Abolire i medici dovrebbe far sparire la malattia.

    L’incapacità del legislatore di produrre norme chiare e della pubblica amministrazione di adottare provvedimenti coerenti sono la vera causa della cosiddetta paralisi e/o disincentivazione degli investimenti (cosa c’entrino poi i 1.750 aspiranti infermieri con gli investimenti è un rebus).

     

  4. comvenezia ha detto:
    5 agosto 2017 alle 14:05

    pare utile aggiungere che la giustizia amministrativa spesso da fastidio ai poteri, statali regionali locali non sono un giudice ma un dirigente pubblico e ritengo invece doveroso e corretto accettare il controllo giurisdizionale così dovrebbe fare la politica che invece cerca di tappare la bocca a chi opera con indipendenza e nella legalità così forse si spiegano molti fatti…. saluti.

  5.  

  6. Fabio Mattei ha detto:
    5 agosto 2017 alle 17:46

    Ultimamente la giustizia amministrativa è tornata protagonista della cronaca politica e pubblicistica. Qualche settimana fa Renzi ha lanciato l’idea di organizzare un no-TAR tour per la sua campagna elettorale, notizia che ha naturalmente riacceso i riflettori sull’operato dei giudici amministrativi spesso accusati di “frenare” il progresso del Paese.

    L’articolo dal titolo “La giustizia amministrativa che rallenta il Paese” pubblicato oggi sul Corriere della Sera a firma del prof. Gerardo Villanacci, docente di diritto privato, rilancia l’immagine di una giustizia amministrativa invadente e poco competente a cui attribuire, se non tutti, una buona fetta dei problemi italiani sul fronte della crescita economica e infrastrutturale. Contro tale mistificazione occorre chiarire un paio di aspetti.

    La giustizia amministrativa è garante dei diritti del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, rappresentando un formidabile presidio di legalità in settori nevralgici come gli appalti pubblici, la sanità, l’ambiente, l’energia, l’edilizia, l’urbanistica e l’immigrazione.

    Il fatto che ci possa essere chi utilizzi lo strumento processuale per “guadagnare tempo, fare confusione” oppure eludere “il pagamento di una fornitura”, usando le parole di Villanacci, è dovuto alla confusione normativa (troppe leggi, spesso scritte male e in contraddizione tra di loro) e non al lavoro dei giudici che queste leggi sono chiamati ad applicare.

    Bisogna poi sottolineare un altro aspetto: la scarsa qualità degli atti amministrativi (bandi di gara, modalità dei concorsi, ecc.), spesso scritti male e contro i quali giustamente i cittadini fanno ricorso per tutelare i propri diritti. Immaginiamo che nessuno voglia eliminare questo diritto perché, oltre a danneggiare il cittadino, si finirebbe per favorire la corruzione e la mancanza di trasparenza in tante amministrazioni.

    Se le storture del sistema sono il presupposto per ripensare una giustizia amministrativa più puntuale ed efficace siamo disposti a ragionarci assieme, ma se sono un pretesto per addossare a un capro espiatorio tutti i problemi del Paese allora non siamo disposti a subire attacchi politici e mediatici, ma continueremo a farci garanti dei diritti dei cittadini.

    Fabio Mattei

  7. Raffaello Gisondi ha detto:
    5 agosto 2017 alle 18:10

    Come spesso accade, gli interventi di questi “opinionisti” rimangono nel vago quando si tratta di proporre soluzioni alternative.

    Se questi Tribunals dovessero essere organi amministrativi formati da funzionari, in Italia li abbiamo gia’ avuti: erano le g.p.a. che nel 1967 la Consulta dichiaro’ incostituzionali.

    Se dovessero, invece, essere formati da magistrati indipendenti allora che differenza ci sarebbe rispetto ai TAR che si vorrebbero abrogare?

    Auspico che un dibattito importante come quello che investe la giustizia amministrativa possa avvalersi di contributi meditati di giuristi che conoscono la materia.

  8. Salvatore Raponi ha detto:
    5 agosto 2017 alle 19:09

    Premetto di avere svolto le funzioni di giudice amministrativo, con convinzione e impegno, nelle sedi di Milano, Firenze e Roma-Sezione staccata di Latina, dal 1981 al 2004, anno in cui sono stato collocato a riposo a domanda, per motivi di salute, con decorrenza 6 maggio.

    Le decisioni sulle questioni oggetto di impugnativa sono state prese sempre collegialmente in applicazione della normativa vigente, normativa che ha subìto negli ultimi anni consistenti modifiche e aggiornamenti per renderla più rispondente alle mutate esigenze economico-sociali della collettività.

    Tanto premesso, trovo l’articolo del Prof. Villanacci generico e inconcludente, non essendo dato comprendere che cosa, in definitiva, egli proponga per rendere funzionale ed efficiente la giustizia amministrativa.

    Egli non precisa infatti, al di la di un generico riferimento ai sistemi di altre nazioni europee, quali sarebbero le “poche ma chiare regole fondamentali” necessarie per rivitalizzare il sistema italiano della giustizia amministrativa, quale sarebbe insomma l’alternativa percorribile.

    D’altra parte è il caso di ribadire che i giudici non fanno altro che applicare al caso concreto le leggi approvate dal Parlamento della Repubblica.

  9. Tammaro Chiacchio ha detto:
    5 agosto 2017 alle 22:01

    Il nodo vero non è abolire o circoscrivere la giurisdizione amministrativa.

    Risulterebbe pernicioso per il già travagliato rapporto cittadino-pubblica amministrazione.

    Necessita, invece, dotarla di risorse umane ed organizzative più ampie per renderla concretamente effettiva, tempestiva ed (anche) meno onerosa.

    Forse una sola riflessione, in questa prospettiva, andrebbe fatta. Ha ancora senso il ruolo misto (consultivo e giurisdizionale) del Consiglio di Stato siccome la titolarità dell’Esecutivo a nominare una quota di Giudici amministrativi di secondo grado?

    Tammaro Chiacchio

  10. comvenezia ha detto:
    6 agosto 2017 alle 18:06

    proposte:

    potenziare risorse umane e e tecniche della giustizia amministrativa in generale x ridurre tempi e costi

    rendere più selettivo accesso professione forense per migliorare qualità e ridurre quantità ricorsi

    potenziare strumenti pre contenzioso giurisdizionale e di deflazione

    valutare giudice amministrativo unico in primo grado per limitate materie e/ o valori

    potenziare formazione e aggiornamento della dirigenza e funzionari pubblici e rendere molto più selettivi i concorsi relativi

    divieto assoluto di membri interni nelle commissioni concorso delle amministrazioni statali regionali locali per rompere nesso tra politica assunzioni fedeltà burocrati

    centralizzare concorsi pubblici per dirigenti e funzionari laureati nelle pa. con gestione almeno regionale ed esterna agli enti

    rendere effettiva separazione Politica e gestione amministrativa attuando principi espressi da corte costituzionale.

  11. Federico Dinelli ha detto:
    7 agosto 2017 alle 08:39

    Un quotidiano di ispirazione liberale che promuove idee così illiberali come l’abolizione del G.A. È assurdo che, con tutti i problemi che ha la nostra giustizia, si possa proporre di abolire l’unica parte che funziona. Sarei curioso di vedere cosa succederebbe, poi, dentro ai tribunali ordinari…

  12. Antonella Trentini ha detto:
    7 agosto 2017 alle 09:52

    Abbiamo già avuto modo di dire in più occasioni (cfr. da ultimo post del 17 luglio su unaep.com per commentare l’articolo apparso su Il Tempo “Renziani all’attacco per rottamare il TAR”), che la volontà (o il “sogno”, visto che dovrebbe passare per una modifica costituzionale), di accorpare la giurisdizione amministrativa a quella ordinaria, significherebbe voler livellare verso il basso la giustizia in Italia. Bel gusto!

    Come osserva giustamente il prof. Virga nell’editoriale in commento, si tratta di un pour parler agostano ricorrente e, casualmente (ma solo casualmente), sempre successivo a provvedimenti impattanti per i governi di turno.

    Tuttavia chi di volta in volta apre bocca per renderci partecipi di questa ricetta miracolosa per “far ripartire l’Italia”, “guadagnare punti di PIL”, ecc., che sarebbe l’abolizione dei TAR (e quindi del Consiglio di Stato), non sa di cosa parla.

    Basta pensare a poche considerazioni scriminanti:

    1) i TAR e il Consiglio di Stato, a differenza dei Giudici penali, non esercitano l’azione anche d’ufficio. Ergo: se interviengnono con ordinanze cautelari e con sentenze è perché qualcuno ha azionato la giustizia amministrativa.

    In altre parole: un soggetto, persona fisica o giuridica, ha depositato ricorso contro un atto amministrativo emesso da una pubblica amministrazione, che assume essere lesivo per i propri interessi. Vero o non vero, sarà il giudice amministrativo a deciderlo.

    E per fare ciò i TAR o il CDS fissano l’udienza che, se è una sospensiva, va alla prima Camera di Consiglio utile, nel rispetto dei tempi necessari all’altra parte per difendersi. Non è quindi il TAR (o il CDS) che decidono i tempi del processo, ma chi attiva il Giudice amministrativo!

    Questi (ricorrente), nei tempi assegnati dall’ordinamento per reagire ad un atto potenzialmente illegittimo, decide se notificare un ricorso il 1° giorno dei 60 a disposizione, o il 60° (o in qualunque giorno intermedio). E’ sempre il ricorrente che decide il giorno in cui depositare (oggi telematicamente, ieri nella Segreteria del TAR o CDS), il proprio ricorso notificato in un lasso temporale fra 1 e 30 giorni, e non è raro che proprio il ricorrente decida di “far cadere” una camera di consiglio in un particolare momento, affinché il clamor fori sia più amplificato. E’ il caso del ricorso degli infermieri….

    2) La giustizia amministratifva è prevista dalla Costituzione:

    – art. 100. Il Consiglio di Stato e` organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione;

    – art. 103. Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi;

    – art. 113. Contro gli atti della pubblica amministrazione e` sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non puo` essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

    Dunque non si comprende perché ogni volta che la giustizia amministrativa è da qualcuno attivata per atti fatti male dalla pubblica amministrazione (di norma quella statale…), poi si gridi all’abolizione.

    Si facciano atti fatti bene piuttosto

  13. GIAMPIERO DE LUCA ha detto:
    7 agosto 2017 alle 10:34

    Favorita dalla canicola di questi giorni e dalla scarsità di notizie ritorna di attualità l’annosa diatriba sull’utilità della giustizia amministrativa (in ultimo è il Corsera a rilanciare la tematica con un articolo del 4 agosto).

    L’accusa principale rivolta alla giustizia amministrativa è quella di essere, se non la causa, una delle concause efficienti del rallentamento e/o della mancata crescita economica dell’Italia.

    La critica è sistematicamente accompagnata dall’esposizione di dati generici e non verificabili, poiché non disaggregabili da quelli che riguardano altri fattori che pure concorrono, secondo gli stessi critici della giustizia amministrativa, ad una insoddisfacente ripresa economica.

    Inutile ricordare a questi censori che si accendono con l’arrivo del solleone (che non sono solo giornalisti, ma anche politici di livello, intellettuali e VIP di ogni genere rimasti insoddisfatti da un provvedimento, magari giusto, del G.A.) che allo sviluppo dell’economia di una grande potenza industriale come l’Italia gioverebbero, invece della soppressione della giustizia amministrativa (che esiste, in forme variegate, ma senza le polemiche italiane, in tutti i paesi europei e non solo) provvedimenti rivolti alla risoluzione di mali endemici della nostra econo-mia, quali:

    – una lotta senza quartiere alla corruzione (lotta da praticare e non da declamare, come avviene oggi, attribuendo estesi e incontrollati poteri, non solo di natura tecnica, ad organismi, in tesi indipendenti, che si sostituiscono al legislatore con una messe di regole spesso inutili e formali che aggravano i procedimenti ammi-nistrativi anziché semplificarli, ottenendo così l’effetto di favorire anziché contra-stare la corruzione);

    – lo sblocco dei finanziamenti per la realizzazione e l’ammodernamento d’importanti opere infrastrutturali e di sistemi a rete (strade, ferrovie e alta velo-cità, logistica, sistemi internodali di trasporto, reti informatiche, reti idriche, aree attrezzate per investimenti industriali ecc.);

    – una politica d’investimenti per il ribasso dei costi energetici sopportati dalle imprese che non ci tenga al guinzaglio di paesi esteri (vedi il caso della Francia che, attraverso le centrali nucleari a confine con l’Italia, fornisce a caro prezzo un terzo dell’energia che acquistiamo all’estero);

    – una pubblica amministrazione realmente efficiente (i cui organici andrebbero rinnovati quasi completamente, con l’immissione di giovani 2.0, reclutati per me-rito e professionalità – requisiti oggi affatto scontati – e continuamente formati e aggiornati durante il rapporto di lavoro);

    – una deregulation normativa (poche e chiare norme per chi deve investire);

    – una giustizia rapida ed efficiente da perseguire in ogni ordine di giurisdizione;

    – una tassazione ridotta e sopportabile che incentivi il risparmio e gli investimenti produttivi (e la lista potrebbe continuare a lungo).

    Inutile, ancora, ricordare loro che le materie e gli interessi devoluti alla giu-risdizione del giudice amministrativo afferiscono all’esistenza stessa di uno stato di diritto in cui tutti i cittadini sono soggetti alla legge e, in primis, coloro che esercitano funzioni pubbliche, i quali devono assicurare i servizi alla collettività, secondo principi di legalità, imparzialità e competenza.

    Si tratta di materie ed interessi che dovranno sempre e comunque avere un giudice che ne assicuri la tutela, in ossequio al diritto dell’U.E., della C.E.D.U. ed agli artt. 24, 103, 111 e 113 Cost., si chiami giudice amministrativo o in altro modo (ed ecco perché ci si aspetterebbe che i fautori della soppressione del G.A. indicassero, almeno, in qual modo queste materie ed interessi incoercibili andreb-bero altrimenti tutelati e con maggiore garanzia per lo sviluppo economico del paese rispetto ad oggi).

    I detrattori della giustizia amministrativa, anziché lavorare alla sua sop-pressione, potrebbero contribuire a migliorarla, sostenendo anche le iniziative co-struttive dell’avvocatura su temi che involgono una più efficiente organizzazione del servizio giustizia con benefici riflessi sulla durata ragionevole del processo (l’investitore ha interesse ad una giustizia rapida ed imparziale e non ad usum delphini).

    Ed allora invitiamo costoro, che spesso siedono in Parlamento, a confrontarsi su temi e proposte che non trattano mai nelle loro requisitorie e, segnata-mente, sui seguenti:

    – modificare il sistema di reclutamento dei giudici (occorre chiedersi se sia ancora opportuno, ora che il giudice amministrativo è spesso il giudice dei diritti e non solo degli interessi legittimi, il suo reclutamento con un concorso di secondo gra-do che privilegia la provenienza dalla p.a. o attribuisce rilevanza a titoli profes-sionali e di servizio nonché a pubblicazioni non sempre genuinamente conseguiti o prodotti);

    – prevedere una carriera nelle sezioni consultive differenziata da quella dei giudici delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, favorendo l’osmosi dalle se-zioni giudicanti alle consultive e non viceversa;

    – abolire o limitare grandemente gli incarichi extra istituzionali e ministeriali dei giudici togati;

    – prevedere forme di controllo sulla qualità dei provvedimenti giurisdizionali, an-che in relazione al tasso di riforme subite, ed incentivi economici alla produttività;

    – istituire, anche per il G.A., i consigli giudiziari con la partecipazione degli avvo-cati alle scelte di organizzazione degli uffici e di assegnazione degli incarichi diret-tivi, ovvero prevedere una partecipazione delle rappresentanze forensi al Consi-glio di Presidenza della Giustizia Amministrativa;

    – istituire il giudice amministrativo monocratico in materie e riti in cui la collegia-lità ritarda la decisione senza offrire maggiori garanzie di controllo, uniformando la giustizia amministrativa a quella ordinaria;

    – coprire i vuoti dell’organico dei giudici e delle segreterie amministrative.

    Se tutte o anche alcune delle riforme e dei provvedimenti auspicati venisse-ro attuati, le imprese sane e competitive ed i cittadini onesti si sentirebbero sicu-ramente più rassicurati sulla tutela tempestiva dei propri diritti ed interessi ed il sistema Paese ne trarrebbe un grande giovamento.

    Abbiamo bisogno di fautori di riforme che lavorino per declinare un giudice amministrativo moderno, terzo ed indipendente, meno vicino agli interessi delle lobby politiche ed economiche, e non di predicatori della soppressione o, peggio, dall’assoggettamento totale di questo giudice ai poteri forti.

    Nella qualità di associazione professionale che rappresenta una quota di avvocati amministrativisti che tutelano i diritti e gli interessi di cittadini ed imprese prevalentemente dinanzi al giudice amministrativo della Sicilia, rivolgiamo un caldo ennesimo invito di resipiscenza a coloro che con ardore, a volte iconoclasta, propongono di risolvere i problemi di uno stato di diritto malato intonandone il de profundis.

    Sebbene costoro pensino (in buona o mala fede) di non averne bisogno, è necessario, anche a loro tutela, che ci sia un giudice amministrativo (o in altro modo declinato) a cui possano rivolgere una domanda di giustizia quando, iniure, subiranno la prevaricazione dei pubblici poteri (ed è presumibile che nella vita di ciascuno di noi ciò avverrà almeno una volta).

    avv. Giampiero De Luca

    Presidente Camera Amministrativa Siciliana

  14. Enzo Di Sciascio ha detto:
    7 agosto 2017 alle 12:02

    Qualcuno dovrebbe fare una prova assai semplice: prendere a caso una sentenza del giudice ordinario (specie civile) e vedere a quanti anni di distanza dall’atto di citazione è intervenuta. Solo allora potrà fare la stessa prova con una sentenza a caso di un TAR e scoprirà che, al confronto, il giudice amministrativo è Speedy Gonzales.

    Tutto ciò senza considerare che una sentenza del giudice civile è, in teoria, passibile di appello e di giudizio di Cassazione, mentre la sentenza del TAR ha un solo grado di appello, quello al Consiglio di Stato, dopo di che passa in giudicato. Allora perché tante ricorrenti geremiadi, anche da parte di chi sa bene come stanno le cose?

    E’ presto detto: i TAR possono incidere, e spesso incidono sugli atti del potere politico, locale e e centrale, potere politico che trova sempre i suoi avvocati d’ufficio.

    EDS

  15. avvlauro ha detto:
    7 agosto 2017 alle 13:35

    Non sarà molto più semplicemente l’amministrazione ad essere inadeguata?

    Perche’ non prendere in considerazione la constatazione lapalissiana che se l’amministrazione non sbagliasse vi sarebbero solo ricorsi palesemente infondati sbrigabili ex art. 60 C.P.A.?

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