20/12/2016 – Ancora colpiti dal fuoco “amico”?

Ancora colpiti dal fuoco “amico”?

«Il problema irrisolto, negli enti locali in generale, sta nei rapporti tra le istituzioni politiche e la burocrazia. Le chiavi della macchina per far girare il motore ce l’ha la burocrazia amministrativa, e spesso la classe politica ha difficoltà a selezionarla e gestirla. Le scelte del personale tecnico sono strategiche, e bisognerebbe avere la capacità di individuare le persone adeguate».

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Sono le parole di un’intervista rilasciata nei giorni scorsi da Raffaele Cantone al Corriere della Sera e che ognuno può leggere qui: http://www.corriere.it/politica/16_dicembre_17/cantone-eccessivo-passo-indietro-sala-c-solo-ipotesi-reato-3f95e1a4-c3da-11e6-951e-edbed16731f0.shtml . Ovviamente, di quella intervista, presso la pubblica opinione ha avuto rilevanza la “copertura” offerta in qualche misura a Sala con quel giudizio sull’autosospensione decisa dal Sindaco meneghino: “«Sinceramente mi pare eccessiva. Non c’è nemmeno un invito a comparire, solo una mera ipotesi investigativa. ».

Per noi (ma non dovrebbe essere solo per noi) diventa molto più rilevante l’affermazione che ho riportato in testa.

Devo alla nota sagacia del collega Bonanno il merito di averla scovata e portata all’attenzione di tutti. Lo ha fatto ieri su FB, invitando i colleghi a dibatterne, con risultati – come al solito – decisamente modesti. Non certo per colpa sua. Anzi! Vi invito a leggere su news del gaudens la sua sintetica ma chiarissima riflessione.

Però, c’è poco da fare. Anche le migliori riflessioni cadono nel vuoto.

Eppure quella affermazione è seria, anzi molto grave.

Pur dando per scontato che in una intervista si parli un po’ a braccio, resta che un personaggio di quella levatura istituzionale e con quello specifico ruolo si avventura in una affermazione dai profili inquietanti.

La prima domanda che sorge spontanea è: perché solo negli enti locali sussisterebbe “il problema irrisolto” dei “rapporti tra le istituzioni politiche e la burocrazia”? A livello centrale tutto fila liscio? Il caso Manzione (che tanti sconquassi ha creato addirittura nel Consiglio di stato: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10/18/consiglio-di-stato-lo-scontro-sulla-nomina-della-manzione-voluta-da-renzi-ecco-il-verbale-non-offre-garanzia-di-elevata-competenza-professionale/3105240/  ) non è, nella sua evoluzione, un caso esemplare dei rapporti che intercorrono tra politica e dirigenza? E’ quello il “modello” da esportare agli enti locali?

La seconda questione scaturisce dal seguito del virgolettato attribuito a Cantone: “Le chiavi della macchina per far girare il motore ce l’ha la burocrazia amministrativa”. Si tratta di una affermazione apodittica. Chi si occupa di PA in maniera istituzionale dovrebbe sapere di cosa parla, almeno a grandi linee.

E’ sicuro che le cose stiano come afferma perentoriamente Cantone?

A livello locale non mi pare.

Tutto il sistema normativo attualmente vigente ci dimostra come quelle metaforiche “chiavi” sono – nella concretezza dei dettami normativi e fuori della retorica dei luoghi comuni – saldamente nelle mani delle “istituzioni politiche”.

Proviamo a fare un ripasso veloce delle principali disposizioni per capire come stiano effettivamente le cose.

Art. 48 TUEL

Comma 1: “La giunta collabora con il sindaco o con il presidente della provincia nel governo del comune o della provincia ed opera attraverso deliberazioni collegiali….”

Comma 3: “E’ …. di competenza della giunta l’adozione dei regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio.”.

(l’art. 89 TUEL definisce il contenuto della ampia potestà regolamentare conferita alla Giunta, che – vale ricordarlo – è organo “politico”).

Art. 50 TUEL

Comma 1: “Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune e della provincia”;

Comma 2: “Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l’ente …. sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti”;

Comma 7: “Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, .. d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.”;

Comma 10: “Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali.”;

Art. 99 TUEL

Il sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario, che dipende funzionalmente dal capo dell’amministrazione…”;

“…Il segretario cessa automaticamente dall’incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del nuovo segretario.”

Art. 109 TUEL

Comma 1: “Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 50, comma 10, con provvedimento motivato e con le modalità fissate dal regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell’assessore di riferimento….”;

Comma 2: “Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all’articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l’applicazione dell’articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione”.

Art. 169 TUEL

Comma 1: “La giunta delibera il piano esecutivo di gestione (PEG)…”.

Comma 3.bis: “….Il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’art. 108, comma 1, del presente testo unico e il piano della performance di cui all’art. 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, sono unificati organicamente nel PEG.”.

Art. 4 L. 4-3-2009 n. 15

Comma 2, lett. g): “prevedere che i sindaci e i presidenti delle province nominino i componenti dei nuclei di valutazione cui è affidato il compito di effettuare la valutazione dei dirigenti, secondo i criteri e le metodologie stabiliti dall’organismo di cui alla lettera f), e che provvedano a confermare o revocare gli incarichi dirigenziali conformemente all’esito della valutazione” (in forza di questa disposizione – ed in combinato disposto con il comma 6-ter dell’art. 7 del D.lgs. 165/2001 – i Sindaci possono nominare, con ampia discrezionalità, i nuclei di valutazione, cui sono legati, non solo la parte variabile della retribuzione dirigenziale, ma – come recita la norma – la conferma o la revoca degli stessi incarichi dirigenziali. ).

 

Mi pare ce ne sia già abbastanza per dubitare della fondatezza dell’assunto di Cantone. Le mitiche chiavi della macchina per far girare il motore, almeno dal punto di vista normativo, appaiono saldamente detenute dagli organi di direzione politica.

Ma veniamo al nocciolo della questione che pone l’affermazione di Cantone.

«spesso la classe politica ha difficoltà a selezionarla e gestirla [la burocrazia, n.d.r.]. Le scelte del personale tecnico sono strategiche, e bisognerebbe avere la capacità di individuare le persone adeguate».

Qui si resta semplicemente sgomenti. Cantone accredita l’idea che la classe politica (!) avrebbe diritto di selezionare e gestire direttamente la struttura burocratica!

Non so quanti principi, in una volta sola, sono violati con questa affermazione. Credo che siano violate e, di fatto, delegittimate una infinità di pareri, delibere e determinazioni della stessa ANAC (CIVIT).

E’ almeno dalla sentenza n. 453/1990 della Corte Costituzionale che si è affermato il principio che la selezione dei funzionari pubblici debba essere condotta sulla base di valutazioni esclusivamente “tecniche”. Come ebbe ad affermare allora la Consulta, il rispetto del canone imposto dall’art. 97 della Costituzione: “comporta che….il carattere esclusivamente tecnico del giudizio debba risultare salvaguardato da ogni rischio di deviazione verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri del concorso, il cui obbiettivo non può essere altro che la selezione dei candidati migliori”.

L’idea che la “classe politica” debba selezionare e gestire direttamente la burocrazia implica, non solo una regressione impressionante, rispetto al quel fermo caposaldo stabilito dalla Consulta ma una palese violazione del principio solennemente sancito dall’art. 98 della Costituzione, giustamente richiamato dal collega Bonanno nel suo intervento su FB, e che costituisce il fondamento della PA italiana: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”. Cui fa da imprescindibile pendant, come ampiamente spiega anche la citata e storica sentenza della Consulta n. 453/1990, la regola di cui all’ultimo comma dell’art. 97 della stessa Costituzione: “Agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni si accede mediante concorso”.

Si ravvisa, invece, nell’assunto di Cantone l’idea di un legame di forte “fidelizzazione” della classe burocratica alle “istituzioni politiche”. Laddove, come ci spiega costantemente la giurisprudenza dei diversi ordini e gradi, l’unico legame possibile tra le istituzioni e gli uffici pubblici – nel nostro ordinamento – non è quello della fedeltà (che appartiene ai regimi feudali) bensì quello della “leale collaborazione”.

Ritorno, incidentalmente, su un tema che ho affrontato poc’anzi.

Dal punto di vista funzionale si è verificata una vera e propria “rottura” nella scala assiologica del sistema pubblico, nella quale l’affermazione di Cantone pare inserirsi in maniera coerente. Negli enti locali tale “rottura” si manifesta particolarmente (ma non solo) nell’art. 109, comma 1, del TUEL, dove è codificato il principio che le funzioni dirigenziali non sono rivolte prioritariamente al rispetto della legge ed al prioritario perseguimento degli obiettivi fissati dalla legge (come dovrebbe essere in uno stato di diritto). In quella norma, che fissa l’ambito di esercizio delle funzioni dirigenziali, il rispetto della legalità non viene richiamato neppure per ossequio formale e neppure indirettamente. Su tutto primeggiano gli “obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia“. Così come, parimenti, gli stessi incarichi dirigenziali sono revocati – non prioritariamente per violazione delle norme di legge – ma essenzialmente “in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della giunta o dell’assessore di riferimento, o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione“. Solo in via residuale ed in maniera del tutto generica e non significativa si parla, infine, di una ipotesi, volutamente non tipizzata, di “responsabilità particolarmente grave“…. Insomma, secondo la norma gli “obiettivi indicati nel programma del Sindaco” – la cui legittimità e sostenibilità contabile ed amministrativa – non è verificata ed ammessa da nessun organo, diventano automaticamente obiettivi prioritari dell’amministrazione e del dirigente. E’ qui il nocciolo del problema, almeno in uno stato di diritto. Così, attraverso questa norma – per citare il vecchio Marx – gli organi di governo rischiano di trasformarsi in veri “comitati di affari”, che presumono di potersi anteporre anche ai dettati legislativi (magari in nome della diretta investitura popolare che viene assicurata dal sistema elettorale). Chi opera quotidianamente negli enti locali sa che questa è una delle condizioni esistenziali più ricorrenti: l’amministratore che chiede di aggirare o di interpretare la norma in forza di valori che egli crede di trarre direttamente dal popolo di cui si ritiene esclusivo portavoce. Questa pericolosa distorsione rischia di alimentare l’assunto del presidente di ANAC.

Per tornare direttamente all’affermazione di Cantone, una sbandata ci può stare. In questo stato, in cui ogni personaggio pubblico rilascia una o più interviste al giorno, dobbiamo mettere in conto anche le cadute più rovinose, le sviste più clamorose e gli errori più marchiani. Tutti possono sbagliare, anche i titolari delle cariche più importanti. Del resto, da secoli si ripete che “errare humanum est”.

Ma le vittime dell’errore, anche per evitare la diabolica tentazione di “perseverare”, dovrebbero far sentire la loro voce, non solo – in questo caso – a loro tutela ma soprattutto perché quell’errore, propagandosi, rischia di infettare le stesse istituzioni.

Per questo sarebbe opportuno, o forse addirittura necessario, che le rappresentanze sindacali ed i gruppi rappresentativi di chi opera negli enti locali facessero sentire la propria voce con un documento ufficiale che ristabilisca nulla più che la verità, altrimenti inveire contro la Madia non serve a nulla. In questo periodo di avvento la Chiesa cattolica ci ha ricordato che c’è sempre qualcuno che “prepara le vie del Signore” e che poi occorre “raddrizzare i sentieri storti”

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