25/05/2016 – Confusione sui diritti di rogito: tutti contro tutti Giudici contabili contro il MEF e giudici ordinari contro quelli contabili

Confusione sui diritti di rogito: tutti contro tutti

Giudici contabili contro il MEF e giudici ordinari contro quelli contabili

di Vincenzo Giannotti

Mentre si consolida la posizione dei giudici contabili sulla legittimità nell’attribuzione dei diritti di rogito ai vice segretari, il Tribunale di Milano, quale giudice del lavoro, riconosce gli stessi incentivi ad un segretario di fascia A in un ente senza dirigenti, in aperta discordanza con le indicazioni della nomofilachia contabile.

1. Il consolidamento della posizione dei giudici contabili

Si è avuto modo di evidenziare, in due precedenti articoli, come da un lato i giudici contabili marchigiani (vedi articolo pubblicato sulle pagne della Gazzetta degli Enti Locali 3/5/2016 di commento alla deliberazione della Corte dei conti, sezione di controllo per le Marche, n. 90 del 21.4.2016) avessero indicato in che modo la fonte legittimante l’erogazione dei diritti di rogito discenda per i segretari in via legislativa mentre quella dei vice segretari dalle disposizioni contrattuali con conseguente legittima attribuzione a quest’ultimi dei relativi compensi, e dall’altro lato il Ministero dell’economia e delle finanze (vedi articolo pubblicato nella Gazzetta degli Enti Locali 11/5/2016 di commento alla lettera del MEF prot. 26297/2016) aveva concluso sulla non debenza dei citati compensi anche ai vicesegretari in quanto se ad un soggetto non è più riconosciuto un emolumento, per una specifica prestazione resa, anche al suo sostituto, corrispondentemente, non potrà essere più riconosciuto alcun emolumento per lo svolgimento della medesima prestazione. A supporto delle conclusioni dei giudici contabili marchigiani, si inseriscono ora anche i giudici contabili liguri con la deliberazione n. 49, depositata in data 12.5.2016. Precisa a tal riguardo il Collegio contabile come la soluzione sia rintracciabile nei lavori preparatori del testo legislativo. In particolare, nel testo originale del decreto, predisposto in sede governativa, era molto più incisivo e prevedeva, come indicava esattamente il titolo dell’articolo 10, l’eliminazione totale dei diritti di segreteria per segretari e vice segretari, con attribuzione integrale dei medesimi all’ente locale. In particolare, le conclusioni della Commissione della Camera dei deputati concludevano in senso opposto al suo Presidente, il quale rilevava l’inopportunità di una “discriminazione tra segretari comunali privi ovvero in possesso di qualifica dirigenziale”, sulla base dell’affermata necessità di “tutelare i segretari comunali operanti nei comuni medio – piccoli, nei quali non sono presenti dipendenti con qualifica dirigenziale, riconoscendo loro i diritti di rogito, seppure in misura minore rispetto ad oggi”, escludendoli per i segretari con qualifica dirigenziale perché questi “devono […] essere soggetti anche loro al principio della onnicomprensività della retribuzione che vale per i dirigenti”. Sulla base di tali lavori preparatori appare evidente, secondo il Collegio contabile, come l’effettiva ragione dell’introduzione dell’emendamento sia stata quella di salvaguardare l’attribuzione dei diritti di segreteria, seppure in misura ridotta rispetto al passato, a tutti i soggetti che non abbiano qualifica dirigenziale, a titolo di integrazione economica. Da ciò discende come non appare coerente la soluzione del comune che farebbe dipendere il diritto alla percezione dei medesimi alla sola appartenenza alla fascia C del Segretario titolare, ritenendo invece ancora dovute, al vice segretario del comune, i diritti di segreteria nella misura prevista dall’art. 10, comma 2-bis, del d.l. n. 90 del 2014, convertito dalla legge n. 114 del 2014.

2. Il tribunale si pronuncia sui diritti di rogito ai segretari

Già a suo tempo annunciata dai giudici contabili (vedi Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione 8.7.2015, n. 190), all’indomani della pronuncia della Sezione delle autonomie n. 21/2015circa la spettanza ai soli segretari di fascia C, il contenzioso che si sarebbe aperto da parte dei Segretari comunali innanzi al giudice ordinario, oggi iniziano a pervenire le prime sentenze del giudice del lavoro. Attualmente rinvenibile via internet, vi è la sentenza 18.5.2016, n. 1539 emessa dal Tribunale di Milano, a fronte della richiesta del pagamento dei diritti di rogito di un segretario comunale di Fascia A ma svolgente le sue funzioni in comuni privi, nel proprio organico, di un dirigente. La Sentenza precisa quanto segue:

  • le considerazioni svolte dalla Corte dei conti, Sezione delle autonomie, potrebbero, in linea di principio, essere condivisibili laddove attribuiscono un rilievo preminente all’interesse pubblico rispetto all’interesse del singolo segretario, tuttavia paiono offrire un’interpretazione della norma che mal si concilia con il dettato normativo;
  • in sostanza, nell’intento di salvaguardare beni pur meritevoli di tutela, finisce per restringere il campo di applicazione della norma compiendo un’operazione di chirurgia giuridica non consentito nemmeno in nome della res pubblica;
  • il dettato normativo è chiaro e laddove dispone: “Negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale” estende i diritti di segreteria a due categorie di segretari: sicuramente a quelli che non hanno qualifica dirigenziale (dovendosi intendere in essi quelli di fascia C che più che qualifica non hanno equiparazione retributiva con i dirigenti), ma anche a quelli che operano in enti che non hanno dipendenti con qualifica dirigenziale. In tale secondo gruppo, il legislatore non ha inteso fare distinzioni di fascia, ma solo subordinare la titolarità dei diritti ai segretari operanti in enti privi di dipendenti dirigenziali.

Per le su indicate motivazioni al Segretario di Fascia A (ovvero di fascia B) che operi in uno o più Comuni privi di dirigenti spettano i diritti di rogito e, pertanto, sono state accolte le doglianze della ricorrente.

3. Conclusioni

Dalle sopra evidenziate analisi emerge un dato preoccupante che consiste nel non avere, i diversi organi istituzionali citati, una medesima visione sull’interpretazione della legge, creando una difficile apprensione negli operatori economici che a tali disposizioni debbono dare concreta attuazione, con il rischio di trovarsi soccombenti in giudizio, aumentando, e non contraendo, le spese in un momento non certo florido per le finanze degli enti locali.

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