29/01/2016 – Furbetti del cartellino, la Cassazione avverte Renzi: illegittimo qualsiasi automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari

Furbetti del cartellino, la Cassazione avverte Renzi: illegittimo qualsiasi automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari

 

di Vincenzo Giannotti

I giudici di Palazzo Cavour, in merito alle attuali disposizioni di cui all’art. 55-quater d.lgs. 165/2001, condividono le argomentazioni della Corte territoriale in merito alla tesi dell’illegittimità in via astratta (come del resto in più occasioni affermato dai Giudice delle leggi, cfr. Corte cost. n. 971/1988, n. 239/1996 e n. 286/1999) di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari (specie laddove queste consistano nella massima sanzione) in base all’art. 55 d.lgs. 165/2001, così come modificato dal d.lgs. 150/2009, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato (giusta il perdurante richiamo all’art. 2106 c.c. da parte dell’art. 55, comma 2), e pur dovendosi qui rimarcare che la proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti commessi è regola valida per tutto il diritto punitivo (sanzioni penali, amministrative ex art. 11, legge n. 689 del 1981, ecc.), trasfusa per l’illecito disciplinare nell’art. 2106 c.c., pure richiamato dall’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001, con conseguente possibilità per il giudice di annullamento della sanzione “eccessiva”, proprio per il divieto di automatismi sanzionatori, non essendo in definitiva possibile introdurre, con legge o con contratto, sanzioni disciplinari automaticamente consequenziali ad illeciti disciplinari.

Sono queste alcune delle motivazioni contenute nella recente sentenza della Corte di Cassazione, sez. lav., 26.1.2016, n. 1351. In particolare in tale sentenza i giudici della nomofilachia affrontano il problema legato all’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso “nel caso di falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altra modalità fraudolenta, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia”, pur rilevando nel caso specifico come la sanzione espulsiva era stata adeguatamente motivata dai giudici di merito.

Quello che in questa sede si intende valorizzare è come, a seguito della campagna mediatica sulle false presenze in servizio dei dipendenti pubblici, il Governo abbia al momento emanato alcune disposizioni particolarmente stringenti (tempo di 48 ore per l’allontanamento del dipendente e conclusione del licenziamento entro 30 giorni) calcando la mano su accentuati e rinnovati automatismi in tema di pratiche espulsive dei dipendenti pubblici, allontanandosi sempre di più dalle indicazioni del giudice delle leggi.

Venendo al licenziamento della dipendente pubblica, confermato dalla Suprema Corte, qui di seguito si esamineranno le motivazioni.

IL FATTO

Una dipendente pubblica aveva falsificato il certificato medico correggendolo manualmente da due a tre giorni di malattia. Il dirigente avviava la verifica con il medico che ne aveva rilasciato il certificato, il quale precisava al contrario che la certificazione era di due soli giorni. A fronte di tale evidente manomissione del certificato, il dirigente, avvia il procedimento disciplinare e sentiva la dipendente la quale, pur ammettendo la citata manomissione del certificato, evidenziava che tale comportamento era avvenuto a causa del suo stato ansioso depressivo come da certificazione medica depositata agli atti. A seguito della citata audizione, il dirigente infliggeva la sanzione del licenziamento senza preavviso ai sensi dell’art. 55-quater d.lgs. 165/2001 per “giustificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia”. Sia il Tribunale di prime cure che la Corte territoriale confermavano il citato licenziamento. Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorreva la dipendente in Cassazione e, tra gli altri motivi di contestazione della sentenza, vi era anche quello relativo alla denunciata violazione dell’art. 55-quater d.lgs. 165/2001, in relazione agli artt. 4 e 41 Cost. per prevedere la norma in questione un automatismo della più grave delle sanzioni, senza alcun intervento valutativo dell’amministrazione nei profili soggettivi della responsabilità, in contrasto con i principi desumibili da Corte cost. 9.7.1999, n. 286, e dall’art 2106 c.c., pure richiamato dal comma 2 dell’art. 55 d.lgs. 165/2001.

LE MOTIVAZIONI DELLA NOMOFILACHIA

Evidenziano i giudici di Palazzo Cavour, sebbene debba condividersi la tesi dell’illegittimità, in via astratta (come del resto in più occasioni affermato dai Giudice delle leggi, cfr. Cort. cost. n. 971/1988, n. 239/1996 e n. 286/1999), di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari (specie laddove queste consistano nella massima sanzione) in base all’art. 55 d.lgs. n. 165/2001, così come modificato dal d.lgs. n. 150/2009, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato (giusta il perdurante richiamo all’art. 2106 c.c. da parte dell’art. 55, comma 2), e pur dovendosi qui rimarcare che la proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti commessi è regola valida per tutto il diritto punitivo (sanzioni penali, amministrative exart. 11, legge n. 689 del 1981, ecc.), trasfusa per l’illecito disciplinare nell’art. 2106 c.c., pure richiamato dall’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001, con conseguente possibilità per il giudice di annullamento della sanzione “eccessiva”, proprio per il divieto di automatismi sanzionatori, non essendo in definitiva possibile introdurre, con legge o con contratto, sanzioni disciplinari automaticamente consequenziali ad illeciti disciplinari, deve rilevarsi che nella specie la Corte di merito ha adeguatamente motivato circa la sussistenza nel caso esaminato di tale proporzionalità, ritenendo sussistente il dolo nella volontaria falsificazione del certificato da consegnare al datore di lavoro, con aumento della prognosi di malattia da due a tre giorni al fine di aumentare l’assenza per malattia, e dunque la proporzionalità della sanzione a fronte di un comportamento gravemente fraudolento, tale da minare la fiducia del datore di lavoro sui futuri adempimenti.

CONCLUSIONI

Pur osservando nella citata sentenza la proporzionalità della sanzione espulsiva alla condotta fraudolenta della dipendente, non può non evidenziarsi il recente comportamento del legislatore, almeno nella prima bozza del decreto legislativo, riguardanti i c.d. furbetti del cartellino. In questo caso il legislatore sta intervenendo in un ambito a particolare rischio di illegittimità costituzionale, dettando una serie di restrizioni e di vincoli alla corretta conduzione del licenziamento di un dipendente pubblico, con la conseguenza della sanzione espulsiva anche del dirigente che non ottemperi in tempi brevissimi (48 ore) alla sospensione, ovvero non concluda l’iter della sanzione disciplinare entro il termine perentorio di 30 giorni, violando in tal modo il giusto procedimento, specie come nel caso di specie di sanzione espulsiva del dipendente pubblico.

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