17/03/2016 – Dubbi sull’organo competente ad autorizzare gli acquisti extra Consip o centrali regionali

Dubbi sull’organo competente ad autorizzare gli acquisti extra Consip o centrali regionali

S. Usai (La Gazzetta degli Enti Locali 16/3/2016)

1. Premessa

Con la recente deliberazione n. 14/2016 la sezione della Corte dei conti Liguria è stata chiamata a fornire debite deduzioni circa il comma 510 dell’articolo 1 della legge di stabilità e, segnatamente, sulla competenza ad autorizzare le deroghe rispetto agli obblighi di acquisto dalle convenzioni di Consip o dalle centrali di committenza regionali (praticamente dai soggetti aggregatori).

Nel caso di specie, alla sezione un comune della regione trasmetteva una deliberazione giuntale che, appunto, autorizzava il proprio responsabile dell’ufficio tecnico a procedere ad acquisti esterni a Consip e/o alla centrale regionale per assenza ed inadeguatezza delle prestazioni da acquisire. 

La motivazione, a base dell’adozione dell’atto da parte di un organo politico, è che la norma nulla dispone circa l’organo competente se non un sibillino riferimento all’organo di vertice amministrativo.

2. Il comma 510, articolo 1 della legge di stabilità (legge 208/2015) 

Il comma in argomento, come noto, dispone che “le amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate da Consip SpA, ovvero dalle centrali di committenza regionali, possono procedere ad acquisti autonomi esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione specificamente motivata resa dall’organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti, qualora il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali.

La disposizione, pertanto, sembrerebbe riferirsi alle acquisizioni di categorie merceologiche residuali per le quali, come noto, non esiste alcun obbligo dei comuni di aderire alle convenzioni (mentre nel sottosoglia – per beni e servizi – insiste l’obbligo di utilizzare il mercato elettronico non necessariamente il MEPA). 

È noto, infatti, che laddove il legislatore abbia voluto veicolare e vincolare l’azione di acquisto dei comuni lo ha chiaramente espresso; si pensi, in particolare, al comma 512 in materia di acquisti di prodotti informatici e servizi di connettività; si pensi alla questione delle specifiche categorie merceologiche di cui al comma 7 dell’articolo 1 della legge 135/2012 (oggi integrate anche dalla categoria dei buoni pasto) ed al nuovo obbligo (esteso agli enti locali proprio dalla legge di stabilità) dell’acquisto di particolari categorie, in relazione ad acquisizioni per importi superiori a determinate soglie, direttamente dai soggetti aggregatori (ovvero le centrali di acquisto qualificate dall’ANAC).

Del resto l’articolo 26, comma 3, della legge 488/1999 riportato nella stessa deliberazione del collegio Ligure puntualizza che “le amministrazioni pubbliche possono (nda tra queste i comuni) ricorrere alle convenzioni stipulate ai sensi del comma 1 [oggi convenzioni CONSIP], ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l’acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l’acquisizione di beni e servizi ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101 [oggi MEPA] . La stipulazione di un contratto in violazione del presente comma è causa di responsabilità amministrativa; ai fini della determinazione del danno erariale si tiene anche conto della differenza tra il prezzo previsto nelle convenzioni e quello indicato nel contratto”.

La questione dell’ambito soggettivo applicativo della norma, evidentemente, non viene presa in considerazione dalla Corte che si sofferma invece sull’aspetto, piuttosto delicato, della competenza ad autorizzare acquisti in deroga.

3. L’ampio spettro dei controlli della Corte 

La questione sottoposta al collegio alla sezione consente di riepilogare i vari controlli/compiti a cui la Corte è chiamata ed a cui si aggiunge il comma 510 che impone l’invio dell’atto (di autorizzazione agli acquisti in deroga) al competente ufficio della sezione regionale. 

Questo modus operandi del legislatore – si legge in delibera – conferma una marcata tendenza normativa che assegna“agli uffici di controllo della Corte dei conti, ed in particolare alle sezioni regionali di controllo, competenze sempre più pregnanti in ordine alle verifiche di legalità e di regolarità su atti di spesa e bilanci pubblici, comunque incidenti sui profili di sana gestione finanziaria, con la finalità non solo di un pieno rispetto dei principi dettati dall’art. 97 Cost., ma anche, e soprattutto, delle esigenze del coordinamento della finanza pubblica”

In quest’ambito, secondo l ‘estensore, sono riconducibili questioni di rilievo, in particolare (la stessa delibera li riepiloga):

  • l’art. 1, comma 42, della legge 30.12.2004, n. 311, che prescrive la trasmissione alla Corte dei conti degli atti di affidamento di incarichi di studio, di ricerca, o comunque di consulenza, conferiti dagli enti locali a soggetti estranei all’amministrazione;
  • l’art. 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che prevede la trasmissione, da parte degli enti locali di relazioni sui propri bilanci, preventivi e consuntivi, “alle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti”, con compito, a carico di queste ultime, di accertare, con pronuncia specifica,“comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto [di stabilità]” (tale controllo, come è noto, è stato successivamente rafforzato dall’art. 3, comma 1, del decreto-legge 10.10.2012, n. 174, convertito dalla legge 7.12.2012, n. 213);
  • l’art. 1, comma 173, della medesima legge n. 266 del 2005, che impone la trasmissione degli atti di spesa per incarichi di consulenza, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, di importo superiore a 5.000 euro “alla competente sezione della Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione”; (unica disposizione che esplicita, limitandola, la modalità del controllo posto in essere dalla Corte dei conti);
  • l’art. 3, comma 28, della legge 24.12.2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), che stabilisce la trasmissione alla sezione competente della Corte dei conti delle deliberazioni che autorizzano l’assunzione di nuove partecipazioni societarie e il mantenimento di quelle già possedute, da parte delle pubbliche amministrazioni;
  • l’art. 3, comma 57, della medesima legge n. 244 del 2007, che dispone la trasmissione “alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti” dei regolamenti che fissano limiti, criteri e modalità per l’affidamento di incarichi di collaborazione autonoma;
  • l’art. 16, comma 26, del decreto-legge 13.8.2011, n. 138, convertito dalla legge 14.9.2011, n. 148, che dispone l’obbligo di trasmissione del prospetto delle spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali “alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti”;
  • l’art. 1, comma 612, della legge 23.12.2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) che introduce l’obbligo di trasmissione “alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti” dei piani operativi di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute da regioni, enti locali, camere di commercio, università e autorità portuali, con relativa relazione tecnica, nonché una successiva relazione attestante i risultati effettivamente conseguiti.

A queste si aggiunge l’ulteriore tassello introdotto con il comma 510 in relazione al quale la Corte avrebbe “il compito di verificare non solo, sotto il profilo gestorio, il rispetto dei meri parametri di efficacia e di efficienza, ma anche, nell’ambito del controllo finanziario, la conformità dell’azione amministrativa ai parametri di legalità-regolarità, arrivando financo all’obbligo di trasmissione all’organo competente delle notizie specifiche di danno erariale.

4. L’autorizzazione con deliberazione giuntale 

Alla luce di quanto, la sezione è sicuramente competente a valutare l’atto (l’autorizzazione) sottoposta alla sua attenzione. 

Valutazione/controllo che non può ritenersi limitato “ai meri parametri dell’efficienza, dell’efficacia e dell’economicità, tipici del controllo sulla gestione, ma debba estendersi, naturalmente, anche ai profili di legalità e di regolarità dell’azione amministrativa”.

In sostanza, si tratta di un controllo che mira ad accertare se insistano i presupposti per una autorizzazione a procedere in deroga.

Controllo di tipo successivo che, pertanto, non condiziona la produzione degli effetti dell’atto. 

Nel caso di specie, quindi, l’amministrazione trasmetteva la deliberazione giuntale alla sezione che chiedeva riscontri “sulla circostanza in base alla quale il provvedimento autorizzatorio fosse stato emanato dalla giunta comunale, invece che dal dirigente apicale”.

Già dalla richiesta, pertanto, emerge il convincimento della sezione secondo cui la decisione di non procedere con l’adesione alle convenzioni è una decisione di tipo gestionale e non politica.

Il riscontro fornito dall’amministrazione, come detto, è che a causa della mancanza di una specifica indicazione nella norma o nella prassi si è ritenuto di dover individuare il soggetto competente in un organo politico. 

Una interpretazione di questo tipo, pertanto, porta a ritenere che il comma 510 abbia mutato l’assetto delle competenze originarie in cui la valutazione se discostarsi o meno – nel caso in cui la legge ammetta siffatta possibilità come per i comuni – compete al responsabile delle procedure d’appalto (ai sensi dell’articolo 107 del decreto legislativo 267/2000).

Si vedrà che, nell’interpretazione della Corte, nulla è cambiato se non l’esigenza della trasmissione dell’atto di autorizzazione (che poi, se adottato dallo stesso responsabile non potrebbe neppure qualificarsi come atto autorizzatorio perché riguarda lo stesso soggetto responsabile).

5. La verifica della sezione 

Con la deliberazione, la giunta autorizzava il responsabile del servizio tecnico ad “affidare gli incarichi per la fornitura del servizio assistenza tecnica per la tv via cavo e della caldaia per il Palazzo Comunale a fornitori esterni al mercato CONSIP/MEPA” sulla motivazione che il servizio non era presente sul mercato elettronico e le caldaie (invece) presenti risultavano sovradimensionate rispetto alla necessità dell’ente. 

Ritiene il Collegio, entrando a valutare la congruità della scelta (prescindendo dal tipo di atto adottato) in via successiva, circa la sussistenza di eventuali illegittimità o irregolarità degli atti trasmessi, che sulla base dei corrispondenti presupposti:

  • assenza di disponibilità del servizio tv via cavo sul mercato elettronico;
  • sovradimensionamento delle caldaie presenti sul mercato elettronico rispetto all’immobile da riscaldare (e quindi inadeguatezza rispetto alla esigenze).

Pertanto, ciò posto, la scelta di agire all’esterno del mercato elettronico è apparsa corretta considerato che gli obblighi imposti dalla legislazione spending review non possono giungere “fino a dovere imporre impegni di spesa diseconomici e inconferenti rispetto alle esigenze da soddisfare”

Quindi, e questo vale anche in generale, l’inesistenza del prodotto/servizio o la certificata inadeguatezza liberano da ogni vincolo. Solo che ora, il comma 510, impone una previa autorizzazione. Restava da verificare la questione della competenza a disporre l’autorizzazione.

6. La competenza 

Secondo il collegio, la valutazione operata dalla giunta – ovvero aver ritenuto che l’autorizzazione competa all’organo politico – non può essere condivisa considerando la procedura, tipicamente gestionale, che concentra la responsabilità esclusivamente sul soggetto gestionale (il dirigente/responsabile del servizio).

In questo senso, in delibera si legge che “la valutazione operata non è condivisibile in quanto, come afferma costantemente la giurisprudenza amministrativa (ex multisCons. Stato, sez. V, 30.4.2015, n. 2194; TAR Lazio, sez. II, 3.11.2015, n. 12404; Cons. Stato, sez. V, 30.4.2015, n. 2194; TAR Campania, sez. III, 13.1.2016, n. 143), l’art. 107, comma 5, t.u.e.l. prevede che i dirigenti abbiano competenza esclusiva e inderogabile per tutti i compiti gestionali, ivi compresi gli atti discrezionali, laddove gli organi di governo, consiglio e giunta comunale, possano operare con i soli poteri di indirizzo e di controllo politico amministrativo”

Ora, alla luce di quanto, secondo il giudice, “spettava al dirigente apicale, e non alla giunta comunale, adottare il provvedimento autorizzatorio regolarmente trasmesso alla sezione regionale”

In ogni caso, per ricondurre la vicenda nei parametri della regolarità amministrativa, “ben potrà, comunque, il dirigente apicale competente ratificare il contenuto della deliberazione n. 2 del 2016 della giunta comunale”

A sommesso avviso, indicazione inutile perché il responsabile del servizio avrà adottato sicuramente una determinazione a contrattare in cui si dava conto della possibilità di agire in deroga.

Inoltre, circostanza piuttosto interessante per il RUP che (forse) giustifica l’esistenza del comma in commento è che“l’assenza dei profili di danno erariale, risolvendosi la questione in una mera illegittimità formale, induce a ritenereche non ricorrano i presupposti per dover procedere alla trasmissione della presente deliberazione alla Procura regionale eventualmente competente.

7. Considerazioni finali 

Leggendo l’intervento della sezione viene in primo luogo da pensare che nulla sia cambiato rispetto al passato nel senso che la decisione – fermo restando i rigorosi presupposti legittimanti – di non aderire alla convenzione e/o di procedere ad un acquisto extra mercato elettronico compete comunque al responsabile del procedimento di spesa.

L’unica sostanziale differenza è che la determinazione che avvia la procedura esterna alle convenzioni deve essere comunque trasmessa alla sezione della Corte. 

Ma allora, il dubbio è ovvio, perché il comma 510 si esprime in termini di “autorizzazione”? Per assurdo, se fosse corretta l’impostazione espressa dalla sezione, il dirigente/responsabile del servizio dovrebbe autorizzare se stesso (il proprio RUP) a procedere extra vetrine. 

Sembra più corretto che questa autorizzazione venga posta in capo al segretario anche quale titolare degli obblighi relativi al controllo interno.

È chiaro, inoltre, che le incombenze poste dalla norma devono essere previamente risolte attraverso l’adozione di una specifica circolare interna (anche declinata in una delibera di indirizzi) in cui si sceglie una soluzione secondo cui, il responsabile del procedimento di spesa che attiva una procedura in deroga deve inviare la determinazione alla sezione oppure innestare il previo passaggio all’ufficio del segretario per l’autorizzazione preventiva (e l’atto deve essere trasmesso alla sezione).

A margine, si far per dire, rimane la questione della lettura sugli obblighi/facoltà del comune di aderire alle convenzioni Consip.

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