Print Friendly, PDF & Email

Le legge sugli appalti pubblici scritta in modo barbaro.

Inserito il 23 luglio 2016

Vecchi dirigenti pubblici di carriera, quali noi siamo, avvampano d’imbarazzo al pensiero che un testo di legge – predisposto negli uffici di un Ministero e consegnato, prima ai responsabili politici e istituzionali, poi alla Gazzetta ufficiale – possa essere infarcito con ben 181 refusi, fra quali anche errori di ortografia. I cosiddetti refusi costituiscono “l’orrido” del lavoro di qualunque serio ufficio amministrativo che, sempre e comunque, deve procedere alla scrupolosa correzione delle sue bozze, specialmente a valere sugli atti che “escono” dall’Amministrazione: figuriamoci poi se tali atti sono a contenuto normativo e regolamentare!!! Eppure nella martoriata Amministrazione dei tempi attuali accade anche questo: é ufficialmente certificato dai 181 errata corrige (vedi qui Gazzetta ufficiale del 15 luglio 2016) sul testo dell’ennesima legge sugli appalti pubblici, promulgata scorso aprile (vedi Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ): l’articolo di Gian Antonio Stella, pubblicato sul Corriere della Sera dello scorso 20 luglio – clicca qui – chiosa con adeguato (e giusto) sarcasmo le decine di errori di battitura, di corretto riferimento legislativo,  di grammatica e di sintassi del testo promulgato ad aprile e che nessuno degli uffici che hanno contribuito alla predisposizione del testo si è dato cura di “spulciare” e di correggere.

Tuttavia, il “megarticolista” del Corriere incespica clamorosamente, quando, nella successiva ricerca delle responsabilità , dimostra di conoscere poco o niente il reale funzionamento dei Ministeri; la “butta in cagnara” e si rifugia nel comodo esercizio di sparare nel mucchio: La colpa é “dei dirigenti pubblici” , superpagati, ma incompetenti, trasandati e poco scrupolosi.

Il gioco di scaricare la colpa del cattivo andamento delle pubbliche amministrazioni sui “dirigenti pubblici” come “classe” e sugli impiegati viene ancora una volta ripetuto, di fronte a un’opinione pubblica che mediamente non conosce i meccanismi essenziali del malfunzionamento delle oltre 20.000 amministrazioni pubbliche – scoordinate fra loro – di questo povero Paese. Invece, un Gian Antonio Stella che per professione fa l’analista dei malfunzionamenti amministrativi non è scusabile se non é a conoscenza del fatto che la predisposizione delle leggi della nostra Repubblica viene curata dagli uffici legislativi dei Gabinetti dei Ministerila cui responsabilità di vertice è affidata nel 99% dei casi non a dirigenti pubblici di carriera, ma a Magistrati amministrativi e/o di Avvocati dello Stato. Sulla questione si veda il nostro intervento in occasione del recente Seminario tenutosi alla presenza del Ministro Madia, sulla storia dei Gabinetti ministeriali dal 1860 a oggi (clicca qui).

Grave errore di analisi questo!

A voler essere onesti, invece, la ricerca della responsabilità nel caso in ispecie é straordinariamente semplice: basta riferirsi ai due uffici di Gabinetto che hanno scritto, curato e predisposto il testo della nuova legge degli appalti: sono ilGabinetto (vedi qui l’organigramma) e l’Ufficio legislativo (vedi qui l’organigramma) del Ministero delle Infrastrutture – a capo del quale siedono responsabili scelti in queste posizioni di vertice dal Ministro Graziano del Rio –  e il Dipartimento per gli affari giuridici e amministrativi della Presidenza del consiglio dei Ministri (DAGL – vedi qui organigramma), al vertice del quale il Presidente del Consiglio Renzi ha collocato (meglio dire “imposto”) la dr.ssa Antonella Manzione. Ecco dove ricercare i responsabili dell’incresciosa vicenda.

Cosa c’entrano in tutto questo, egregio Stella, i “dirigenti ministeriali”? Abbiamo dimostrato nella nostra recente relazione sulla responsabilità di vertice degli uffici di Gabinetto  ministeriale (vedi qui ancora) come proprio la dirigenza pubblica di carriera sia uniformemente tenuta fuori dai posti di responsabilità negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, a differenza di quanto accaduto nel nostro Paese fino a tutti gli anni ’50.

E’ necessario approfondire meglio le cause del malfunzionamento della PA italiana, caro Stella.

Giuseppe Beato.

Torna in alto