28/09/2016 – Profili di incostituzionalità dell’art. 11 comma 1 lettera b) n. 4 della L. 124/2015

Profili di incostituzionalità dell’art. 11 comma 1 lettera b) n. 4 della L. 124/2015

L’art. 11 comma 1 lettera b) n. 4 della L. 124/2015 ( legge Madia ) intende riformare  la figura del segretario comunale e provinciale prevedendone l’abolizione .

Ora , in disparte i motivi per cui il segretario comunale non è , in quanto tale,  un dirigente pubblico               ( si rinvia alla riflessione del 19.09.2016 ) e quindi non può soggiacere alla riforma della dirigenza pubblica , vi è che la norma delegante ( e chiaramente quella delegata – cfr atto 328 camera dei deputati ) appare censurabile sotto il profilo della ragionevolezza , della coerenza , della pertinenza per i seguenti motivi .

La legge Madia ( LEGGE 7 agosto 2015, n. 124 – Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche – G.U. n. 187 del 13.08.2015 ) all’art. 11 si prefigge di riformare la dirigenza pubblica , ma in modo surrettizio e privo di qualunque criterio di ragionevolezza e pertinenza oltre che di coerenza , invade altri ambiti e nello specifico quello dell’ordinamento degli enti locali .

Invero la  legge 3 agosto 1999, n. 265  ( Disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142 ) con l’art. 31 –  Testo unico in materia di ordinamento degli enti locali – al comma 2 aveva previsto : “ . Il testo unico contiene le disposizioni sull’ordinamento in senso proprio e sulla struttura istituzionale, sul sistema elettorale, ivi comprese l’ineleggibilità e l’incompatibilità, sullo stato giuridico degli amministratori, sul sistema finanziario e contabile, sui controlli, nonché norme fondamentali sull’organizzazione degli uffici e del personale, ivi compresi i segretari comunali.

Il successivo dlgs 267/2000 ha disciplinato la materia prevista dalla norma delegante ( art. 31 L. 265/1999 ) .

Appare evidente che la disciplina circa l’ordinamento degli enti locali era stato frutto di una scelta organica e sistematica del Legislatore delegante ( L. 265/1999 art. 31 ) e quindi rispettando il fondamentale criterio della coerenza , stante la peculiare e specifica funzionalità degli enti locali rispetto alla generalità di tutte le altre pubbliche amministrazioni.

La medesima coerenza , pertinenza e ragionevolezza non si rinviene nella scelta del Legislatore delegante ( art. 11 lettera b n. 4 L. 124/2015 )  il quale nell’intento di recare disciplina a tutta la dirigenza pubblica , surrettiziamente invade un ambito disciplinato da altra norma delegata , poi raccolta nel TUEL.  

La ratio della norma ( art. 11 lettera b n. 4 L. 124/2015 ) non è quello di disciplinare l’ordinamento degli Enti Locali , e ciò non di meno non sfuggirà che,  nel prevedere l’abolizione della figura del segretario comunale , la predetta norma delegante va ad incidere significativamente sul funzionamento degli enti locali , stravolgendone , tra l’altro , i meccanismi.

Di fatti “ i compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa  “ previsti dal predetto art. 11 lettera b n. 4 L. 124/2015 , ancor prima di integrare le funzioni della istituenda dirigenza apicale , costituiscono il fine istituzionale dell’Ente e quindi rappresentano un elemento essenziale dell’ordinamento degli Enti Locali .

E’ evidente che la L. 124/2015 ( art. 11 lettera b n. 4 ) non si era affatto prefissa di modificare l’assetto ed il funzionamento degli Enti Locali , ma intaccando la figura del segretario comunale e rimodulando le funzioni che pure fanno capo a tale figura professionale, inevitabilmente la predetta norma viola il canone della coerenza , recando arbitrariamente disciplina in ambiti diversi  dall’obiettivo che pure si era prefisso ( dirigenza pubblica ) .

La circostanza , poi , che la predetta norma non avesse affatto lo spirito di dettare disciplina in materia di Enti Locali lo si evince dalla disposizione dell’art. 8 della L. 124/2015 (  Art. 8. Riorganizzazione dell’amministrazione dello Stato ) al cui comma 1 ha previsto : “ 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali.”.

L’intento appare essere quello della riorganizzazione delle amministrazioni centrali , non periferiche .

Potrà ritornare utile , in tale breve riflessione , uno stralcio dal Quaderno del Servizio Studi della Corte Costituzionale del luglio 2013 :  “ La coerenza è rispondenza logica della norma rispetto al fine perseguito dalla legge ovvero alla sua ratio. Difetta la ragionevolezza laddove “la legge manca il suo obiettivo e tradisce la sua ratio” (  sentenza 43 del 1997)”.

Ed ancora “Uno scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte del legislatore, è possibile soltanto ove l’opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità, che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura, per così dire, sintomatica di eccesso di potere e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l’ordinamento assegna alla funzione legislativa” (sentenza C.C.  n. 313 del 1995).

Da tanto pare derivarne , almeno sotto tale profilo , una evidente ipotesi di incostituzionalità della norma delegante ( ed ovviamente del consequenziale atto camera 328 , all’esame del consiglio di stato ) .

Antonio Scala

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