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Telenovele senza fine: i diritti di rogito e gli incentivi per le opere pubbliche

A. Bianco (La Gazzetta degli Enti Locali 17/5/2016)

Stiamo assistendo, settimana dopo settimana, a due telenovele che non sembrano conoscere la parola fine: la corresponsione dei diritti di rogito ai segretari e, in caso di loro assenza, ai vicesegretari e la incentivazione del personale per la realizzazione di opere pubbliche.

Tra pareri delle Corti dei conti, modifiche legislative, interventi di altri soggetti non è possibile avere alcuna certezza nella applicazione di queste forme di incentivazione delle attività svolte da particolari figure professionali, nel caso dei diritti di rogito, e/o connesse alla concreta attuazione delle politiche di investimento delle amministrazioni. Ed ancora non si può non segnalare la richiesta alle amministrazioni di continue modifiche alle proprie scelte con l’adozione di nuovi regolamenti.

Siamo in presenza di due vicende che ci dicono quanto sia preoccupante, al di là del rilievo concreto dei casi specifici, la condizione del nostro Paese sul versante della incertezza del diritto: norme confuse, confusione dei ruoli, smanie di protagonismo sono alla base di una condizione che determina incertezze e ritardi nella attività svolta dalle amministrazioni.

1. I diritti di rogito

La materia è stata disciplinata in modo innovativo dal d.l. 90/2014 e dalla sua legge di conversione. Nonostante siano passati quasi due anni non sono stati risolti in modo chiaro e netto almeno due importanti aspetti: se questi compensi spettano ai segretari nei comuni privi di dirigenti e se essi spettano ai vicesegretari che sostituiscono i segretari.

Cominciamo dal primo aspetto, che nasce dalla infelice formulazione della disposizione legislativa. Con una assai discutibile pronuncia, la sezione autonomie della Corte dei conti, deliberazione n. 21/2015, ha stabilito che questi compensi non spettano ai segretari che sono assimilati ai dirigenti, cioè a quelli di fascia A e B, e che ai segretari di fascia C vanno calcolati sulla intera cifra incassata dall’ente e non limitatamente ad una quota percentuale come previsto in precedenza.

Questa lettura è contrastata da numerosi segretari che hanno sollevato la questione dinanzi ai giudici del lavoro richiedendo la corresponsione di tali compensi.

La sentenza della Corte costituzionale n. 75/2016 dà una lettura diversa rispetto alla Corte dei conti delle norme dettate dalla legge di conversione del d.l. 90/2014: ci dice che questi compensi non vanno erogati ai segretari nei comuni in cui vi sono i dirigenti, a prescindere dalla qualifica dei segretari stessi. Conferma che, fino ad una diversa definizione contrattuale, essi vanno calcolati per intero. Occorre aggiungere che, sulla scorta dei principi di carattere generale, in tale misura occorre inserire anche gli oneri riflessi e l’Irap, perché altrimenti si grava l’ente di costi ulteriori e non giustificati.

Per ciò che riguarda i vicesegretari, il parere della sezione regionale di controllo della Corte dei conti delle Marche n. 90/2016 ha ritenuto che i vicesegretari titolari di posizione organizzativa hanno diritto a ricevere queste compenso anche nei comuni in cui essi sostituiscono i segretari inquadrati in fascia A o B e che, quindi, non percepiscono tale compenso. Si deve pervenire a questa conclusione in quanto la disciplina dei compensi di rogito ai vicesegretari è disciplinata da una norma contrattuale non abrogata. Come si vede un ragionamento che conduce ad un esito paradossale: il sostituto percepisce un compenso ed il titolare della attività non lo percepisce.

A pochi giorni di distanza la Ragioneria Generale dello Stato, parere n. 26297/2016, ha assunto una posizione diametralmente opposta: i vicesegretari titolari di posizione organizzativa che sostituiscono segretari di fascia A e B non possono percepire i diritti di rogito allo stesso modo dei soggetti che essi sostituiscono. Essa perviene a questa conclusione perché essendo “venuto meno il riconoscimento dei diritti di rogito per il segretario di fascia A e B, deve ritenersi che viene a mancare il presupposto per potere continuare a riconoscere tali diritti” al vicesegretario che lo sostituisce … Ed inoltre “in via generale se a un soggetto non è più riconosciuto un emolumento per una specifica prestazione resa anche al suo sostituto, corrispondentemente, non potrà essere più riconosciuto alcun emolumento per lo svolgimento della medesima prestazione”.

2. I regolamenti per la incentivazione dei tecnici

Occorre subito sottolineare che le amministrazioni devono dare corso alla adozione di specifici regolamenti ed alla stipula di contratti collettivi decentrati integrativi. Con il primo strumento essi devono disciplinare tutta l’applicazione della scelta legislativa, a partire dalla definizione del tetto di risorse che gli enti possono destinare a questo fine. Con il contratto decentrato si deve disciplinare sia la definizione delle misure dei compensi che spettano alle singole figure professionali che la eventuale correlazione con la erogazione degli altri incentivi.

Le amministrazioni devono o, per meglio dire, dovevano darsi un regolamento per applicare le novità introdotte dal d.l. 90/2014, posto che ovviamente da sempre la erogazione di questi benefici è subordinata alla preventiva regolamentazione. Con tale regolamento si disciplinano le attività svolte dal mese di agosto del 2014 (data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. 9072014) al 19 aprile del 2016 (data di entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, cd nuovo codice degli appalti). Per le attività svolta da tale data in poi si devono dare uno specifico regolamento.

Il regolamento per la incentivazione del personale per la realizzazione di opere pubbliche ha rappresentato da sempre “un passaggio fondamentale per la regolazione interna della materia, nel rispetto dei principi e canoni stabiliti dalla legge, e per tale motivo gli enti sono tenuti ad adeguarlo tempestivamente alle novità normative medio tempore intervenute .. analogo adempimento (previa definizione dei nuovi criteri in sede di contrattazione decentrata integrativa) si renderà necessario” a seguito della entrata in vigore del nuovo codice degli appalti. In tale documento occorre garantire “l’effettivo rispetto, in fase di realizzazione dell’opera, dei tempi e dei costi preventivati, con conseguente riduzione proporzionale delle risorse incentivanti in caso di mancato rispetto”. Ed ancora, “le amministrazioni sono, comunque, tenute a prevedere nei propri regolamenti, in modo analitico, una gradazione delle percentuali spettanti per ogni incarico espletabile dal sopraindicato personale sulla base dei criteri di proporzionalità, logicità, congruenza e ragionevolezza, e, in ogni caso, in maniera tale da permettere, nel caso in cui alcune prestazioni siano state affidate a professionisti esterni, una partecipazione delle altre figure professionali interne percentualmente contenuta, che non svilisca la finalità di contenimento della spesa perseguita” dal legislatore.

Esse devono inoltre garantire che “la corresponsione dell’incentivo, in ossequio al principio di effettività, sancito dall’art.7, comma 5, del d.lgs. 165/2001, è prevista a vantaggio esclusivo dei soggetti che abbiano effettivamente svolto prestazioni incentivabili non rientranti nelle competenze della qualifica funzionale ricoperta, al fine di riconoscere, come già evidenziato nella sopra citata deliberazione n.10/2016, un differenziale retributivo connesso al maggior carico di lavoro e di responsabilità assunto dai dipendenti coinvolti, nei limiti indicati dalla norma, nell’attività di progettazione”. Gli enti devono istituire uno specifico fondo.

3. I dubbi

La Sezione autonomie della Corte dei conti ha di recente chiarito alcuni importanti dubbi applicativi, fermo restando che con il nuovo codice degli appalti ne vengono aperti numerosi altri, a partire dall’ambito di applicazione delle nuove disposizioni.

La deliberazione n. 18/2016 ha chiarito i seguenti tre aspetti. In primo luogo, che la quota di questi compensi che spetta al RUP deve essere erogata anche se tutte le altre attività sono svolte da soggetti esterni. 

Strettamente connesso è anche il principio per cui le attività svolte dalle altre figure professionali vanno incentivate anche se la progettazione dell’opera è stata effettuata da un soggetto esterno. 

In terzo luogo, viene precisato che questi compensi possono essere erogati, per le attività svolte come collaboratori del RUP, anche a dipendenti che non hanno un profilo tecnico: la regola è la destinazione solamente ai collaboratori tecnici, ma per il supporto al RUP i beneficiari possono essere individuati anche in soggetti privi di questo profilo, stante che essi devono essere stati inseriti nell’ufficio di supporto.

La stessa sezione autonomie della Corte dei conti con la deliberazione n. 10/2016 ha risolto i contrasti interpretativi sulla possibilità di incentivare il personale per le attività di manutenzione straordinaria. La risposta è negativa sulla base del divieto dettato dal legislatore con il d.l. 90/2014 di corrispondere comunque questa incentivazione per le manutenzioni. Per cui nel divieto vanno comprese tutte le manutenzioni, ivi comprese quelle per le quali viene svolta una attività di progettazione.

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