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Due anni non bastano, se le soluzioni ai problemi sono sbagliate

 
 Su La Repubblica del 22 marzo 2016, il Ministro della Funzione Pubblica Madia, nell’articolo titolato “Burocrazia, Madia: “Avete ragione, ci servono due anni”, canta le lodi delle riforme avviate nei riguardi della Pubblica Amministrazione.

Non senza aver premesso che, ovviamente, si tratta di “un programma di riforme attese da decenni, ma sempre rinviate“, non si sa bene da chi.

Ulteriore premessa del Ministro è che la semplicità è “l’arte dei governi del XXI secolo“, citando Cass Sunstein, consulente per la semplificazione dell’amministrazione Obama. E, diciamolo francamente, chi non conosce Cass Sunstein e le sue riflessioni sulla semplicità? Come, dunque, non essere d’accordo?

Nello sviluppo del ragionamento, il Ministro così riflette: “Riformare oggi la pubblica amministrazione non è come riformarla venti anni fa; l’innovazione tecnologica offre uno strumento potente per rivoluzionare il rapporto con i cittadini. Certo, ha ragione Serra, non si tratta di sommare una burocrazia digitale (con un numero spropositato di pin e password da far impallidire chiunque) alla burocrazia cartacea, ma di modificare i processi di lavoro e il modo di interazione.Entro due anni avremo un unico sistema di autenticazione, per tutte le amministrazioni, tutti i livelli di governo, oltre ai privati che aderiranno. L’obiettivo è rendere possibile, con un unico pin, ricevere servizi pubblici, adempiere agli obblighi, scambiare dati e informazioni con la pubblica amministrazione. È un cambiamento culturale che sottrae il cittadino al vincolo dei tempi imposti dall’amministrazione“.

Tutto giusto. Del resto, se la pubblicità ci dice che col cloud le attività delle imprese divengono più semplici, così che il business cresce con esse, come non sottolineare che col pin la PA divenga più efficiente e funzionale?

Oggettivamente, occorrerebbe comprendere come una larga parte della PA (oltre la metà, diremmo) possa trarre concreti benefici operativi e modificare i processi di lavoro attraverso il Pin: si tratta delle forze dell’ordine, dei medici, degli infermieri, dei docenti, degli operai addetti ai cantieri, degli assistenti sociali, degli ispettori del lavoro e di tutti coloro che svolgono la propria attività con un contatto diretto con persone e strutture, ben difficilmente sostituibile dal cloud e gestibile col Pin.

Per altro verso, se davvero la semplicità fosse il faro delle riforme che si attendono da decenni ma sempre rinviate (ovviamente, anche decenni fa c’erano il Pin e il cloud, ma all’insaputa dei più…), allora, forse, le riforme sarebbero attuate un pelino in modo più conforme all’idea generale. Qualcuno, ad esempio, ha provato a confermare le dimissioni con la nuova procedura on line (che prevede sia Pin, sia cloud) in vigore dal 12 marzo? E’ un sistema più semplice e immediato? Non è burocrazia digitale che si somma a quella cartacea? Ancora: qualcuno sa esattamente quali adempimenti deve effettuare un’impresa per acquisire l’AvcPass, al fine di partecipare ad una gara d’appalto? E, per passare agli adempimenti burocratici delle PA: qualcuno ha fatto caso a quanti adempimenti burocratici si debbono realizzare on line per adempiere, ad esempio, agli obblighi della trasparenza?

Sarebbe il caso di comprendere che “riforme epocali” non si fanno nè in due anni, nè in due giorni. Le riforme richiedono i tempi necessari soprattutto a che siano realistiche e ben realizzate. Dovrebbero essere, soprattutto, riforme molto ben meditate e testate sul campo, prima di essere attivate, per capire quali effetti producono. Purtroppo, non basta un Pin, così come non basta uno slogan perchè le riforme risultino utili ed efficaci.

 

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