21/06/2016 – Il licenziamento dei dipendenti degli enti locali

Il licenziamento dei dipendenti degli enti locali

di Arturo Bianco

Il codice disciplinare detta gli ambiti entro cui è possibile il licenziamento dei dipendenti degli enti locali, al pari degli altri dipendenti pubblici. Siamo in presenza di disposizioni che, sia pure caratterizzate da una significativa dose di garantismo, consentono la irrogazione di questa sanzione. Tra i casi in cui, per la Corte di Cassazione, si può ricorrere al licenziamento dei dipendenti pubblici si segnalano i seguenti: il superamento del periodo di comporto, la utilizzazione per altre finalità dei permessi per l’assistenza ai congiunti disabili e la timbratura dei cartelli per un collega assente.

Con la prossima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri nei giorni scorsi di attuazione della delega contenuta nella legge n. 124/2015, cd legge Madia, tali possibilità saranno rese più rapide nel caso dei cd furbetti del cartellino, cioè di dipendenti che alterano i sistemi di rilevazione delle presenze: in particolare l’iter si dovrà concludere entro 30 giorni ed in capo ai dirigenti che non danno luogo alla necessaria sospensione ed alla segnalazione all’ufficio per i procedimenti disciplinari possono essere irrogati sia la sanzione del licenziamento sia la condanna per omissione di atti d’ufficio.

IL SUPERAMENTO DEL PERIODO DI COMPORTO

In caso di superamento del cd periodo di comporto, cioè del periodo massimo di assenza per malattia previsto dal legislatore, occorre dare corso alla risoluzione del rapporto di lavoro. La sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 5527 dello scorso 21 marzo ci dice che in tale periodo vanno incluse anche le assenze per malattia professionale. La pronuncia va in una direzione diversa rispetto alle indicazioni fin qui fornite dall’Aran.

Essa, dettata per un ente locale, ricorda che le norme contrattuali non fanno “menzione di distinti periodi di comporto” e che, limitatamente alle assenze per “infortunio e malattia dovuta a causa di servizio”, si limitano “a richiamare il periodo di conservazione del posto previsto per le assenze per malattia”. Di conseguenza, “le due disposizioni fanno riferimento entrambe, ai fini dell’integrazione del limite massimo del periodo di comporto al tetto complessivo dei 36 mesi di assenza, oltre il quale sorge per il datore di lavoro la facoltà di risoluzione del rapporto”. Si deve ricordare che gli orientamenti dell’Aran vanno in una direzione diversa.

La sentenza della stessa sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 7433 del 14 aprile chiarisce che tra i periodi di comporto non vanno inclusi i periodi di assenza per aspettativa. 

La stessa sezione lavoro della Corte di Cassazione, sentenza n. 8707 del 3 maggio, aggiunge che “il licenziamento per superamento del periodo di comporto è assimilabile non al licenziamento disciplinare, ma a quello per giustificato motivo oggettivo, causale di licenziamento a cui si fa riferimento anche per ipotesi di impossibilità della prestazione riferibile alla persona del lavoratore diverse dalla malattia”.

LA UTILIZZAZIONE ILLEGITTIMA DEI PERMESSI EX LEGGE 104/1992

La utilizzazione dei permessi per l’assistenza ai congiunti disabili solo in misura parziale per queste finalità legittima la irrogazione della sanzione del licenziamento: in questa direzione va quanto indicato dalla sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 5574 dello scorso 22 marzo. 

Viene detto dalla citata sentenza che questa sanzione è irrogabile perché tale condotta è “indicativa di un sostanziale e reiterato disinteresse del lavoratore al rispetto delle esigenze aziendali e dei principi generali di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, senza che potesse rivelarsi in senso contrario, stante l’idoneità della condotta a ledere il rapporto fiduciario, la sussistenza di un marginale assolvimento dell’obbligo assistenziale”.

In questo modo si “determina nel datore di lavoro la perdita della fiducia nei successivi adempimenti e idoneo a giustificare il recesso per giusta causa”. Non è sufficiente il fatto che il dipendente durante i tre giorni di assenza per assistere il congiunto disabile si sia “comunque sempre recato in ognuno di tali giorni presso l’abitazione del parente da assistere”.

LE VIOLAZIONI NELLA TIMBRATURA DEL CARTELLINO

Il timbrare il cartellino per un collega costituisce una violazione che va sanzionata con il licenziamento; è quanto precisa la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 5777 dello scorso 23 marzo. 

Siamo dinanzi ad una “frode, attuata attraverso la disinvolta violazione delle norme disciplinari e l’elusione dei sistemi di controllo datoriale, che incide sul sistema dei controlli necessari”. Ed ancora, questa condotto può essere giudicata come caratterizzata da “elementi che comportano inevitabilmente il venire meno dei rapporti di fiducia in termini incompatibili con la prosecuzione, sia pure temporanea, del rapporto e non consentono di ritenere adeguata una mera sanzione conservativa”.

LO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO SUI FURBETTI DEL CARTELLINO

Nei giorni scorsi il Governo ha definitivamente approvato il D.Lgs. sui cd furbetti del cartellino, cioè il provvedimento che rende più facile e rapido il licenziamento dei dipendenti pubblici che si rendano colpevoli di una falsa attestazione della presenza in servizio, anche attraverso l’alterazione dei sistemi di rilevamento delle presenze.

Nel caso in cui il dipendente sia colto in flagrante ed esistano documentazioni univoche, lo stesso deve essere sospeso dal lavoro da parte del proprio dirigente entro 48 ore. Da tale momento avrà diritto ad un assegno cd alimentare, pari cioè alla metà del trattamento economico fondamentale in godimento. Entro lo stesso periodo deve essere effettuata la segnalazione all’ufficio per i procedimenti disciplinari.

Con il provvedimento di sospensione si procede anche alla contestazione dell’addebito ed alla convocazione del dipendente dinanzi all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari.

Il dipendente viene convocato per il contraddittorio (durante il quale può farsi assistere da un rappresentante sindacale o da un avvocato) con un preavviso di almeno 15 giorni. Entro i 15 giorni successivi la istruttoria deve essere completata ed occorre irrogare la sanzione. In caso di irreperibilità del dipendente i termini vengono posposti di 30 giorni.

Ai dirigenti che non sospendono questi dipendenti possono essere irrogati sia il licenziamento sia la condanna per omissione di atti d’ufficio.

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