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La grande problematica relativa alla dirigenza pubblica

L’interrogazione parlamentare dell’on.le Rizzetto pone in evidenza le violazioni di leggi da parte del governo nella fattispecie il conferimento delle funzioni dirigenziali ad ufficiali collocati in aspettativa

Da Pietro Paolo Boiano

14 agosto 2017

 
 

La vexata quaestio della dirigenza pubblica è ormai scaduta a fastidiosa quanto pretestuosa solfa. Non è bastato che la Corte Costituzionale chiudesse con una inequivocabile pronuncia un lungo iter contenzioso dinanzi alla giustizia amministrativa e demolisse maliziosi interventi legislativi, stabilendo in via definitiva che l’accesso alla dirigenza pubblica può avvenire sempre e soltanto mediante procedure concorsuali.

Non è bastato, visto che la PA continua ad operare in dispregio di quanto statuito dalla Consulta, che è poi il dettato della Costituzione. A tanto si aggiunge che il perdurare di comportamenti dilatori e distorsivi non sfuggono all’attenzione della Magistratura Contabile che vi coglie concrete ipotesi di danno erariale in relazione all’ingresso nei ruoli dirigenziali di figure estranee le cui nomine avvengono secondo il criterio “intuitu personae”.

Tale metodo non soddisfa le regole della trasparenza perché non é dimostrato per tabulas che un prescelto esterno abbia numeri e requisiti mancanti ai soggetti presenti nei ruoli organici. E c’é di più perché accade pure che taluni funzionari si collochino in posizione di aspettativa per essere poi chiamati a rivestire funzioni dirigenziali anche apicali.

La vicenda che ne occupa si incentra sulla riforma Bassanini che fu Ministro della Funzione Pubblica e quindi sull’ormai famoso art.19c.6 della legge 165/2001 che prevede appunto l’assunzione di dirigenti dall’esterno.

Il prof.Bassanini, interpellato al riguardo, non disconosce la sua riforma, anzi ne conferma la ratio a condizioni però che la P.A. richieda l’apporto di figure esterne in possesso di competenze mancanti ali suo interno.

Da tale intricata situazione la P.A. non può uscirne per vie improbabili né con misure dilatorie o con provvedimenti che creano più problemi di quanti pensi di risolverne. Politica e burocrazia, l’una invasiva per definizione, l’altra abbarbicata ad interessi personalistici, non possono coabitare, e se pensano di insistere su questa china vuol dire che si sono votate al “ cupio dissolvi”.

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