15/04/2016 – I diritti di rogito attribuiti al segretario comunale secondo la normativa regionale sono legittimi. Le norme regionali, infatti, costituiscono adattamento alle peculiarità locali e non incidono neppure sulle finanze statali

I diritti di rogito attribuiti al segretario comunale secondo la normativa regionale sono legittimi. Le norme regionali, infatti, costituiscono adattamento alle peculiarità locali e non incidono neppure sulle finanze statali

D. Passigli (La Gazzetta degli Enti Locali 14/4/2016)

La Corte costituzionale, con il ricorso governativo n. 23/2015, era stata investita di due questioni relative alla LR 9 dicembre 2014, n. 11: la prima riguardava la questione dei “diritti di rogito” che la normativa regionale attribuiva ai segretari comunali indipendentemente dalla loro qualificazione dirigenziale o meno e la seconda i meccanismi di formazione della commissione per l’esame, ma solo con riferimento ai comuni altoatesini, dei quesiti referendari.

Quest’ultima questione era venuta a cadere dopo che la norma regionale era stata modificata in accoglimento dei rilievi critici del governo.

La disposizione impugnata, infatti, riguardava la costituzione dei “comitati dei saggi” (chiamata “commissione”) chiamata a giudicare sull’ammissibilità dei quesiti referendari nei comuni dell’Alto Adige. L’idea, in sé condivisibile, era di evitare il rischio di possibili “manipolazioni” dei giudizi di ammissibilità e far assumere a tale commissione, unica su tutto il territorio provinciale, un ruolo di garanzia: per questa ragione la sua composizione era squisitamente tecnica e, peraltro, ricalcava l’analoga commissione già presente e funzionante per i quesiti referendari della Provincia. Peranto, non ci sarebbe neppure aspettati un’impugnativa governativa, in quanto ci si era limitati a seguire i solchi di una normativa preesistente, che non aveva dato luogo ad impugnative. Invece, il governo aveva rilevato che questa norma sulla consulta provinciale dei referendum comunali era illegittima in quanto si imponeva la presenza di organi dello stato (magistrati) e si andava a ledere l’autonomia statutaria dei comuni non essendo salvaguardato il fatto che il giudizio doveva essere espressamente formulato con riferimento alle norme di ciascun comune di riferimento.

Considerato che l’impugnativa non toccava la sostanza ma solo le procedure e l’assenza di una precisazione, il legislatore regionale ha posto mano alla norma prevedendo che la designazione del magistrato sia effettuata dopo una specifica intesa con gli organi statali competenti e precisando che il giudizio di ammissibilità dovesse essere fatto sulla base delle norme statutarie del comune di volta in volta interessato. Intanto, comunque, si sospendeva l’efficacia della norma fino alla sua attuazione mediante la stipula del predetto accordo. La questione è stata definitivamente risolta con la rinuncia all’impugnativa su questa questione e con la dichiarazione di estinzione pronunciata dalla Consulta nella sentenza in commento.

Restava, invece, l’altra questione: dopo l’impugnativa, ricordiamolo, la stessa Regione aveva adottato una direttiva ai comuni “suggerendo” di non liquidare i diritti di rogito in attesa della decisione.

La questione derivava dal fatto che, a livello nazionale, i diritti di rogito potevano essere erogati solo se il segretario non aveva qualifica dirigenziale. Invece la norma regionale, considerato che non esiste un’analoga distinzione tra segretari con funzioni dirigenziali e segretari privi di tali funzioni (anzi, l’ordinamento regionale stabilisce compiti e funzioni in modo omogeneo per tutti i segretari comunali sul territorio regionale, stabilendo che essi hanno ruolo e funzione connessi a compiti di direzione del personale comunale in posizione apicale), non aveva ripreso i contenuti della norma statale per questo aspetto. Da qui l’impugnativa governativa basata sul duplice rilievo che le norme regionali non potevano spingersi oltre alle competenze statutarie e disporre un diverso trattamento economico ai segretari comunali rispetto alle norme statali e non potevano neppure contrastare una disposizione intesa a far conseguire risparmi per la finanza pubblica statale.

La consulta disattende, con la decisione in commento, questi rilievi facendo presente che l’adattamento regionale era giustificato dalle peculiarità ordinamentali e, quindi, legittimamente il legislatore locale aveva adattato le regole statale alle esigenze. Inoltre, in relazione all’aspetto finanziario, rilevava che la norma non toccava minimamente la finanza pubblica statale in quanto i diritti in questione hanno un’attinenza esclusivamente sulla finanza locale (non concorrendo lo stato al finanziamento degli enti locali nella Regione TAA): considerazione interessante anche perché sembra segnare una nuova apertura che potrebbe, forse, produrre conseguenze su futuri contesti.

Si riportano, di seguito, la massima ed il testo della sentenza “in diritto”.

CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA 75/2016 del 7/04/2016

Oggetto: Enti locali – Norme della Regione Trentino-Alto Adige – “Diritti di rogito” dei segretari comunali – Retroattiva previsione che, dall’entrata in vigore del decreto legge 24/06/2014 n. 90, una quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettanti al Comune è attribuita al segretario comunale rogante in misura pari al settantacinque per cento e fino ad un massimo di un quinto dello stipendio in godimento; Valutazione dell’ammissibilità dei referendum popolari nei Comuni della Provincia di Bolzano – Attribuzione della relativa competenza a una Commissione composta (secondo quanto previsto dall’art. 8, comma 1, della legge provinciale n. 11 del 2005) da un magistrato del Tribunale di Bolzano, un magistrato della sezione di controllo della Corte dei conti avente sede a Bolzano e un magistrato della Sezione autonoma della Provincia di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa

DIRITTO

1.– Con ricorso notificato il 4-9 febbraio 2015 e depositato il successivo 12 febbraio (reg. ric. n. 23 del 2015), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 16 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 dicembre 2014, n. 11 (Disposizioni in materia di enti locali – testo vigente – testo storico), per violazione degli artt. 4, 5 e 6 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere g) ed l), e 117, terzo comma, della Costituzione.

Le disposizioni impugnate concernono, rispettivamente, la disciplina dei diritti di rogito dei segretari comunali e la valutazione dell’ammissibilità dei referendum popolari nei Comuni della Provincia autonoma di Bolzano

2.– Nelle more del giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato in cancelleria l’8 settembre 2015, ha dichiarato di rinunciare al ricorso, nella parte relativa all’impugnazione dell’art. 16 della legge regionale n. 11 del 2014. La rinuncia parziale è stata formalmente accettata dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, con atto depositato in cancelleria il 7 ottobre 2015.

Pertanto, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative, va dichiarata l’estinzione del processo relativamente alle questioni riferite all’anzidetta disposizione.

3.– Residuano le questioni di legittimità costituzionale promosse in riferimento all’art. 11 della legge regionale n. 11 del 2014.

4.– Tale disposizione, a partire dall’entrata in vigore del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, attribuisce al segretario comunale rogante una quota pari al 75 per cento – e comunque non superiore ad un quinto dello stipendio in godimento – del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al Comune per una serie di atti previsti dalla legge.

4.1.– In tal modo, secondo il ricorrente, la Regione avrebbe esteso il diritto di rogito a tutti i segretari comunali, anche a quelli con qualifica dirigenziale, eccedendo dalla propria competenza in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» e contrastando con il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 10, comma 2-bis, del richiamato d.l. n. 90 del 2014. 

4.2.– La disposizione censurata, inoltre, avrebbe incentivato la forma pubblica anche per la stipula di contratti standard di lavori, forniture e servizi, così incidendo sulla disciplina degli atti successivi all’aggiudicazione, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

4.3.– Essa, infine, avrebbe determinato un aggravio dei costi per le imprese aggiudicatarie sul territorio regionale, rispetto a quelle aggiudicatarie sul resto del territorio nazionale, in violazione dell’art. 3 Cost.

5.– Preliminarmente, deve essere valutata l’eccezione di inammissibilità della censura statale, secondo la quale la norma impugnata avrebbe ecceduto dalla propria competenza primaria in materia di «ordinamento degli enti locali», prevista dall’art. 4, numero 3, dello statuto speciale. 

Secondo la Regione, infatti, tale censura sarebbe generica, in quanto il ricorrente non avrebbe affatto precisato quale limite della potestà primaria sarebbe stato violato; né avrebbe tenuto presente che l’art. 65 dello statuto prevede la competenza della Regione in materia di «ordinamento del personale dei comuni».

5.1.– L’eccezione non può essere accolta. 

Per come formulata nel ricorso, infatti, la censura di eccesso di competenza non è dotata di valenza autonoma, ma è ricollegata alla violazione dell’art. 10, comma 2-bis, del d.l. n. 90 del 2014. L’eccesso di competenza cioè si risolve, in sostanza, nell’asserito contrasto della disposizione impugnata con la norma statale evocata a parametro interposto.

Pertanto, i termini della questione di legittimità costituzionale sono ben identificati, essendo individuate, tra l’altro, «le ragioni dei dubbi di legittimità costituzionale» (ex multis, sentenze n. 273, n. 218, n. 176 e n. 131 del 2015).

6.– Nel merito, le questioni non sono fondate in riferimento ad alcuno dei parametri evocati.

6.1.– Quanto alla ritenuta violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., la non fondatezza di tale censura discende dal peculiare assetto della finanza locale nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.

Ai sensi dell’art. 79, comma 3, dello statuto speciale, infatti, «Fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione», le Province «provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli enti locali […]». L’art. 80, poi, riserva alla Provincia la competenza legislativa in materia di «finanza locale», mentre l’art. 81 prevede che sia la stessa Provincia a corrispondere «ai comuni […] idonei mezzi finanziari».

L’art. 17, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), inoltre, stabilisce che «Le attribuzioni dell’amministrazione dello Stato in materia di finanza locale esercitate direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato, nonché quelle già spettanti alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol nella stessa materia, sono esercitate per il rispettivo territorio dalle province di Trento e Bolzano. La materia della finanza locale non comprende la materia dei tributi locali».

La Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, pertanto, non grava sul bilancio dello Stato per il finanziamento della spesa dei propri Comuni, poiché nel territorio regionale la finanza locale è a carico delle Province.

In riferimento alla materia del finanziamento del sistema sanitario in una Regione a statuto speciale, questa Corte ha osservato come «Nel caso in esame non vale richiamare la potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.: questa Corte ha infatti precisato che “lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, e neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario (sentenza n. 341 del 2009, sentenza n. 133 del 2010; nello stesso senso, successivamente, sentenze n. 115 e n. 187 del 2012). Come evidenziato, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste non grava, per il finanziamento della spesa sanitaria nell’ambito del proprio territorio, sul bilancio dello Stato e quindi quest’ultimo non è legittimato ad imporle il descritto concorso» (sentenza n. 125 del 2015).

Alla luce di questa giurisprudenza, pertanto, lo Stato, non concorrendo al finanziamento dei Comuni che insistono sul territorio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, non può neppure adottare norme per il loro coordinamento finanziario, che infatti compete alla Provincia, ai sensi del richiamato art. 79, comma 3, dello statuto.

Di qui, la non fondatezza della censura relativa alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Può aggiungersi che in Trentino-Alto Adige l’applicazione della norma regionale sarebbe bensì estesa anche ai Comuni con segretari dirigenti (12 su 333), ma riconoscerebbe ad essi solo il 75 per cento del diritto di rogito; al contrario, la norma statale si applicherebbe solo ai segretari dei Comuni senza dirigenti (321), tuttavia attribuendo loro l’intero importo del diritto di rogito.

Ne deriva che l’applicazione dell’art. 10, comma 2-bis, nell’ordinamento regionale comporterebbe in ogni caso per le finanze comunali un onere maggiore di quello ad esse derivante dall’applicazione della norma regionale impugnata. Quest’ultima, dunque, non può considerarsi in contrasto con la disposizione statale, ma ne costituisce un appropriato adeguamento all’ordinamento regionale, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), trovando la sua giustificazione nelle peculiari caratteristiche demografiche dei Comuni della Regione.

6.2.– Del pari non fondata è la censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché la norma regionale si limita a richiamare, ai fini del riconoscimento dei diritti di segreteria, i medesimi atti previsti dalla legislazione statale, senza interferire minimamente con la loro disciplina positiva. Non è ravvisabile, pertanto, alcuna invasione della materia.

6.3.– Ne consegue che la disposizione impugnata non determina neppure alcuna incentivazione della redazione nella forma dell’atto pubblico e dunque non comporta la disparità di trattamento lamentata dal ricorrente, con conseguente non fondatezza della censura relativa alla violazione dell’art. 3 Cost.

per questi motivi 

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 dicembre 2014, n. 11 (Disposizioni in materia di enti locali), promosse, in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettera g) ed l) e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 11 del 2014, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.

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