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La riforma della dirigenza

 05 Settembre 2016

La riforma della dirigenza avrà sugli enti locali due importanti effetti: l’istituzione della figura del dirigente apicale, come nuovo vertice della macchina burocratica, con connessa trasformazione dei segretari; la possibilità di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti che non sono alle dipendenze dell’ente, ma di altre amministrazioni (una novità che si applica solamente in quei Comuni in cui non vi sono dirigenti).

Tutti i Comuni devono avere un dirigente apicale. A questo soggetto sono affidati tre compiti: attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento delle attività amministrative, controllo di legalità.

I Comuni con popolazione fino a 5 mila abitanti e quelli montani con popolazione compresa fino a 3mila abitanti devono conferire questo incarico necessariamente in forma associata. Ai Comuni che hanno più di 100mila abitanti è consentito mantenere la pre-esistente figura del direttore generale.

I sindaci potranno conferire incarichi dirigenziali per un periodo di 4 anni, con possibilità di proroga per un periodo di 2 anni e per una sola volta, a dirigenti iscritti ad uno dei tre ruoli della dirigenza pubblica: ogni volta che individueranno un dirigente non in servizio presso il proprio ente si realizzerà il trasferimento in mobilità: per i dirigenti a tempo indeterminato dunque non c’è più certezza di continuare a mantenere il proprio rapporto di lavoro presso l’amministrazione in cui sono stati assunti, anche se con un incarico diverso. – www.anci.it

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