15/07/2016 – Uffici per i procedimenti disciplinari anche a composizione monocratica

Uffici per i procedimenti disciplinari anche a composizione monocratica

di Arturo Bianco

 
 

Gli uffici per i procedimenti disciplinari possono anche essere a composizione monocratica; il momento di inizio di questi procedimenti è fissato nella contestazione mossa dall’ufficio al dipendente e solamente i termini di avvio e di conclusione sono da ritenere perentori, per cui la loro violazione determina la decadenza della azione e la illegittimità delle sanzioni irrogate. Sono queste le principali indicazioni contenute nella importante sentenza della sezione lavoro della Corte di cassazione n. 12109 del 13 giugno 2016. Essa si segnala per i suggerimenti operativi concreti che le amministrazioni possono applicare e per l’attenzione alle esigenze delle amministrazioni, anche superando letture formalistiche del dettato legislativo. La pronuncia contiene un ulteriore principio da sottolineare e che si riferisce al merito del contenzioso: nel pubblico impiego la equivalenza delle mansioni deve essere individuata con riferimento agli aspetti teorici e non con riferimento alla professionalità concretamente acquisita. Con ciò si realizza una significativa differenziazione rispetto alle regole che si applicano nel settore privato.

La composizione degli uffici per i procedimenti disciplinari 

La prima indicazione dettata dalla sezione lavoro della Corte di cassazione riguarda le regole per la composizione degli uffici per i procedimenti disciplinari delle Pa. Ricordiamo che essi sono competenti, negli enti con i dirigenti, a irrogare le sanzioni più gravi come la sospensione dal servizio fino a 10 giorni e, negli enti senza dirigenti, ad irrogare tutte le sanzioni, salvo il rimprovero verbale. Spetta alla autonomia delle singole amministrazioni, autonomia da esercitare nell’ambito del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, decidere se la composizione debba essere monocratica o collegiale. E, possiamo aggiungere, a disciplinarne il funzionamento nell’ambito dei principi dettati dalla normativa e dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

Segnalazione del dirigente e contestazione da parte dell’ufficio 

La seconda indicazione dettata dalla sentenza è che la segnalazione che i singoli dirigenti ovvero responsabili devono fare all’ufficio per i procedimenti disciplinari sulla possibile illegittimità del comportamento di un dipendente o, per meglio dire, sulla non manifesta infondatezza di tale dubbio, non determina di per sé l’avvio del relativo procedimento. Tale avvio si realizza solamente con la specifica comunicazione che questo ufficio invia al dipendente. Occorre infatti tenere presente che l’ufficio per i procedimenti disciplinari nell’arco temporale compreso tra la ricezione della segnalazione da parte del dirigente e la scadenza del termine per l’avvio del procedimento, svolgendo quella che è stata chiamata attività preistruttoria, potrebbe decidere di non avviare il procedimento per mancanza dei presupposti. Per arrivare a tale conclusione la sentenza assume anche la diversa denominazione usata dal legislatore: segnalazione del dirigente e contestazione da parte dell’ufficio.

Viene inoltre affermato il principio che la errata individuazione del dirigente preposto alla struttura non determina la nullità del procedimento.

I termini da rispettare 

Dalla sentenza viene infine chiarito che solamente i termini finale e iniziale hanno una natura vincolante; non sono da considerare come perentori i termini endoprocedimentali. Tra tali termini che non hanno una natura perentoria vi è la fissazione della soglia minima di 15 giorni per la presentazione della difesa, con assegnazione di un ulteriore periodo di 15 giorni a partire dal quale l’ente può assumere le sue decisioni.

 
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