13/07/2016 – Accesso civico: regole e rapporti col diritto di accesso ex lege 241/1990

Accesso civico: regole e rapporti col diritto di accesso ex lege 241/1990

di Arturo Bianco

Il recente d.lgs. 97/2016 si caratterizza soprattutto per le importanti modifiche che sono dettate al diritto di accesso civico. Le nuove disposizioni prevedono da un lato che siano attivati i principi dettati dal cd FOIA, Freedom of Information Act, che ampliano significativamente tale diritto; ma dall’altro lato non dettano modifiche, abrogazioni o integrazioni rispetto al diritto di accesso per come disciplinato dalla legge n. 241/1990. 

Il che pone subito una questione di compatibilità tra le sue disposizioni e solleva numerosi problemi applicativi. Tali dubbi vanno, ad avviso di chi scrive, risolti assumendo che siamo in presenza di indicazioni che si sovrappongono, essendo ognuna di esse destinate a disciplinare una forma specifica di diritto di accesso.

Il diritto di accesso civico permane nella forma tradizionale prevista dal testo previgente dell’articolo 3 del d.lgs. 33/2013, quindi come obbligo di garantire la pubblicità delle informazioni previste dalla normativa e “diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli” per quanto riguarda quelle che devono essere pubblicate sul sito internet dell’ente. Questo principio viene ribadito dall’articolo 5, che stabilisce espressamente che “l’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione”.

L’elemento di radicale novità è costituito dalla scelta di dare una nozione diversa e più ampia a tale diritto: stabilire espressamente che “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti”. Questa nuova disposizione viene così motivata: “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.

Ambedue le forme di accesso civico, quella ai documenti, alle informazioni ed ai dati che devono essere pubblicati sul sito internet e quelle relative ai dati ed ai documenti ulteriori in possesso delle amministrazioni pubbliche, non sono sottoposte “ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente”. Inoltre il legislatore stabilisce che “l’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione”.

Le previsioni della legge 241/1990

Il legislatore non ha modificato le disposizioni dettate in materia di diritto di accesso dagli articoli 22 e seguenti della legge 241/1990. Per cui, al momento attuale, continuano ad essere in vigore, in particolare, le seguenti disposizioni:

– “la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata”;

– sono da definire come interessati “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”;

– i documenti che possono essere sottratti all’accesso con regolamento ai sensi dell’articolo 24 comma 2 sono così individuati: “a) quando.. dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione; b) quando l’accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria; c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini; d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono; e) quando i documenti riguardino l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato”;

– “non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”.

I soggetti destinatari

Il diritto di accesso ex legge 241/1990 si esercita nei confronti dei seguenti soggetti: “pubbliche amministrazioni, aziende autonome e speciali, enti pubblici e gestori di pubblici servizi”, nonché nei confronti “delle Autorità di garanzia e di vigilanza nell’ambito dei rispettivi ordinamenti”.

Sulla base del d.lgs. 97/2016 esso si esercita nei confronti di tutte le Pubbliche, “ivi comprese le autorità portuali, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione”. Ed ancora, in quanto compatibile, si applica “agli enti pubblici economici e agli ordini professionali;
 alle società in controllo pubblico (escluse quelle quotate), alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato comunque denominati, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell’ultimo triennio da pubbliche amministrazioni e in cui la totalità dei titolari o dei componenti dell’organo d’amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche amministrazioni”. Infine, questa disciplina, “si applica, in quanto compatibile, limitatamente ai dati e ai documenti inerenti all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea, alle società in partecipazione pubblica come definite dal decreto legislativo emanato in attuazione dell’articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici”.

La non applicazione

I limiti all’esercizio dell’accesso civico nella forma così ampia appena ricordata sono fissati dal legislatore. Tali limiti sono dettati da un lato per la tutela di interessi pubblici, dall’altro per evitare pregiudizi ad interessi privati.

Gli interessi pubblici che giustificano il rigetto della domanda di accesso civico sono i seguenti: “la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; la sicurezza nazionale; la difesa e le questioni militari; le relazioni internazionali; la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; il regolare svolgimento di attività ispettive”.

Gli interessi privati che devono essere tutelati con il rigetto della domanda di accesso civico sono i seguenti: “la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; la libertà e la segretezza della corrispondenza; gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali”.

Si devono inoltre aggiungere le materie su cui esiste il segreto di stato, su cui vi sono “divieti di accesso e pubblicazione previsti dalla legge” compresi i casi in cui il suo esercizio è subordinato al rispetto di condizioni e vincoli, nonché i casi previsti dall’articolo 24, comma 1, della legge 241/1990, cioè: “per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi”. 

Viene inoltre fissato il principio per cui se nel documento vi sono solamente alcune parti interessate dal diniego del diritto di accesso, il legislatore ci dice che “deve essere consentito l’accesso agli altri dati o alle altre parti”.

Inoltre si stabilisce il principio per cui questi vincoli “si applicano unicamente per il periodo nel quale la protezione è giustificata in relazione alla natura del dato”.

Viene inoltre precisato che “l’accesso civico non può essere negato ove .. sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento”.

Le regole operative

Nelle modalità di esercizio del diritto di accesso occorre prestare particolare attenzione alla tutela dei controinteressati; sono da intendere come tali i titolari degli interessi privati di cui prima detto. In questi casi occorre fornire agli stessi la comunicazione della presentazione di una richiesta di accesso attraverso l’invio con raccomandata a.r. o in via telematica. Questi soggetti hanno 10 giorni di tempo dalla ricezione per presentare una “motivata opposizione”, che sospende i termini entro cui occorre dare risposta alla richiesta di accesso fino alla eventuale opposizione da parte dei controinteressati. Le amministrazioni possono deliberare una volta che abbiano accertato che la comunicazione sia stata ricevuta.

Il nuovo testo dell’articolo 5 del d.lgs. 33/2013 stabilisce inoltre che la richiesta di accesso civico, con riferimento ad ambedue gli ambiti in cui si applica, “identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione”. La mancata motivazione amplia significativamente le possibilità di accesso civico rispetto alle previsioni dettate dalla legge 241/1990.

Tale istanza può essere trasmessa anche in via telematica. Essa è presentata: “all’ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti; all’Ufficio relazioni con il pubblico; ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione Amministrazione trasparente del sito istituzionale; al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ove l’istanza abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto”. Quindi, un ampliamento della platea dei soggetti a cui la istanza può essere presentata.

Altra importante forma di ampliamento del diritto di accesso è costituito dalla gratuità dell’esercizio del diritto di accesso, “salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali”. Occorre chiarire se in tale ambito è compreso anche il fattore lavoro umano. Si deve evidenziare che, anche se con parole diverse, sembrano essere riaffermate le stesse indicazioni contenute nella legge 241/1990.

Viene fissato il termine di 30 giorni per la conclusione, con un provvedimento motivato, del procedimento relativo al diritto di accesso: tale provvedimento deve essere trasmesso ai soggetti interessati ed a quelli controinteressati e, nel caso di informazioni che devono essere pubblicate sul sito, l’accoglimento determina la necessità della pubblicazione. Nel caso in cui siano presenti dei soggetti controinteressati l’ente non deve trasmettere i dati a coloro che hanno avanzato richiesta prima che siano trascorsi 15 giorni dalla ricezione da parte dei soggetti controinteressati della comunicazione dell’avvenuto accoglimento della richiesta.

Contro il diniego, anche parziale, della richiesta di accesso sono previste le seguenti forme di tutela:

1) ricorso al responsabile anticorruzione e per la trasparenza, che provvede entro 20 giorni. Egli deve sentire il Garante della privacy nei casi di rigetto motivato dalla esigenza di tutela della sicurezza pubblica;

2) per le amministrazioni regionali e locali ricorso al difensore civico dell’ente o, ove assente, a quello “competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore”.

La disposizione prevede inoltre il diritto del controinteressato nel caso in cui la domanda di accesso sia stata accolta a presentare istanza di riesame.

Nei casi in cui sia necessario il responsabile anticorruzione e per la trasparenza ha l’obbligo di segnalazione all’ufficio per i procedimenti disciplinari.

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