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Ai segretari trentini il 75% dei diritti di rogito anche se sono dirigenti
di Amedeo Di Filippo – Dirigente comunale

 

Le disposizioni della legge regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol che riconoscono il 75% dei diritti di segreteria a tutti i segretari roganti non sono in contrasto con l’art. 10, comma 2-bis, del citato D.L. n. 90 del 2014, ai sensi del quale negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale è attribuita in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento. Lo afferma la Corte costituzionale con la n. 75 depositata il 7 aprile 2016.

Il ricorso

La Consulta si esprime nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 16L.R. 9 dicembre 2014, n. 11, Trentino-Alto Adige/Südtirol (Disposizioni in materia di enti locali), promosso dal Governo.

L’art. 11, sostituendo il comma 1 dell’art. 58L.R. n. 4 del 1993, dispone che dall’entrata in vigore del D.L. n. 90 del 2014 una quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al Comune è attribuita al segretario rogante in misura pari al 75% e fino ad un massimo di un quinto dello stipendio in godimento.

Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato tale disposizione sarebbe in contrasto con l’art. 10, comma 2-bis, del citato D.L. n. 90 del 2014, ai sensi del quale negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del suddetto provento annuale è attribuita al segretario rogante in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento.

L’art. 11 della legge regionale, disponendo -peraltro con previsione retroattiva- che la quota sia attribuita ai segretari “a prescindere”, includerebbe anche quelli che hanno la qualifica dirigenziale e quelli che prestano la propria attività lavorativa in enti locali dotati di dipendenti con qualifica dirigenziale, tipologie espressamente escluse dalla norma nazionale. Con disparità di trattamento rispetto ai colleghi del resto del Paese e con depauperamento delle risorse dei Comuni trentini.

Non solo. Secondo il Governo la disposizione impugnata, consentendo l’attribuzione dei diritti di rogito anche per semplici contratti standard, di contenuto predeterminato, stipulati a seguito dell’espletamento di gare per lavori, forniture e servizi, incentiverebbe la loro stesura nella forma dell’atto pubblico, con ulteriore aggravio dei costi per le imprese aggiudicatarie sul territorio regionale.

Il Governo ha impugnato anche l’art. 16L.R. n. 11 del 2014, secondo cui che nei Comuni della Provincia di Bolzano la legittimità e la regolarità e quindi l’ammissibilità dei referendum popolari viene valutata da una apposita commissione, i cui componenti sono nominati dal Consiglio dei Comuni individuati mediante sorteggio. Commissione che è competente per tutti i referendum a livello comunale, con costi a carico del rispettivo Comune.

Il motivo del ricorso è che le disposizioni regionali violerebbero la potestà regolamentare dei Comuni in materia di consultazioni popolari comunali, poiché, in base agli statuti, spetta ai Consigli la disciplina del procedimento referendario e dunque anche la nomina della commissione che deve valutare l’ammissibilità del quesito.

Violerebbero inoltre la competenza esclusiva statale in materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” ex art. 117, comma 2, lett. g), Cost., in quanto il legislatore regionale avrebbe inserito tra i membri della Commissione funzionari a carico di organi dello Stato, attribuendo loro nuove specifiche funzioni.

Il giudizio della Corte

La Consulta, con la segnalata Sent. n. 75 depositata il 7 aprile, ha ritenuto le questioni non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11 ed estinto il processo relativamente all’art. 16.

Per quanto concerne la parte più interessante della pronuncia -quella relativa ai diritti di rogito dei segretari comunali- i giudici non rilevano contrasto delle norme regionali con l’art. 117, comma 3, Cost., a motivo del peculiare assetto della finanza locale nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.

Infatti lo statuto speciale affida alle Province:

– l’onere di provvedere al coordinamento della finanza pubblica provinciale nei confronti degli enti locali (art. 79, comma 3);

– la competenza legislativa in materia di “finanza locale” (art. 80);

– l’onere di corrispondere ai Comuni idonei mezzi finanziari (art. 81).

Dal che si evince -si legge nella sentenza- che la Regione autonoma non grava sul bilancio dello Stato per il finanziamento della spesa dei propri Comuni, poiché nel territorio regionale la finanza locale è a carico delle Province. E per questo lo stesso Stato non può adottare norme per il loro coordinamento finanziario, che competono alla Provincia.

Poi la Corte esprime -come raramente accade per la verità- un giudizio che travalica la mera corrispondenza delle norme impugnate alla Costituzione, proponendo una valutazione di buon senso che da sola non riuscirebbe a tenere la costituzionalità delle norme regionali ma che contribuiscono a renderle oggettivamente plausibili.

Dice la Corte che in Trentino l’applicazione della norma regionale sui diritti di rogito risulta estesa anche ai Comuni con segretari dirigenti (12 su 333), riconoscendo però ad essi solo il 75% dei diritti stessi; al contrario, la norma statale si applica ai soli segretari dei Comuni senza dirigenti (321), tuttavia attribuendo loro l’intero importo.

Ergo, l’applicazione dell’art. 10, comma 2-bisD.L. n. 90 del 2014 nell’ordinamento regionale comporterebbe in ogni caso per le finanze comunali un onere maggiore di quello ad esse derivante dall’applicazione della norma regionale impugnata.

“Quest’ultima -conclude la sentenza- non può considerarsi in contrasto con la disposizione statale, ma ne costituisce un appropriato adeguamento all’ordinamento regionale”, con riferimento all’art. 2, D.Lgs. n. 266 del 1992 -le norme di attuazione dello statuto speciale- trovando la sua giustificazione nelle peculiari caratteristiche demografiche dei Comuni della Regione.

Neppure fondata è la censura relativa alla violazione dell’art. 117, comma 2, lett. l), Cost., in relazione alla paventata “invasione della materia”, perché la norma regionale si limita a richiamare, ai fini del riconoscimento dei diritti di segreteria, i medesimi atti previsti dalla legislazione statale senza interferire minimamente con la loro disciplina positiva.

Ne consegue che la disposizione impugnata non determina neppure alcuna incentivazione della redazione nella forma dell’atto pubblico e dunque non comporta la disparità di trattamento, con conseguente non fondatezza della censura relativa alla violazione dell’art. 3 Cost.

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