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Nessuna responsabilità al segretario che abbia rimborsato le spese legali in caso di potenziale conflitto di interessi

di Vincenzo Giannotti

La Procura della Corte dei conti ha convenuto in giudizio un segretario generale di un comune per avere rimborsato le spese legali all’ex segretario, in considerazione dell’assoluzione avvenuta con la formula “perché il fatto non costituiva reato per assenza dell’elemento soggettivo” la quale, a suo dire, costituiva conflitto di interessi con l’amministrazione. In presenza del citato conflitto di interessi sia la normativa primaria (art. 22 d.P.R. 25.6.1983) che quella contrattuale (art. 28 CCNL 14.9.2000 per il personale delle regioni e delle autonomie locali) inibiscono il rimborso al dipendente delle spese legali da lui sostenute. Di diverso avviso sono i magistrati contabili secondo i quali, per realizzarsi il danno erariale era necessaria la colpa grave in presenza di una evidente e marcata trasgressione degli obblighi di servizio o di regole di condotta che siano ex ante ravvisabili e riconoscibili per dovere professionale d’ufficio e che si materializzano nell’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto, cosa che non ricorre nella fattispecie in esame. Tali sono le conclusioni della Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, sentenza 14.4.2016, n. 104.

1. Il fatto 

La Procura aveva convenuto in giudizio il segretario comunale di un comune per rispondere del danno erariale procurato alle finanze dell’ente a seguito della liquidazione, delle spese legali all’ex segretario generale il quale era stato assolto in sede penale con la formula perché “il fatto non costituiva reato per assenza dell’elemento soggettivo”. Secondo la Procura le condizioni per accollare all’ente locale la relativa spesa in quanto il Tribunale aveva ritenuto che nella fattispecie l’elemento oggettivo del reato era certo, mentre mancava la prova dell’elemento soggettivo e che il comportamento dell’ex segretario era stato sicuramente, ma non intenzionalmente, illegittimo e quindi che il riconoscimento del debito fuori bilancio afferente il pagamento della somma costituisca un fatto dannoso per il Comune in quanto il procedimento penale non si è concluso con una sentenza di assoluzione piena nel merito e la condotta tenuta dall’ex segretario comunale coinvolto nel procedimento integrava una condizione di conflitto di interessi circostanza che, secondo la giurisprudenza civile, amministrativa e contabile osta al rimborso delle spese legali. Secondo la Procura istante il rapporto tra la formula assolutoria “il fatto non costituisce reato” ed il diritto al rimborso si risolve nel senso che “non esclude il conflitto di interessi l’assoluzione con la formula assolutoria «il fatto non costituisce reato» e che anche in caso di archiviazione è necessario accertare se la stessa esclude ogni profilo di responsabilità del dipendente” (ex multis sezione controllo Veneto delibera n. 334/2013). D’altra parte, rileva la Procura contabile, in presenza di un conflitto di interessi, sia la normativa primaria (art. 22 d.P.R. 25.6.1983) che quella contrattuale (art. 28 CCNL 14 settembre 2000 per il personale delle regioni e delle autonomie locali), inibiscono il rimborso al dipendente delle spese legali da lui sostenute. Il segretario responsabile, il quale con parere tecnico aveva proceduto ad assentire il rimborso delle spese legali dell’ex segretario, si difende precisando come non sussisteva alcun conflitto d’interessi tra l’attività istituzionale e la condotta del dipendente, né la Procura aveva dimostrato la esistenza del suddetto conflitto qualificando l’attività discrezionale dell’Amministrazione esercitata in difformità dai precetti di logica, imparzialità e buona amministrazione.

2. Le motivazioni dei giudici contabili 

Il Collegio contabile rileva in via preliminare come la giurisdizione penale e quella civile, per risarcimento dei danni derivante da reato, da un lato, e la giurisdizione contabile, dall’altro, sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali anche quando investono il medesimo fatto materiale. Da ciò ne deriva che il giudice contabile non è affatto vincolato dalle valutazioni del giudice penale, perché la pronuncia assolutoria penale non preclude la verifica della sussistenza di un illecito contabile, anche in virtù della considerazione che la valutazione dell’elemento soggettivo dell’autore dei fatti da parte del giudice contabile è assolutamente indipendente da quella effettuata dal giudice penale. In altri termini il processo contabile è incentrato sull’accertamento dei danni erariali, quale conseguenza della violazione degli obblighi di servizio da parte degli agenti pubblici, fra i quali si annoverano quelli in rapporto di servizio con l’amministrazione, mentre il giudizio penale attiene alla violazione dei precetti penali, con la conseguenza che l’assoluzione penale non fa venir meno la possibilità di una responsabilità contabile, sua pure collegata alla medesima vicenda. 

Precisato il presupposto per la verifica del danno erariale nel caso sottoposto a scrutinio, rileva il Collegio contabile come non vi siano attualmente certezze giurisprudenziali nell’individuare in modo esatto il prospettato conflitto di interessi. In particolare alcuni orientamenti giurisprudenziali affermano che l’assistenza legale ai dipendenti, preclusa in caso di interessi confliggenti tra i medesimi e l’ente, deve essere consentita qualora, per effetto dell’assoluzione piena (nella specie per difetto dell’elemento soggettivo) l’esistenza di un conflitto sia da escludersi in re ipsa e non consente all’amministrazione di essere titolare “di un’area di discrezionalità che le consenta di sovrapporsi e sostituirsi a quella effettuata dal giudice a quo” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21.3.2011, n. 1713). Tale richiamato orientamento giurisprudenziale esclude di fatto che possa essere individuata a carico del convenuto quella cola grave richiesta dalla normativa giuscontabile tale da poter configurare il risarcimento del danno. D’altra parte sussiste colpa grave in presenza di una evidente e marcata trasgressione degli obblighi di servizio o di regole di condotta che siano ex ante ravvisabili e riconoscibili per dovere professionale d’ufficio e che si materializzano nell’inosservanza del minimo di diligenza richiesto nel caso concreto. La conseguenza di tali indicazioni conducono a rilevare la mancanza della colpa grave del convenuto da cui ne discende la sua assoluzione, per mancanza dell’elemento soggettivo richiesto per la configurazione del danno erariale.

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