20/12/2016 – Mobilità, senza contratto di cessione nullo il rapporto di lavoro con l’ente destinatario

Mobilità, senza contratto di cessione nullo il rapporto di lavoro con l’ente destinatario

di Luca Tamassia

Ancora oggi, nel sistema pubblico, si stenta a inquadrare correttamente la gestione dei processi di mobilità di personale tra le amministrazioni pubbliche, accusando un’evidente incertezza di configurazione giuridica dell’istituto, conteso tra le tensioni della privatizzazione del lavoro pubblico e le resistenze culturali che lo attraggono nell’alveo pubblicistico della regolazione giuridica. Che la mobilità di personale tra datori di lavoro pubblici sia riportabile alla costruzione giuridica della cessione contrattuale appare fuor di dubbio, attesa la sua evidente riconducibilità ai sistemi cessori di diritto comune ai sensi degli articoli 1406 e seguenti del codice civile; meno scontata, viceversa, risulta la legittimità della sua pratica applicazione presso gli enti e i comportamenti attuativi che ne conseguono da parte dei competenti organi. Tentando un riordino sistematico della materia, quindi, si potrebbe ipotizzare la configurazione di un approdo di carattere privatistico fondato sui seguenti principi attuativi, desumibili dal quadro ordinamentale che regola la materia e dal legittimo inquadramento sistematico dell’istituto, secondo quanto di seguito rappresentato.

La delineazione giuridica della mobilità 

Lo schema del transito di personale, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, dalle dipendenze di un’amministrazione pubblica alle dipendenze di un’altra rientra pienamente nello schema della cessione contrattuale, a mente della quale, secondo le prescrizioni dell’articolo 1406 c.c., ciascuna delle parti negoziali può sostituire a sé un terzo contraente nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite e purché l’altra parte vi consenta. Si tratta, pertanto, della cessione della titolarità del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato da parte di un datore di lavoro pubblico a favore di altro datore di lavoro pubblico il quale, per l’effetto, succede quale parte negoziale del contratto individuale di lavoro in atto con il dipendente ceduto.

Le parti negoziali 

Le parti che concorrono al necessario incontro di volontà nel meccanismo della cessione contrattuale sono tre e, in particolare, sono individuabili nel cedente (l’amministrazione di attuale titolarità del rapporto di lavoro), il cessionario (l’ente destinatario della titolarità del rapporto interessato all’acquisizione dello stesso) e il contraente ceduto (il dipendente il cui rapporto di lavoro viene ceduto ad altro datore di lavoro pubblico). Lo schema negoziale che ne consegue, pertanto, risulta inderogabilmente trilaterale, in quanto l’espressine dell’intento cessorio deve conseguire ad un incontro della volontà complessivamente coinvolte nel contesto dell’operazione di successione alla titolarità del rapporto. Si tratta, in altri termini, di novazione soggettiva in linea datoriale nell’ambito della relazione giuridica già costituita con il dipendente, per effetto della quale il nuovo datore succede al precedente datore di lavoro pubblico. Si noti, quindi, a tal riguardo, che conseguenza di estremo rilievo ai fini del perfezionamento del rapporto di transito, sotto il profilo giuridico, è rappresentata dall’indeclinabile stipulazione del contratto di cessione del rapporto di lavoro, necessariamente formalizzata alla stregua dell’incontro di volontà trilaterale corrispondente alle parti negoziali coinvolte, la cui assenza, pertanto, situazione quanto mai diffusa tra le amministrazioni pubbliche, determina l’insanabile costituzione di un rapporto di fatto, giuridicamente mai perfezionato per carenza di compiutezza del paradigma giuridico configurato dalla fattispecie tipizzata dall’ordinamento civile. In altre parole, quindi, l’assenza della stipula del contratto di cessione del rapporto di lavoro tra le tre parti coinvolte determina l’assenza dell’atto genetico del rapporto di lavoro alle dipendenze del cessionario, il quale rapporto, pertanto, configurandosi quale mera situazione di fatto, determina l’insorgenza di responsabilità, eminentemente di natura patrimoniale per equivalente (oneri diretti ed oneri riflessi), a carico del dirigente che, con la propria omissione o con il concorso alla stessa, abbia cagionato il relativo danno in pregiudizio dell’amministrazione ricevente, per l’impossibilità di dar vita ad una relazione giuridica compiutamente perfezionata secondo lo schema tipico dettato dal vigente ordinamento civile. Né vale, a scongiurare tale profilo di responsabilità la stipulazione del contratto individuale di lavoro tra cessionario e ceduto, atteso che il rapporto di dipendenza con il primo non scaturisce dalle reciproche obbligazioni assunte in tale contesto, bensì si produce esclusivamente a seguito dell’avvenuta cessione, la cui stipulazione costituisce atto di genesi del rapporto così attivato.

Le obbligazioni giuridiche 

Lo schema della cessione, quindi, introduce obbligazioni reciproche a carico delle parti stipulanti, segnatamente per quanto attiene all’obbligo di cedere la titolarità del rapporto e del relativo contratto individuale di lavoro a carico del cedente, di acquisire il rapporto così ceduto e di succedere nel corrispondente contratto individuale di lavoro a carico del cessionario, nonché, infine, di fornire la propria prestazione di lavoro non più a favore del cedente, bensì a favore del contraente cessionario a carico del dipendente ceduto. In tale ambito, peraltro, vale la pena di evidenziare che il comportamento delle tre parti coinvolte nel processo di cessione deve essere improntato ai più generali principi di correttezza e buona fede negoziale, anche nella fase precontrattuale antecedente alla stipulazione del negozio cessorio.

Il sistema di scelta delle parti contraenti 

L’individuazione della parte contraente, secondo il disposto normativo (articolo 30, comma 1, del Dlgs n. 165/2001) presuppone l’attivazione di un percorso di tipo selettivo, fondato, secondo l’espressa indicazione della legge, su specifici requisiti e competenze professionali. Come si è già avuto modo di evidenziare, l’orientamento della giurisdizione si è assestato sul concetto per il quale tale selezione non può avere le caratteristiche della selezione ad escludendum, volta, cioè, ad accertare l’idoneità dell’interessato, in quanto questa si presume in virtù dell’attualità del rapporto di lavoro pubblico, bensì risulta intesa alla mera esigenza di dare un predeterminato ordine alle richieste pervenute quando queste siano superiori all’unità.

Gli organi competenti 

Trattandosi di attività di stipulazione contrattuale nella forma della cessione negoziale, pertanto, appare del tutto evidente che il processo di traslazione per mobilità deve essere ricondotto, per la sua natura gestionale, alla competenza degli organi dirigenziali. Al Governo, dunque, è riservato un apposito e preliminare spazio di competenza nell’ambito della programmazione dei fabbisogni di personale, laddove il percorso potrà essere pianificato alla stregua delle modalità assuntive, fermo restando, tuttavia, che l’intera fase attuativa non potrà che essere riportata alla sfera gestionale propria dei ruoli dirigenziali.

 
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